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Ara: History Untold | Recensione - Una storia ripetitiva

Ara: History Untold vuole essere un elemento di rottura nel mondo dei 4X, ma il titolo di Oxide Games si perde in una serie di meccaniche lente e tediose.

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a cura di Daniele Spelta

Redattore

In sintesi

  • Ha delle idee davvero fresche e innovative nel mondo dei 4X.
  • Ogni turno viene rallentato da un sistema produttivo inutilmente complesso.
  • La componente grafica spicca nettamente rispetto alla concorrenza.

Informazioni sul prodotto

Immagine di Ara: History Untold
Ara: History Untold
  • Sviluppatore: Oxide Games
  • Produttore: Xbox Game Studios
  • Distributore: Microsoft
  • Testato su: PC
  • Piattaforme: PC
  • Generi: Strategico
  • Data di uscita: 24 settembre 2024

Ci sono giochi diventati sinonimi di interi generi. I Souls ne hanno praticamente inventato uno e se pensi ai 4X ti viene subito in mente Civilization. Gli action frenetici e spietati creati da Miyazaki e i lenti turni tipici della serie di Sid Meier hanno poco in comune, eppure c’è un elemento che li unisce.

Ogni anno deve uscire quel titolo capace di mandarli in pensione, talmente ricco di novità e di idee che farà dimenticare quei due dinosauri arroccati su sistemi stantii e, se proprio dobbiamo dirla tutta, nemmeno così esenti da difetti.

Puntuale, ogni anno, questa affermazione viene poi smentita dai fatti e nella maggior parte dei casi le presunte rivoluzioni sono dei giochi che vanno dal mediocre all’accettabile, con rari casi che superano questa soglia. Nel primo caso è successo di recente con i vari Enotria, Lords of the Fallen – e Lies of P in positivo. Se si parla di strategici a turni lo stesso vale per Millennia, Humankind e The Old World.

In ordine di tempo, l’ultimo contendente in questo secondo insieme è Ara: History Untold, 4X realizzato da Oxide Games e pubblicato da Microsoft, forte quindi di un’etichetta che ha da subito attirato le attenzioni degli appassionati.

Chi è il re?

Il paragone con i vari Civilization è inevitabile. Come per i titoli di Sid Meier, anche in Ara: History Untold – d’ora in avanti solo Ara per amor di sintesi – ci si trova a guidare una popolazione lungo tutto il corso della Storia.  Turno dopo turno, dobbiamo far prosperare gli insediamenti, costruire nuove strutture, sfamare la popolazione e interagire con le altre fazioni, che si tratti di scambi commerciali o di conflitti aperti.

Tutto ha inizio con la selezione del proprio leader: la lista comprende una trentina abbondante di scelte, con nomi anche sorprendenti e fazioni originali, ciascuna con i suoi bonus e malus. La regina Nefertiti sfrutta i corsi d’acqua per aumentare la raccolta del cibo, Leopoldo I re del Belgio è un abile diplomatico e le truppe a cavallo di Genigs Khan sono decisamente migliori rispetto a quelle dei rivali.

Ogni leader è poi caratterizzato da vari tratti e, ad esempio, Carlo Magno è un guida persuasiva ed efficace – e le botteghe delle sue città hanno una produzione artigianale superiore alla media. Ma anche il messicano Benito Juarez è persuasivo ed efficace e gli stessi tratti ritornano con frequenza tra i vari leader.

La quantità non si traduce in differenze concrete, un discorso che contraddistingue molte meccaniche del gioco.

Ritorno al mondo nuovo 

Una volta calibrate le caratteristiche della classica partita sandbox – dimensioni dello scenario, numero di avversari e difficoltà – si viene proiettati all’inizio della Storia e all'interno di una mappa che ricorda da vicino quella di Humankind.

Le regioni seguono in modo armonioso il dipanarsi dei fiumi, la disposizione dei boschi e le catene montuose e non sono imbrigliate nella classica suddivisione ad esagoni. Le mappe hanno quindi una conformazione meno artificiale e più vicina alla realtà – e questa impostazione rende Ara uno strategico 4X sorprendentemente bello da vedere.

Le città si sviluppano in un modo credibile, l’avvicendarsi delle epoche lascia un segno sulle architetture urbane e se ci si avvicina con lo sguardo si scorgono centinaia di cittadini intenti a lavorare o radunati in una piazza. 

Un’altra importante differenza rispetto ai Civilization è la gestione degli ordini, che non sono eseguiti istantaneamente. Le mosse avvengono infatti in modo simultaneo e sono portate a termine contemporaneamente da tutti i contendenti a fine turno. Questo aggiunge molta incertezza durante le guerre, quando si cerca di tallonare da vicino le unità nemiche, e non è un caso che la meccanica sia stata presa in prestito proprio da wargame più o meno noti.

Inoltre, questa impostazione rende molto più equilibrate e avvincenti le partite in multiplayer, visto che la classica scansione a turni alternati avvantaggia in modo evidente i giocatori che muovono per primi.

Una simulatore di logistica

Ara si propone come una boccata di aria fresca in un genere fin troppo arroccato su meccaniche definite decenni fa, e cerca di declinare il concetto di "esplora, espandi, sfrutta e stermina" – eXplore, eXpande, eXploite ed eXterminate – a modo suo. La volontà di cambiamento si rivela però un’arma a doppio taglio.

Abbiamo apprezzato molto la conformazione della mappa, la simultaneità dei turni e anche la semplicità con cui si gestiscono le unità militari è uno degli aspetti più riusciti. Fanti, arcieri, cavalieri e carri possono infatti occupare tranquillamente una sola casella ed essere accorpati in squadre, plotoni che evitano quegli infiniti click necessari a spostare pedina dopo pedina una casella alla volta, unità che spesso venivano messe in standby e dimenticate anche nel momento del bisogno. 

Al contrario, il sistema di progressione e lo sviluppo degli insediamenti sono due elementi davvero problematici. Come da tradizione in tutti i 4X storici, la scoperta di nuove tecnologie determina la crescita della fazione – e in Ara ce ne sono davvero tantissime, suddivise per le varie epoche, da quella antica fino ai giorni nostri, passando per il medioevo, il rinascimento e l’età dell’illuminismo.

In Ara si fanno sempre le stesse cose, da inizio match fino alla fine, solo su scala più grande.
Se si osserva l’elenco di queste scoperte, si nota però una evidente ridondanza. Molti step portano con sé edifici già scoperti in precedenza, materiali già ricercati tanti turni prima e in altri casi aggiungono elementi che poco incidono sul corso della storia. 

Come per i leader, ci si trova al cospetto di una abbondanza solo apparente, che non fa altro che aumentare la confusione e il rischio di compiere scelte errate. Questo pericolo aumenta, inoltre, perché non è necessario sbloccare tutte le tecnologie per avanzare all’epoca successiva.

C’è quindi un’alta probabilità di lasciarsi alle spalle scoperte fondamentali, anche perché non c’è un modo semplice di visualizzare  su una mappa temporale come si concatenano tra di loro le varie tecnologie.

Quella è una città formicaio

Questa sovrabbondanza ha delle dirette ripercussioni sulla gestione delle città che, per prosperare, hanno bisogno di cibo, materiali e case per gli abitanti, come in ogni 4X. Regione dopo regione, i piccoli villaggi diventano delle metropoli, ma questa prosperità è sostenuta da una microgestione fuori da ogni logica. Oltre alle classiche strutture per il sostentamento come le fattorie, le segherie e le miniere, ci sono anche tanti edifici addetti alla creazione dei materiali alla base delle catene produttive.

Per le botteghe, le fabbriche, le biblioteche e gli ospedali – la lista prosegue all'infinito – va selezionato l’output desiderato, che si tratti di piccoli ingranaggi di ferro, aratri, candele, lana o di avanzati frigoriferi o preziosi medicinali. A loro volta, questi prodotti vanno assegnati alle città come materiali di consumo, beni che aumentano le statistiche legate alla salute, alla conoscenza, al cibo o alla sicurezza.

Naturalmente, più sono alti questi valori, più efficienti saranno le industrie, minore il tempo per le ricerche e più rapida la crescita dell'insediamento. Oppure, sempre gli stessi oggetti possono essere impiegati come migliorie per altre strutture – o, ancora, usati come ulteriori materie prime per creare merci più elaborate.

Fare l’elenco di tutti questi manufatti è davvero impossibile. Quello che possiamo però ribadire è che questi beni sono spesso interscambiabili, vengono impiegati nella stessa maniera e non hanno alcuna peculiarità strategica. Inoltre, è davvero difficile tenere traccia di che cosa si sta producendo nei vari edifici, dove si sta impiegando il vetro che ora serve per edificare una meraviglia o perché i magazzini sono colmi di tappeti o tessuti, anche a causa di una interfaccia dispersiva e che fatica a sintetizzare tutta questa macchinosità.

Regione dopo regione, i piccoli villaggi diventano delle metropoli, ma questa prosperità è sostenuta da una microgestione fuori da ogni logica.
Per questo motivo ogni turno richiede più tempo del necessario e spesso ci si ritrova a consultare infiniti menù solo per ricostruire i vari input e output di un processo industriale infinito. 

Il problema diventa lampante nelle fasi conclusive, quando ci si ritrova a gestire più insediamenti molto estesi e con tante strutture sofisticate al loro interno. In questo contesto, Ara va proprio nella direzione opposta rispetto ad uno strategico ottimale e, al posto di poche scelte fondamentali, si è costretti a compiere decine e decine di azioni ripetitive dallo scarso impatto.

Anche il già citato Civilization fatica a gestire i turni finali, ma cerca di rendere più vario il late game tramite l’aggiunta di nuove meccaniche, come gli scavi archeologici, le spedizioni spaziali o i cambiamenti climatici. In Ara, al contrario, si fanno sempre le stesse cose, da inizio match fino alla fine, solo su scala più grande.

Dà il meglio di sé se lo si gioca come un sandbox puro, in cui lo scopo principale sono l’ottimizzazione produttiva degli insediamenti, la creazione delle perfette sinergie tre le varie costruzioni e l'edificazione di meraviglie come l'università di Oxford o il Taj Mahal. Vedere la propria città prosperare è una vera soddisfazione e ci si sente dei veri amministratori quando tutti gli ingranaggi sono messi al posto giusto e lavorano all'unisono.

L'ottimo comparto grafico è poi il perfetto accompagnamento.

Ambasciatori assenti

Il focus così marcato sulla produzione ha però distolto l’attenzione da alcune componenti chiave, una su tutte la diplomazia. I modi di interazione con le altre fazioni sono davvero limitati e non si va oltre agli scambi commerciali o di ricerca, e anche le dichiarazioni belliche avvengono senza reali pretesti. Ancora una volta, manca del tutto il senso di progressione e di avanzamento, dato che le opzioni diplomatiche sono pressoché identiche dal primo all’ultimo turno.

Inoltre, abbiamo parecchio faticato a capire le mosse dei nostri rivali. Sempre tirando in ballo il solito Civilization VI, nel titolo di Firaxis ogni leader ha due agende e, tanto più le nostre azioni sono affini o lontane da questi ideali, tanto più i capi fazioni saranno amichevoli o ostili nei nostri confronti.

In Ara tutto è invece avvolto nel mistero, qualche nemico ci ha fatto anche degli inaspettati doni – tipo una candela o un asse di acciaio – e le dichiarazioni di guerra sono giunte dal nulla quando abbiamo alzato il livello della difficoltà. 

Infine, le città indipendenti, quelle tribù che dovrebbero ravvivare le fasi iniziali della partita, spariscono dopo pochi frangenti e, francamente, non abbiamo proprio capito quale dovrebbe essere il loro ruolo o come interagire con esse, al di là di qualche evento casuale.

Sono tanti gli elementi di gioco appena abbozzati e un discorso analogo potrebbe essere fatto per le religioni, per i capolavori creati e per i personaggi illustri arruolati, tutti elementi che vanno a sommarsi senza però aggiungere davvero nulla di rilevante. E, soprattutto, di cui si fa fatica a sentire il contributo per la vittoria finale.

Per trionfare al termine della partita bisogna accumulare il maggiore prestigio possibile, senza condizioni specifiche per un successo diplomatico, culturale, scientifico o bellico. Il problema è che quasi ogni azione compiuta porta con sé dei punti prestigio, come la ricerca di una nuova tecnologia, la creazione di una meraviglia o anche l'edificazione di una struttura più avanzata.

Questo disincentiva il perseguimento di una strategia coerente e, al contrario, si rivela molto più comodo completare quel progetto anche superfluo, utile solo scalare più posizioni nella classifica globale.  Spesso questa scelta è anche obbligatoria, dato che al termine di ogni atto – ce ne sono complessivamente tre – le civiltà più arretrate vengono spazzate via, una crudeltà quasi inutile data la natura poco competitiva di Ara: History Untold

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Voto Recensione di Ara: History Untold | Recensione


6.5

Voto Finale

Il Verdetto di SpazioGames

Pro

  • Davvero bello da vedere

  • Cerca di proporre qualcosa di nuovo nei 4X

  • Lo apprezzerete se amate i gestionali...

Contro

  • ... ma come 4X è decisamente debole

  • Microgestione esagerata

  • Interfaccia difficile da leggere

  • La diplomazia meritava più attenzione

  • Intelligenza Artificiale di difficile interpretazione

Commento

Ara: History Untold doveva essere quel gioco capace di far dimenticare dopo circa otto anni Civilization VI, ma anche questa volta aspetteremo il settimo capitolo per buttare via la nostra vita un turno alla volta. Il titolo sviluppato da Oxide Games si presenta davvero bene, ha una veste grafica decisamente appariscente e ha anche dei guizzi interessanti, ma è uno strategico di cui si fatica a capire il focus e che finisce vittima del suo ingombrante micromanagement, che pervade ogni turno e che ha tolto molte attenzioni dai settori che avrebbero richiesto più cura, come la diplomazia, le tecnologie e quelle varianti indispensabili nel late game. 
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