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Death Stranding: la Carezza della Morte - Speciale

A pochi mesi dall’uscita, riprendiamo Death Stranding e la sua America devastata, per quello che è nei fatti il più grande inno alla vita di Hideo Kojima.

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a cura di Adriano Di Medio

Redattore

Informazioni sul prodotto

Immagine di Death Stranding
Death Stranding
  • Sviluppatore: Kojima Productions
  • Produttore: Sony Interactive Entertainment
  • Distributore: Sony Interactive Entertainment, 505 Games (PC)
  • Piattaforme: PC , PS4 , PS5
  • Generi: Azione , Avventura
  • Data di uscita: 8 novembre 2019 (PS4) - 14 luglio 2020 (PC) - 24 settembre 2021 (Director's Cut)

Attenzione: l’articolo contiene pesanti spoiler sulla trama di Death Stranding.

Bizzarro, divisivo, paterno, prolisso, complesso ma semplice, solitario ma che cerca il contatto. Ci sono molti modi per definire Death Stranding, e la sua qualità più grande sta appunto nel fatto che probabilmente sarebbero tutti giusti. In questo speciale vogliamo riflettere sul contesto, sui temi e sui messaggi dell’ultimo pargolo di Hideo Kojima. Vi avvisiamo che vi saranno spoiler sulla trama principale, quindi non andate oltre se non avete già avuto modo di concludere l’avventura di Sam.

Sam Porter Bridges e il suo eterno lunedì

In Death Stranding il mondo non è a pezzi. Se così fosse, si potrebbe quantomeno camminare sui suoi cocci. Nel Nord America di Kojima anche i cocci sono ormai polvere, e la razza umana percorre distanze enormi di una terra fredda e inospitale che ricorda le distese brulle di roccia ed erba dell’Islanda e della Groenlandia. Un mondo dove l’isolamento è diventato l’unica speranza di sopravvivenza, dove le città sono tornate ad essere isole di umanità in mezzo a una natura ribelle, a cui gli umani hanno insegnato a essere traditrice tanto quanto il mare. Il viaggio quindi è un’incognita: si sa quando si parte ma non quando si arriva, e gli unici che accettano di rischiare sono i corrieri, fili umani stropicciati che attraverso i pacchi permettono di comunicare. Lo fanno affrontando tanto il pericolo del Death Stranding quanto la sua derivata cronopioggia, le terribili precipitazioni che invecchiano e deteriorano tutto ciò su cui cadono.

Molto è stato detto sul come e perché Hideo Kojima abbia scelto proprio qualcosa di così “estremo” come farci impersonare un corriere. Siamo davanti a un “inganno a fin di bene”, suo artificio ricorrente per esprimere il buio e il profondo senso di solitudine contemplativa in cui ci immergiamo impersonando Sam Porter Bridges. Kojima e i suoi collaboratori mettono il loro pubblico nei panni non di un “grande eroe”, di un “manager”, di un “salvatore”: ma solo di un puro e semplice “operaio”.

Death Stranding più che un videogioco d’autore è un’esperienza. Un’opera che è troppo avanti per l’epoca in cui è uscita, e per cui serviranno anni (se non decenni) prima che sia compresa del tutto. E forse è anche giusto così, perché uno dei segni della grandezza di un’opera sta nel non lasciare il tempo che trova, e che vi si possa dare ogni volta un significato diverso al risveglio di Louise. Non possiamo sapere come Sam deciderà di crescere sua figlia e neanche se le cose andranno davvero bene, anche al netto di un mondo ormai non più ostile. Ma nei vagiti di quella bambina virtuale c’è la conferma definitiva di come, nonostante sembri parlare di tutt’altro, Death Stranding sia prima di tutto un grande inno alla vita in ogni sua forma. È un inno alla sua testardaggine, alla sua creatività, alla sua spietatezza, alla sua volontà di essere. E non importa se un giorno finirà: la vita lotta per se stessa, e questo tanto basta perché ne valga la pena, sia per il singolo che per tutta una specie.

Voto Recensione di Death Stranding - Recensione


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Commento

Death Stranding più che un videogioco d’autore è un’esperienza. Un’opera che è troppo avanti per l’epoca in cui è uscita, e per cui serviranno anni (se non decenni) prima che sia compresa del tutto. E forse è anche giusto così, perché uno dei segni della grandezza di un’opera sta nel non lasciare il tempo che trova, e che vi si possa dare ogni volta un significato diverso al risveglio di Louise. Non possiamo sapere come Sam deciderà di crescere sua figlia e neanche se le cose andranno davvero bene, anche al netto di un mondo ormai non più ostile. Ma nei vagiti di quella bambina virtuale c’è la conferma definitiva di come, nonostante sembri parlare di tutt’altro, Death Stranding sia prima di tutto un grande inno alla vita in ogni sua forma. È un inno alla sua testardaggine, alla sua creatività, alla sua spietatezza, alla sua volontà di essere. E non importa se un giorno finirà: la vita lotta per se stessa, e questo tanto basta perché ne valga la pena, sia per il singolo che per tutta una specie.
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