Nuovo e ultimo appuntamento per il Calendario dell’Avvento di SpazioGames.it, la rubrica che ripercorre tutte le cose più importanti successe, uscite, e di cui si è parlato nel corso dell’anno videoludico che sta volgendo al termine. Anche quest’anno, come sempre, non poteva mancare lo scontro tra la politica ed i videogiochi. Perché se, ad ottobre, l’ex-Ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda si è espresso con parole poco lungimiranti verso l’industria videoludica, mesi prima addirittura Donald Trump si è accorto dell’esistenza dei videogiochi. Purtroppo.
Il 3 agosto scorso (ad un mese dalla sparatoria di Parkland in Florida, e qualche settimana prima dell’evento di Jacksonville sempre in Florida) Donald Trump ha trascorso un’ora parlando con molti esponenti delle fazioni avverse riguardo il tema dei videogiochi violenti, dall’ESA alle varie associazioni di categorie avverse al medium videoludico, senza giungere ad una conclusione reale.
Trump ha dichiarato, durante l’evento: “Mi dicono sempre più persone che il livello di violenza nei videogiochi sta plasmando realmente il pensiero dei giovani”. Una nuova dimostrazione, sempre che ce ne fosse bisogno, di quanto una certa parte della classe politica (in questo caso a dir poco fondamentale per gli equilibri del mondo occidentale, e non solo) sia lontana e completamente disinteressata ad avvicinarsi e comprendere un mercato che, invece, sta diventando sempre più preponderante nelle vite di molti.
Ciò che ha fatto discutere molto, durante l’incontro, è stata la presentazione di un filmato di 88 secondi, un montaggio di scene violente prese da Wolfenstein, Fallout 4, Call of Duty, tra cui la famosa missione No Russian, tra le più controverse di sempre in termini di messa in scena in un videogioco (che, come saprete, in realtà è contestualizzata in tutt’altro modo nella narrazione del titolo). Ma oltre a questo famigerato filmato, che è stato addirittura caricato sul canale YouTube della Casa Bianca, sono stati molti altri i filmati mostrati a Donald Trump il quale, stando al racconto dei presenti, non fece altro che puntare il dito contro le scene violente, senza voler realmente un dialogo con le parti in causa. Da allora, non c’è stato chiaramente nessun provvedimento al riguardo. Perché, come vi raccontavamo anche in occasione della sparatoria successiva all’incontro di Donald Trump, non c’è nessun reale collegamento con i videogiochi e non è lì che bisogna intervenire.
Sebbene non sia stata ovviamente la prima volta che la politica ha cercato uno scontro, o un dialogo, con l’industria dei videogiochi, è la prima volta che sia stata una figura così importante come il Presidente degli Stati Uniti a farlo. Ce lo ricorderemo senz’altro, mentre in Italia non facciamo altro che combattere con i Carlo Calenda di turno, gli opinionisti della domenica, e le mamme preoccupate del lunedì.