Days Gone | Recensione PC - Un nuovo mondo per l'esclusiva PlayStation
Una seconda opportunità per Deacon St. John e Bend Studio?
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a cura di Paolo Sirio
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Bend Studio
- Distributore: Sony
- Piattaforme: PC , PS4 , PS5
- Generi: Azione , Survival Horror
- Data di uscita: 26 aprile 2019
Days Gone su PC è una storia dalle due facce. La prima è quella di una seconda chance: il lancio su PS4 è stato probabilmente l'unico imperfetto da un punto di vista tecnico tra le grandi esclusive PlayStation, e l'occasione di un arrivo su una piattaforma teoricamente assai più performante è ghiotta perché consente di disporre fin dall'inizio di una base della quale tutto si può dire, fuorché non fornisca hardware a sufficienza per esprimere visioni.
L'altra è quella di un nuovo titolo di PlayStation Studios che arriva su una piattaforma che, sorpresa, non è una PlayStation. Né una PS4, né una PS5: un PC. E, finché Sony non avrà preso una posizione netta su come tratterà questo (per lei) mercato inesplorato, questo continuerà a costituire un motivo di sorpresa e attenta analisi, più che per cogliere le differenze prestazionali, per capire come ci si senta a giocare una produzione della casa giapponese su un hardware che non le appartiene.
Esattamente al pari di quando è uscito su PS4, il titolo di Bend Studio va a raccogliere un'eredità complessa – quella di Horizon Zero Dawn e, guardando ad un'esclusiva console PlayStation ma non proveniente dagli studios, di Death Stranding -, difficile da reggere quando si parla di storie e personaggi, ma non impossibile da fronteggiare a proposito di mere prestazioni e tecnica.
Nella nostra recensione di Days Gone per PC, andiamo a scrutare entrambi gli aspetti per rinfrescarci la memoria sulle sue qualità, decifrare come sia invecchiato due anni dopo, e analizzare come ammortizzi l'urto nel confronto con una nuova famiglia di dispositivi su cui il platform owner stesso sta cercando di trovare un equilibrio.
Giorni andati
Il Days Gone provato su PlayStation 4 ha evidenziato, nell'ormai lontano 2019, alcuni pregi e alcuni difetti abbastanza marcati – in maniera curiosamente più pronunciata rispetto a quello che abbiamo visto arrivare dalle altre tripla-A firmate Sony, inclusi God of War e The Last of Us Part II. Il grado di unicità di quei titoli non è neanche avvicinato, eppure non mancano barlumi di brillantezza e spunti interessanti che, probabilmente, sarebbero valsi un nuovo tentativo a Bend Studio.
Sotto il profilo narrativo, i personaggi e i rapporti che stringono, la loro evoluzione, sono sicuramente una freccia all'arco del progetto: con il pretesto di un'apocalisse, la software house dell'Oregon ha scelto di raccontare – tra bocconi amari da mandare giù e momenti di esaltazione - la storia intimistica di un uomo, del suo amore e della sua amicizia, con quest'ultima che è qualcosa al limite tra la fratellanza e l'appartenenza sopra ogni cosa, tipica delle crew motociclistiche e della quale leggerete molto se avrete assaporato serie come Sons of Anarchy.
L'ambientazione è spesso soverchiante a confronto con quello che il gioco vuole raccontare, e questo è un po' il limite codificato dagli open world. La scelta del setting è quantomai peculiare, lo stesso Oregon da cui proviene Bend Studio, con le sue foreste, il clima rigido se non bipolare e le strade polverose: non la solita metropoli pescata a caso tra le grandi città del Nord America, insomma, e questo è indubbiamente un punto a favore.
Questo mondo, poi, non è uno di quelli che ti stendono il tappeto rosso e ti dicono accomodanti “guarda qui, quante cose puoi fare”. Days Gone ha tante cose da fare, beninteso, ma è tutt'altro che accogliente: è pronto a pugnalarti alle spalle dietro ogni angolo, che sia per mano della fauna locale (lupi, in primis), degli esseri umani inferociti dalla battaglia persa con un virus, o dei Furiosi che imparerete presto e a vostre spese a non sottovalutare mai.
L'esplorazione dura e atipica, in cui il viaggio rapido è una ricompensa da conquistare, spinge a stare continuamente on the road e respirare la vita da motociclista, e tutta la componente “survival” connessa proprio alla cura della moto, dai rifornimenti alle riparazioni, costituisce un loop mai impossibile da completare ma cui è gradevole dover prestare attenzione.
L'interfaccia, sia in-game che nel menu principale (dove ha perso il touchpad ma resta deliziosa), è non solo un affascinante tocco estetico ma è pure estremamente funzionale e consente di tenere sempre acceso questo ciclo senza la necessità di uscirne di continuo per raccogliere ulteriori informazioni o che questi particolari siano invasivi. Ad esempio, se con il binocolo segnerete i nemici avvistati col binocolo (feature che adoriamo nei prodotti che offrano una varietà di approcci all'azione), la loro barra della vita sarà costituita dallo stesso rombo che avrete apposto manualmente sulle loro teste.
Nonostante queste premesse, l'action adventure di Bend Studio non spicca per profondità dello storytelling e pecca nei tempi drammatici, e la personalità latita quando si tratta di definire le meccaniche alla base del suo gameplay che non riesce nell'impresa di creare l'ibrido perfetto tra story-driven e open world cadendo non di rado nelle banalità del secondo filone.
Se il racconto cinematografico è inaspettatamente grezzo e soffre di stagliuzzamenti, sia nella vicenda che dal lato scenico, il design delle missioni è non di rado carente o persino monco, e prevede solo spostamenti da un punto all'altro della mappa o stealth – in cui il protagonista Deacon non riuscirà a fare a meno di urlare, ma non fateci caso: nel gioco non lo nota nessuno - dalle dinamiche elementari.
Nonostante l'idea piacevole delle Storie da portare avanti per tutto il gioco e una buona intuizione semi-opzionale per approfondire il passato di St. John, poi, le legature tra le quest sono spesso approssimative se non addirittura assenti tra di loro. Altre buone intuizioni in un senso quasi RPG, come la scelta di spedire sopravvissuti ad un campo anziché ad un altro per guadagnarsi fiducia, sono appena accennate e finiscono presto nel cestone delle meccaniche dallo scarso peso specifico - di quelle implementate in un progetto che voleva essere qualcosa in più del tradizionale tripla-A lineare ma si è visto palpabilmente ridimensionato in corsa.
Com'è la versione PC?
Diversamente da Death Stranding e Horizon Zero Dawn, Days Gone con il suo arrivo su PC ha uno svantaggio di non poco conto: l'effetto sorpresa è stato attenuato dall'upgrade su PS5, dove il gioco ha già ottenuto una stabilizzazione delle performance deludenti del lancio e ha persino un frame rate di 60 fotogrammi al secondo che, nella scorsa generazione, era parso una chimera.
Approcciandovi a questa nuova versione, dunque, è probabile che non gridiate al miracolo ma i miglioramenti, sia di fino che più accentuati, ci sono e non sono neppure di poco conto. Nel tentativo di superare i traguardi già raggiunti su PlayStation 5, quando l'asticella sale ulteriormente, quei risultati vengono bissati ma anche “sporcati” da alcune imprecisioni che riportano alla mente proprio la release originale del 2019 – seppur, stavolta, come un'eco lontana.
Sotto il profilo delle impostazioni selezionabili, Death Stranding e Horizon costituiscono un metro di paragone utile: la scalabilità è di buon livello e permette di avere una qualità dell'immagine relativamente piacevole persino a 720p su dettagli minimi, ma la cosa non ci sorprende se consideriamo la piattaforma di provenienza del titolo; tuttavia non siamo ai livelli quasi da demake che sorprendentemente Guerrilla Games e la sua partner Virtuos Games avevano conseguito sull'avventura di Aloy.
Il set di opzioni attivabili e disattivabili non è esiguo nel numero ma non è particolarmente profondo: manca ad esempio di una risoluzione adattiva, di un toggle alquanto banale come quello dell'antialiasing e di un preset sul livello delle console che avevamo apprezzato in Horizon Zero Dawn.
Di Death Stranding, invece, manca il DLSS 2.0 che avrebbe potuto garantire ai possessori di una GPU RTX di scaricare parecchio del carico computazionale sulla rete neurale di Nvidia, e in senso assoluto si conferma “l'impossibilità” di introdurre il ray tracing su giochi che in partenza non ne disponevano. Sebbene ci siano degli indicatori interni per mostrare in percentuale il carico sulla scheda grafica, diversamente dalle due summenzionate esclusive PlayStation, non è disponibile una rappresentazione della memoria effettiva occupata con l'aggiunta di ciascun effetto.
A confronto con Death Stranding, però, è stato implementato uno slider per il FOV (impostato a 70 punti di base, da un minimo di 50 a un massimo di 100), mentre differentemente da Horizon le cutscene in 21:9 occupano tutto lo schermo e non lasciano quelle fastidiose barre nere ai lati, così da garantire una maggiore immersione nel racconto.
Per quanto riguarda i freddi numeri, abbiamo provato Days Gone in due ambienti diversi con la stessa macchina – un PC con processore i9 11900K, RTX 3080, 32GB di RAM, un SSD da 1TB NVMe M.2 -, ovvero in 4K e in ultrawide alla risoluzione 2560x1080: i risultati hanno delineato rese anche alquanto differenti e sono stati piuttosto interessanti da valutare.
Partiamo col dire che, su settaggi Ultra, in entrambi i casi lievi problemi di frame pacing e micro-stuttering si notano durante l'esplorazione, probabilmente per le stesse difficoltà nello streaming del mondo registrate su console, e che questi aumentano la loro frequenza mano a mano che si sale con il frame rate imposto quale obiettivo.
Non siamo dalle parti (molto complicate) del day one di Days Gone su PS4 e neppure di quello dell'uscita di Horizon su PC, ma è probabile che noterete anche voi questa fattispecie e non è detto che la cosa sia passabile – visto il precedente con Aloy - come nel nostro caso, in cui abbiamo continuato ad avere un'esperienza sempre godibile senza grossi cali di performance.
Dalle verifiche che abbiamo condotto, possiamo confermare che ai livelli più spinti della resa grafica il gioco ha un impatto di non poco conto sulla gestione delle risorse della GPU, al punto che in 4K e con frame rate sbloccato (al pari di altre scene neanche troppo affollate) abbiamo visto l'uso di quella 3080 schizzare fino al 99%.
In 4K, senza sincronia verticale e con il frame rate sbloccato, abbiamo portato a casa circa 81-100fps girando a piedi e 77-90fps in moto, prendendo ad esempio un'area boschiva; altre circostanze più circoscritte come una fase stealth in cui seguire la NERO, al chiaro di luna, si sono assestate tra gli 85-90fps. Con vsync attivato, invece, i 60fps sono pressoché sempre un dogma, anche in situazioni in cui sul pannello ultrawide abbiamo visto cali di performance (pur da frame rate assai più elevati) come nei campi di Copeland e Tucker.
Da un punto di vista estetico, in 4K la resa ha una buona base di partenza fissata da PS5 ma, prevedibilmente, va oltre. Alcuni effetti come i giochi di luce sotto i lampioni o la luna palesano dei ritocchi di un certo spessore, anche se, per citare un particolare che vi sarà messo davanti agli occhi, le luci emesse dalle torce degli agenti della NERO sono ancora in bassa risoluzione.
Girando per i boschi, però, noterete che la foschia ha una maggiore densità e il modo in cui la luce bagna la vegetazione – donandole un'ombra e un aspetto più pieno a prescindere dai numeri dei filamenti d'erba - “buca lo schermo”: questi due effetti più di ogni altra cosa, anche più dei modelli poligonali arricchiti di dettagli dei protagonisti, vi faranno pensare ad un salto generazionale.
A 2560x1080 abbiamo potuto godere del frame rate davvero elevato promesso in fase promozionale: con la nostra configurazione abbiamo assistito ad un intervallo compreso tra i 156fps e i 220fps nelle fasi esplorative, prima di fissare a 150fps il cap in virtù di un pannello che supporta fino a 144hz ed evitare così sprechi di risorse (e potenziali fluttuazioni nelle performance). Se con questo cap le ampie variazioni sono cessate, vanno citati casi come i resti dei centri cittadini o i campi e in particolare quello di Cope in cui abbiamo registrato cali fino ai 90 punti.
A questa risoluzione, Days Gone vede un degradamento della definizione della vegetazione già sul corto e medio raggio, agli antipodi con l'esperienza 4K e forse un po' troppo punitivo se consideriamo il settaggio Ultra; allo stesso modo ci è capitato, pur raramente, che l'asfalto e la luce che lo bagna nelle gallerie si formassero davanti ai nostri occhi per via del frame rate elevatissimo.
Ovviamente, l'aggiunta del supporto all'ultrawide è come su tutti gli open world una manna dal cielo: con un campo visivo così ampio - il FOV di base è impostato a 70 ma vi consigliamo di aprirlo fino a 100 punti, poiché l'inquadratura è abbastanza schiacciata su Deacon e a quel parametro, pur aprendo poco, non ci sono grosse deformazioni della visuale – è possibile godersi tutto il mondo intorno a sé e pianificare con precisione certosina le proprie mosse stealth.
Stessa cosa dicasi per il frame rate: al di là degli zero virgola, una volta provati i 144hz è difficile scendere di uno scalino pur alto come i 60fps, e le oscillazioni di cui abbiamo discusso finora, per quanto si possano avvertire in taluni sporadici momenti, sono più teoriche che altro, visto che parliamo di numeri tanto alti e frangenti così brevi che la fluidità dell'azione ne risente abbastanza poco.
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Voto Recensione di Days Gone - Recensione
Voto Finale
Il Verdetto di SpazioGames
Pro
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Personaggi e rapporti
-
Ambientazione
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Sfrutta le potenzialità della nuova piattaforma...
Contro
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Resta derivativo e stagliuzzato
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… ereditando qualche vecchio problema