Battlefield vs Call of Duty | Esiste ancora la rivalità?
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a cura di Marino Puntorieri
Redattore
Se penso alle competizioni storiche presenti negli anni tra i brand più famosi del mondo videoludico, mettendo un attimo da parte la contesa calcistica di FIFA e PES, non riesco a non pensare immediatamente al binomio Call of Duty-Battlefield. I due colossi, rispettivamente nelle mani di Activision ed EA, hanno nell’ultimo decennio creato una fortissima spaccatura nell’universo degli amanti del genere FPS, muovendo le vendite a colpi di titoli susseguiti da campagne marketing degne dei più incalliti esperti del settore. I roboanti periodi dove si alternano i vincitori, sia secondo i critici sia secondo la community stessa, senza escludere colpi di scena hanno nel tempo creato la percezione di una vera e propria rivalità e con schieramenti ben delineati; tale percezione sta continuando tutt’ora o siamo di fronte ad una brusca frenata? Negli anni recenti forse più la seconda, ma è giusto andare con ordine.
C’era una volta la Task Force 141
Era il lontano 2007 quando mi stavo preparando a fare la conoscenza di Soap e del capitano Price con l’intento di salvare il mondo dall’ennesimo terrorista di fama internazionale in Call of Duty 4: Modern Warfare. Certo ero solo un giovane ragazzino, ma non avrei mai pensato che da li a poco avrei passato un numero spropositato di ore in compagnia del team delle forze speciali “Task Force 141”, in giro per il mondo in un’avventura proseguita poi anche in Modern Warfare 2 (2009) e Modern Warfare 3 (2011). A ben pensarci a posteriori, la trilogia è sempre stata considerata, come un blocco unico, tra i principali elementi essenziali a valorizzare la qualità del brand di Activision per la maggior parte dei videogiocatori.
Oltre all’incredibile, e memorabile tutt’ora, campagna single player dipanata nel trittico, l’ottimo pacchetto proposto per i vari comparti multiplayer della saga riusciva sempre a cavalcare l’onda dell’entusiasmo; sinonimo di una forte domanda sempre più soddisfatta dall’offerta proposta dai vari sviluppatori in quel periodo. Come se ciò non bastasse l’alternanza con gli episodi ambientati nel Pacifico della Seconda Guerra Mondiale (World at War, 2008) e nella Guerra Fredda (il primo Black Ops, 2010) ben delineava l’idea di saper schierare un ventaglio variegato di titoli a seconda delle richieste più o meno forti della community, senza abbandonare la frenesia e la velocità delle sessioni online che tanto hanno contraddistinto il marchio dalla concorrenza.
Nello stesso periodo, EA rilasciava videogames come Battlefield: Bad Company (2008), Battlefield: 1943 (2009) e Battlefield: Bad Company 2 (2010); quest’ultimo soprattutto era un progetto validissimo, grazie all’introduzione di una distruttibilità ambientale di tutto rispetto anche per quanto concerne il comparto multiplayer, capace di valorizzare ulteriormente il titolo. Ciò nonostante, il binomio Modern Warfare 2 e Black Ops ha rappresentato nello stesso periodo l’epoca d’oro degli sparatutto online, elevando per moltissimi appassionati Activision in cima alle preferenze ed inasprendo la rivalità.
Grande è meglio
Alla fine del 2011, però, qualcosa si era incrinato e la percezione della community sull’egemonia di Call of Duty stava da li a poco per vacillare a favore di un colosso come Battlefield 3; la rivalità sempre più accanita tra i fan, e relativi feedback, aveva spinto gli sviluppatori a dare il massimo e puntare tutto su questo progetto. Qualitativamente si è trattato di un lavoro incredibile soprattutto su pc grazie ad un Frostbite tirato a lucido per mostrare un livello di dettaglio straordinario, con giochi di luce ed animazioni fedelmente riproposte anche online. Certo su console la situazione era ancora combattuta per alcune limitazioni, soprattutto i 24 giocatori nelle modalità più complesse con mappe enormi come Confine sul Caspio rischiavano di smorzare troppo il ritmo, ma in generale il gioco riusciva a dare una scarica di adrenalina nuova ed un livello di realismo mai ottenuto prima.
Ricordo come se fosse ieri il mio primo match sui server di Battlefield 3; da settimane ero oramai stufo dei del gameplay di Modern Warfare 3 e, convinto da diversi amici, mi ero deciso ad unirmi a loro per combattere con il titolo di punta realizzato da DICE . Mai scelta fu più azzeccata, la prima mappa provata era stata Oltre la Senna, modalità Conquista, ed ero rimasto letteralmente ammaliato dall’incredibile numero di situazioni che avvenivano casualmente su schermo collaborando con altri amici: si prendevano zone attraverso veri e propri assalti con numerosi soldati e veicoli, i proiettili che permettevano il fuoco di soppressione rendevano la situazione ingestibile dal punto di vista visivo e le esplosioni assordavano continuamente i timpani come in un vero campo di battaglia, in un aggregato urbano dove il minimo passo falso portava ad un rapido game over.
Echi di un passato forse troppo lontano
Insomma, gli equilibri cominciavano a vacillare ed Activision decise di correrei ai ripari, nell’anno successivo, con Call of Duty Black Ops 2, forse il punto più alto raggiunto dalla software house. A sedici giorni dal lancio a fine Novembre del 2012 le vendite parlavano di incassi per oltre un miliardo di dollari. Non si poteva trattare di un caso, ma dell’ottima strategia del publisher con gli sviluppatori di Treyarch, riusciti a toccare le giuste corde emotive dei numerosissimi fan, andando anche in contro alle richieste della community che tanto aveva faticato a digerire sul lungo periodo il precedente Modern Warfare 3.
La rivalità tra Battlefield e Call of duty raggiungeva l’apice parallelamente agli anni di Battlefield 3 e Black Ops 2; così distanti, eppure così solidi nell’offerta proposta per rubare letteralmente il tempo libero di migliaia di videogiocatori a seconda delle preferenze. L’avvento delle console di nuova generazione ha portato però ad un alternanza di capitoli più o meno validi, ma decisamente lontani dalla qualità dei titoli sopracitati. Vuoi per la necessità di aver a che fare con nuove tecnologie, vuoi per gli interessi dei publisher indipendentemente dallo schieramento con tempistiche sempre più ristrette per un consumatore sempre più esigente, difficilmente i fan, me compreso, sono riusciti a rimanere pienamente soddisfatti.
La fiamma della rivalità tanto percepita negli anni passati, ha iniziato lentamente ad affievolirsi in un turbinio di alti e bassi; un giro sulle montagne russe dove i videogiocatori provavano titoli rilasciati in condizioni quasi al limite del sopportabile, con server spesso instabili e numerosi problemi di rete dipanati sul lungo periodo. Nonostante un breve momento che potesse far pensare ad rinvigorimento di quella stessa fiamma sul lato della percezione del pubblico, coincidente con gli annunci e relative pubblicazioni di Battlefield 1 e Call of Duty: Infinite Warfare, gli ultimi anni hanno visto l’alternanza di prodotti così diversificati da avere ormai la piena consapevolezza di essere distanti da quella sensazione di rivalità che permetteva di sfornare prodotti di prim’ordine, con l’obiettivo spesso dichiarato di primeggiare sulla concorrenza; ciò faceva bene al mercato videoludico e soprattutto al videogiocatore stesso.
Gli ultimi titoli di entrambe le serie, nonostante la bontà generale, sono l’esatta fotografia di quanto appena descritto, con un Battlefield V che arranca nelle vendite (se siete curiosi ne analizzo meglio la situazione a questo link) ed un Call of Duty Black Ops 4 che porta nel nome un fardello forse troppo pesante da sopportare, a causa di contenuti che stanno via via scemando nella varietà e che rischiano di indispettire i numerosi ed esigenti fan. La modalità Battle Royale, già presente dal lancio nel titolo di Activision e prevista entro pochi mesi tra le features della concorrenza, può essere l’elemento in grado di riaccendere la spirito di rivalità tra le rispettive community, considerando l’importanza della stessa nell’ultimo anno e la possibilità di un confronto più diretto.
Al giorno d’oggi, però, parlare di rivalità tra Battlefield e Call of Duty è veramente difficile a causa di lavori sempre più “comodamente diversificati”. Negli ultimi anni si è assistito ad una diversificazione non solo del gameplay o delle ambientazioni, ma anche del target da soddisfare con un’offerta che ha rischiato però di essere sempre più approssimativa e standardizzata; condizione necessaria forse, ma non sufficiente a ritenere la community del tutto soddisfatta.
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