Ant-Man e The Wasp, la recensione del ritorno di Scott Lang
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a cura di Gottlieb
Mentre l’Universo Marvel tiene col fiato sospeso l’intero globo, in ginocchio dinanzi al minaccioso schiocco di dita di Thanos, ci sono delle vicende parallele che sembravano avere la necessità di essere raccontate. Tra queste c’è quella di Ant-Man, uno dei due grandi assenti nella Infinity War per salvare la Terra insieme con Occhio di Falco: dove fosse Scott Lang viene velocemente spiegato durante l’ultima apparizione degli Avengers, che dopo la Civil War in Germania hanno visto Ant-Man finire agli arresti domiciliari nella sua dimora. Per quanto sia richiesta una buona dose di sospensione del dubbio da parte dello spettatore, a difesa di Lang e delle persone che gli orbitano attorno c’è da dire che le due vicende prendono piede in due zone diverse degli Stati Uniti, il che giustificherebbe la totale ignoranza da parte della formica dell’esistenza della minaccia Thanos. In ogni caso, Ant-Man e The Wasp si colloca esattamente in mezzo, con la sua linea narrativa, tra Civil War e Infinity War, raccontandoci, per l’appunto, come sono andati gli arresti domiciliari di Scott.
Dopo aver distrutto la sua tuta di Ant-Man e aver deposto ogni velleità di tornare sul campo di battaglia, Scott Lang si prepara a due anni di reclusione all’interno della propria dimora: cavigliera ben attaccata alla gamba, perimetro controllato e visite a sorpresa da parte dell’FBI, pronta ad assicurarsi che non solo Scott non lasci la sua casa, ma che non abbia nemmeno contatti con Hope van Dyne e Hank Pym, gli autori della tecnologia basata sulle formiche. A scatenare nuovamente l’incontro tra i tre, però, sarà un sogno di Scott, che lo riconduce direttamente in quel Mondo Quantico all’interno del quale era stato catapultato durante il primo film: un contatto con la moglie di Hank, rimasta intrappolata per trent’anni all’interno di un universo ignoto e sconosciuto, spingerà così nuovamente il trio a fare squadra.La trama di Ant-Man e The Wasp ci mette dinanzi a tre visioni diverse del raggiungimento del medesimo scopo e in questo scenario ci presenta anche Ghost, uno degli antagonisti della vicenda, interpretato da Hannah John-Kamen. Apparso per la prima volta nella linea narrativa di Iron Man, per quanto riguarda i fumetti, Fantasma nella pellicola diretta da Peyton Reed è in una versione del tutto inedita dell’Universo Marvel: il suo vero nome è Ava e, così come Hank, insegue il mondo dei quanti per un suo interesse personale. Per quanto si sia cercato di rendere grave la sua presenza all’interno della pellicola, per dare quella chiave drammatica che altrimenti Ant-Man non sarebbe stato in grado di reggere, il personaggio di Ghost è quasi ridondante ai fini della narrazione, senza offrire alcuno spunto valido per quella che non si rivela essere nemmeno una competizione con The Wasp e Scott Lang. Nonostante una prima presentazione misteriosa e avvolta nelle tenebre, Fantasma finisce per essere soltanto il pretesto per delle scene d’azione che tengono alto il dinamismo della pellicola, ma che alla fine non mutano eccessivamente il risultato di quella che la vicenda orizzontale del film: ritrovare la moglie di Hank e la madre di Hope. In presenza, quindi, di antagonisti a conti fatti poco taglienti o comunque non del tutto ispirati, a tenere in piedi l’intera produzione è tanto Scott Lang quanto le sue spalle comiche, a partire dal personaggio interpretato da Michael Pena, ossia Luis. Stemperando quella tensione che dovrebbe crearsi in una situazione di estremo rischio come quella di infilarsi nel regno dei quanti, in Ant-Man l’intero cast sa sia come fare autoironia sia come rispondere sempre a tono alle vicende che li circondano: alcune gag sono ben scritte e funzionano, così come giocare con i problemi di miniaturizzazione della tuta del protagonista è un’ottima scelta, sfruttando le ottime mimiche facciali di Paul Rudd. La scrittura è illuminata, lo si nota, e le decisioni comiche sono tutte vincenti rendendo il film un ottimo esperimento farsesco, che diverte e strappa più di una risata di gusto. È chiara, insomma, l’intenzione da parte di Peyton Reed di realizzare un film che vada sì a inserirsi nell’Universo Marvel, ma che di quanto compiuto da Thanos e da tutta quella solennità della battaglia per salvare la Terra non può importare ad Ant-Man: la leggerezza dell’intero cast, la loro spensieratezza, il loro modo di affrontare un viaggio all’interno del Regno Quantico non può essere intaccata da ciò che non si conosce e che non si è visto. E a confermarlo sarà anche la prima scena dopo i titoli di coda, che, come solo il Marvel Cinematic Universe sa fare, crea l’ottimo gancio per quello che sarà l’epilogo di Thanos.
Accanto alla comicità, però, c’è anche l’azione, perché sempre di supereroi stiamo parlando: per quanto ci sia una buona cura di tutti i combattimenti si denota una maggior attenzione rispetto al primo film, come se di Ant-Man oramai non ci fosse più niente da far vedere. Le sequenze non emozionano più di tanto, se non per alcune trovate interessanti che fanno sempre capo al concetto di miniaturizzazione. Si gioca molto con i poteri della tuta e della tecnologia di Hank, ma l’effetto novità manca e ciò che vediamo a schermo è un qualcosa di già visto, già assaporato, che già ci ha stupiti: per questo Ant-Man e The Wasp riesce a essere un film più di dialogo che di azione, più scrittura che di regia. Infine segnaliamo la curiosa decisione di girare il film anche in 3D, visto che oramai tale tecnologia non sta riscuotendo più il successo che inizialmente sembrava volesse avere: nel gioco prospettico della miniaturizzazione l’effetto 3D funziona e sicuramente rende più immersiva la presenza dello spettatore, ma potremmo benissimo dire che non aggiunge nulla di cui non poter fare a meno.
– Ottima la linea comica e le gag
– Qualche idea interessante per la miniaturizzazione
– Un “episodio” filler del Marvel Cinematic Universe
– Ant-Man non ha più nulla da dire
7.0
Ant-Man e The Wasp si presenta all’interno dell’universo Marvel con l’intenzione di controbilanciare perfettamente quelle vicende grevi e drammatiche che hanno colpito il cinema con Infinity War e ci riesce. Diversamente da quella chiave comica e scanzonata che ha ricercato Thor Ragnarok, Paul Rudd e Peyton Reed ci mettono dinanzi a una scrittura realmente da commedia, con siparietti che divertono e che soddisfanno, andando a sposare una natura divertente che riesce a spezzare anche il ritmo dell’azione, senza mai sfociare nella pesantezza della drammaticità. Una valutazione lapidaria direbbe che Ant-Man e The Wasp è un film che nella continuity Marvel è totalmente non necessario, ma una critica moderata ve lo presenta come divertente e divertito: un modo diverso di trascorrere quasi due ore in compagnia di un supereroe che sa qual è la sua dimensione e prova a sfruttarla in tutti i modi possibili.
Voto Recensione di Ant-Man e The Wasp, la recensione del ritorno di Scott Lang - Recensione
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