Giorno dopo giorno non perdiamo occasione per continuare il Calendario dell’Avvento che ci porterà dritti al Natale, tra i ricordi di un anno, il 2018, che ci ha regalato molto. Ci sono stati tanti titoli, ancora un livello medio molto elevato che abbiamo confermato ieri con i The Game Awards, ma anche tanti appuntamenti che sembrano sull’orlo del cambiamento. Se vogliamo trovare quello più sintomatico di tutti, dobbiamo sicuramente pensare all’E3.
La fiera losangelina per gli addetti ai lavori, nonostante da due anni sia stata aperta in maniera limitata anche al pubblico, ha visto l’inizio del dissolvimento del suo alone di autorità proprio in questo 2018, dopo aver raggiunto il culmine del successo negli anni passati, diventando sinonimo di grandi annunci e programmazione dell’intero anno a venire. La trasformazione radicale della comunicazione dei videogiochi ai videogiocatori ci ha portato infatti in una situazione davvero molto particolare.
Per le software house è sempre più difficile riuscire a concentrare presentazioni e trailer dei prodotti in un unico periodo, e qualora ce ne fosse la possibilità, si finirebbe con l’attenzione mediatica catturata dai quei 3-4 bestseller che come i buchi neri fanno scomparire la luce attorno a sé. Il pubblico, poi, dotato di un’attenzione volatile ha bisogno di continui stimoli per rimanere interessato alle sorti di un titolo piuttosto che dell’altro. Da queste premesse deriva che una vetrina come l’E3 rischia di diventare una macchina di incertezze, un incredibile carrozzone di speranze, per chi lo fa e per chi vi partecipa, che spesso e volentieri rischiano di essere deluse. Ogni anno i commenti alle conferenze tipo “bello, ma volevo qualcosa di più” o semplicemente “bisognava far vedere di più” sono all’ordine del giorno.
Tutto senza considerare i costi di allestimento e di pubblicizzazione, che in una fiera di questo calibro sono ragguardevoli e rischiano di dissolvere budget e finanze nel nulla più assoluto. Tutto questo con la consapevolezza che l’attenzione di tutti i riflettori è concentrata nello stesso momento nello stesso posto, e se da una parte si può perdere, dall’altra si può anche vincere. O tutto o niente, con pochissime eccezioni che si ergono oramai nel mezzo di questi estremi. Anche perché i dati di mercato ci dicono chiaramente che ci sono titoli che vanno molto bene, e dominano le classifiche, e gli altri che lottano per spartirsi le briciole delle nicchie di mercato che rimangono.
Ripensiamo dunque al 2018. La fiera di quest’anno personalmente non ha entusiasmato. Troppa attenzione al concreto e troppo poca al fantasticare dei teaser, al videogiocatore sognante, a cui Sony aveva saputo parlare benissimo nei precedenti E3, pur senza aver ancora mostrato la sorte di molti titoli visti su quei palchi. Le necessità di marketing infatti, giustificano, ma non emozionano. Come il cinema, anche il mondo dei videogiochi ha bisogno dei suoi festival, del red carpet e delle luci dei riflettori e il sognare ad occhi aperti è la prerogativa che trasforma un tappeto rosso nel grande evento: quel grande evento che la gente si aspetterebbe dall’E3.
Così ci troviamo da una parte Microsoft che con l’intensità crescente della sua proposta partiva con il presupposto di sfruttare il volano dell’E3 per dare rilevanza al proprio lavoro, e dall’altra che Sony ha deciso di non voler giocare la propria partita, non a E3 2019 perlomeno. Una scelta tutto sommato comprensibile, nella speranza che il modus operandi della comunicazione di Sony possa evolversi in una direzione che rievochi le atmosfere del grande evento: quelle che ti portano davanti al computer di notte in attesa che possa succedere qualcosa di entusiasmante. Si potrebbe pensare che il motivo possa essere il fatto che non puoi perdere una partita che non giochi, ma Sony è ben consapevole che le sue IP possono competere ad armi con pari con due “colossi della comunicazione videoludica”, ovvero Rockstar emulata a ruota da CD Project, e non vorrà certo sprecaresi in una semplice mancata partecipazione all’E3.
Il risultato è che ora E3 2018 sembra l’ultimo di una generazione che deve evolvere per stare al passo con i tempi o, perlomeno, ridimensionarsi per dare spazio ad altre forme di “Grand Event” di subentrare nella vita dei giocatori. Ciò che è certo è che dal prossimo anno le carte in tavola cambieranno, e da buoni giocatori speriamo in maniera positivamente inaspettata.