Backlog - Dead Cells, quando morire è divertente
Centinaia di morti... per una buona causa
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a cura di Gianluca Arena
Senior Editor
I videogiocatori sanno che l’estate è fatta per smaltire un po’ dei titoli accumulati durante l’inverno. Ecco, allora, una nuova puntata della nostra rubrica dedicata, come avrete intuito dal titolo, al backlog, quell’animale mitologico che incalza tutti noi videogiocatori, incutendo un misto di ansia e di una rassicurante sensazione di opulenza (“magari ad agosto piove come a maggio”). In questa rubrica tratteremo di giochi che hanno ottenuto un riscontro minore di quello che avrebbero meritato, a causa di un cocktail di fattori non necessariamente concomitanti: genere di nicchia, recensioni troppo severe, o, semplicemente, sfortuna. Non si può dire che Dead Cells non abbia incontrato i favori della critica o del pubblico, eppure, nel marasma di uscite, tanto tripla A quanto indipendenti, che hanno affollato il mercato, c’è il rischio che qualcuno se lo sia perso, o lo abbia sottovalutato.
Oggi ne riparliamo per evitarvi questo madornale errore.
La morte ti fa bello
In Dead Cells si muore. Tanto, ma non troppo, a meno di infischiarsene bellamente delle regole che il gioco insegna man mano al giocatore. Seguendo la scuola di pensiero dei titoli firmati da Hidetaka Miyazaki, il fallimento nel titolo Motion Twin non è mai realmente tale: piuttosto, da ogni mossa sbagliata si ottiene la conoscenza necessaria per non ripetere l’errore, da ogni salto incauto la misura per quello successivo e da ogni utilizzo inopportuno della fiaschetta curatrice il dono del giudizio. Certo, ogni volta che si tirano le cuoia tocca ricominciare daccapo, come ogni buon roguelike che si rispetti, ma lo si fa con spirito battagliero, consci che stavolta si riuscirà dove prima si è fallito e, sebbene questa convinzione duri il tempo di una colazione al bar, nel processo ci si diverte un sacco. Questo perché il senso di progressione è continuo e tangibile, ed arricchisce, ad ogni run, le abilità, le armi e le facilitazioni concesse al giocatore, restituendogli la netta sensazione di non stare sprecando tempo dinanzi ad un software inutilmente severo in quanto a difficoltà. E poi, per quanto la struttura dei livelli si modifichi ad ogni nuovo tentativo, ognuna delle quattro enormi aree tematiche iniziali si compone della medesima tipologia di strutture, dei medesimi nemici e, in senso più ampio, delle medesime meccaniche di gioco, cosicché al senso di novità generato dalla proceduralità si affianchi un pizzico di familiarità, che non guasta mai.
Dalla mia prima run, datata fine luglio 2018, non appena ricevuto il codice per la recensione, sono intercorse centinaia di ore e, soprattutto, migliaia di morti, molte più che in qualsiasi Dark Souls abbia provato (Bloodborne incluso) e, nondimeno, la voglia di riprendere a giocare, a volte immediatamente, a volte dopo un paio di giorni, non è mai venuta meno. Qualcuno potrebbe obiettare che, al giorno d’oggi, i roguelike (o roguelite, nella loro accezione meno intransigente) siano stati definitivamente sdoganati, e che il sovraffollamento in un sottogenere che fino ad un lustro fa poteva contare su pochissimi esponenti potrebbe annacquare l’interesse del pubblico. Io rispondo che Dead Cells è uno dei tre migliori titoli procedurali pubblicati sulle console di attuale generazione, con buona pace dei problemi che aveva al lancio, e che il team di sviluppo ha sapientemente limato nell’anno scarso intercorso dall’uscita.
Osserva e colpisci
Tra le pieghe di YouTube, curiosando in un pigra domenica di pioggia, mi resi conto che la stragrande maggioranza dei giocatori che pubblicava video dei propri gameplay di Dead Cells optava per delle run furiosamente veloci, ipercinetiche, in cui il protagonista senza nome schizzava da una parte all’altra degli stage come una pallina di un flipper. Sebbene questa sia sicuramente una delle modalità di fruizione possibili, dopo decine di tentativi ho trovato assai più appagante, e remunerativo, giocare al gioiellino di Motion Twin con calma, prendendomi il tempo per memorizzare i pattern di attacco dei nemici, il range delle loro armi, le loro routine comportamentali, proprio come avevo imparato a fare giocando ad un Souls qualsiasi. Certo, il ritmo calava vertiginosamente, e la componente strategica diventava preponderante anche nel quadro di un action game come Dead Cells, ma, giocato a questa maniera, il titolo Motion Twin assumeva tutt’altro spessore, almeno per i miei gusti. Ed ecco che, allora, emerge prepotente la capacità del prodotto di adattarsi alle esigenze di diverse tipologie di giocatori, lasciando una libertà enorme in fatto di personalizzazione delle build tanto nella singola run, al netto del fattore casuale, quanto sul lungo periodo, tramite i potenziamenti definitivi sbloccabili man mano che si accumulano anime dai nemici sconfitti. Alcune volte ho optato per una run difensiva, con scudi enormi che azzeravano (o quasi…) i danni subiti e sentinelle che facevano il lavoro sporco per me, mentre altre ho tentato un approccio da cannone di vetro, favorendo la capacità di infliggere danni rispetto alla costituzione. Ogni approccio ha i suoi pro e contro, ognuno garantisce uno stile differente, e tutti riescono a divertire, a seconda delle preferenze dell’utente: ecco perché, a distanza di dodici mesi dalla release, un tempo più che sufficiente a far cadere nel dimenticatoio i titoli meno riusciti, Dead Cells rimane uno dei giochi più giocati ed apprezzati dalla community, soprattutto su Nintendo Switch, piattaforma con la quale sembra sposarsi alla perfezione.
Due lire
Si accennava, qualche riga più sopra, ai problemini che la produzione aveva al lancio, ai quali il team di sviluppo transalpino ha brillantemente posto rimedio: in primis le performance, stabilizzatesi decisamente rispetto a quelle iniziali, che, soprattutto sulla console ibrida Nintendo, lamentavano cali di framerate consistenti, sostituiti, nella versione PS4, da sporadici fenomeni di stuttering. Il mercato odierno mette sempre una gran fretta agli sviluppatori, e spesso questi hanno pochissimo tempo (o nessuno) per rifinire i loro prodotti, ma il supporto post-lancio è stato encomiabile per continuità ed abbondanza, avendo anche aggiunto una serie di contenuti minori gratuiti ed uno, più grosso, a pagamento. Oggi Dead Cells è davvero alla portata delle tasche di tutti: sebbene al momento della stesura di questo articolo non sia in saldo su nessuno store digitale, lo è stato per numerose volte negli ultimi dodici mesi, e lo sarà di nuovo a breve, potete scommetterci.
Anche a prezzo pieno, ovvero poco meno di venticinque euro, il titolo Motion Twin si guadagna una sonora promozione per il rapporto quantità/prezzo, se è vero che, come scritto poc’anzi, abbiamo superato il centinaio di ore di gioco proprio recentemente. Peraltro, il team transalpino ha pensato anche agli amanti del fisico, che, dopo la pubblicazione della versione liscia lo scorso autunno, vedranno a breve quella contenente anche il DLC Rise of Giants e tutti i contenuti scaricabili rilasciati dopo il lancio. Davvero non male, considerando le dimensioni del team di sviluppo e il fatto che questo rappresentasse il loro esordio su console e PC.
Con il senno di poi, quel lusso che non è concesso ad alcun giornalista videoludico, probabilmente aumenteremmo di qualche punto decimale il voto assegnato a Dead Cells dodici mesi or sono.
Questo premierebbe il puntuale e costante lavoro di ottimizzazione da parte del team di sviluppo, la straordinaria longevità del titolo, che potevamo solo immaginare in sede di recensione, dopo aver passato “solo” una settimana in compagnia del prodotto, e lo stato attuale dello stesso, privo di bug, con contenuti aggiuntivi e performance migliorate rispetto al debutto.
Il tempo, nemico di noi redattori, è invece un potente alleato per i giocatori “semplici”, che possono aspettare che un titolo dia il meglio di sè per poi portarselo a casa per due spicci: fate vostro Dead Cells e non ve ne pentirete.
Al mese prossimo con la nuova puntata di Backlog.
Voto Recensione di Backlog - Dead Cells, quando morire è divertente - Recensione
Commento
Con il senno di poi, quel lusso che non è concesso ad alcun giornalista videoludico, probabilmente aumenteremmo di qualche punto decimale il voto assegnato a Dead Cells dodici mesi or sono.
Questo premierebbe il puntuale e costante lavoro di ottimizzazione da parte del team di sviluppo, la straordinaria longevità del titolo, che potevamo solo immaginare in sede di recensione, dopo aver passato "solo" una settimana in compagnia del prodotto, e lo stato attuale dello stesso, privo di bug, con contenuti aggiuntivi e performance migliorate rispetto al debutto.
Il tempo, nemico di noi redattori, è invece un potente alleato per i giocatori "semplici", che possono aspettare che un titolo dia il meglio di sè per poi portarselo a casa per due spicci: fate vostro Dead Cells e non ve ne pentirete.
Al mese prossimo con la nuova puntata di Backlog.
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