Spec Ops: The Line dovrebbe essere riportato nei manuali come paradigma di videogioco sottovalutato. Date le ultime dichiarazioni dello sceneggiatore Walt Williams sul travagliato sviluppo del gioco, che non vedrà mai un sequel, in questo episodio di Why (not) Famous analizziamo i motivi che ne causarono al tempo l’insuccesso commerciale.
Incominciamo subito con una breve contestualizzazione.
Correva il giugno del 2012 quando Spec Ops: The Line arrivò sugli scaffali dei negozi per PC, Xbox 360 e PlayStation 3. Pubblicato da 2K Games, il titolo venne sviluppato da Yager Development e da Darkside Game Studios, rispettivamente al lavoro sulla campagna e sul comparto multigiocatore, e arrivò sul mercato in un periodo decisamente saturo di sparatutto in prima e terza persona.
Il gioco si ispirò al racconto di Joseph Conrad, noto come Cuore di tenebra, venne arricchito da numerosi riferimenti al film Apocalypse Now e alla Guerra del Vietnam, e concentrò gran parte degli sforzi nella campagna single player, mentre le modalità a più giocatori vennero inserite posteriormente per volontà del publisher, pur venendo definite “cancerogene” già al tempo sempre dallo stesso Walt Williams.
La storia del gioco ha inizio con una sequenza dal taglio fortemente cinematografico a bordo di un Blackhawk inseguito da diversi elicotteri Little-Bird, che sorvola una Dubai devastata da fortissime tempeste di sabbia. Nei sei mesi precedenti, infatti, queste tempeste hanno colpito incessantemente la ricca e fiorente città degli Emirati Arabi Uniti ma le notizie furono messe a tacere dai politici e dall’élite locale lasciando la popolazione in pericolo. Il Colonnello John Konrad di ritorno dall’Afghanistan, insieme al suo battaglione, rimase a Dubai per aiutare ad evacuare la città disertando l’ordine di abbandonare il posto. Perse totalmente le comunicazioni con Konrad, viene inviato sulle sue tracce il comandante Martin Walker, protagonista delle vicende, affiancato dai due abili operatori Delta Lugo e Adams. I tre dovranno vedersela in un vero inferno sulla terra, andando incontro a una inesorabile degenerazione fisica e mentale che li porterà a momenti di pura follia. La caratterizzazione dei personaggi è uno dei maggiori aspetti di forza di una storia cruda e violenta, che non cerca mai di attutire il colpo e mostra la brutalità della guerra e degli istinti di sopravvivenza umani.
Una storia fortemente matura declinata in un gameplay da third person shooter che presenta degli elementi di forte realismo, dal feeling delle armi alla carenza di munizioni, alle coperture parzialmente sicure, a volte distruttibili, non in grado di proteggere sempre dai colpi nemici. Tutto questo offrì un livello di sfida decisamente più alto rispetto alle campagne dei vari FPS e TPS dell’epoca, risultando ingiustificatamente difficile per molti. Al netto di un comparto narrativo e anche artistico di forte spessore, dunque, i problemi legati al gameplay e alcune imperfezioni tecniche, insieme al tanto criticato comparto multigiocatore, determinarono una tiepida accoglienza da parte della critica e l’insuccesso commerciale del titolo a cui i giocatori preferirono oltre al classico Call of Duty anche Borderlands 2 o Far Cry 3 (piuttosto che il reboot di Tomb Raider).
Insomma, Spec Ops: The Line arrivò in un periodo poco fortunato per uno shooter fortemente basato sulla trama. Tra l’altro la volontà di inserire tutto ciò che andava di moda in quel periodo, come le modalità multigiocatore, fu problematica al punto da risultare controproducente. Oggi il titolo è però considerato quasi un cult della scorsa generazione e consigliamo vivamente a chiunque cerchi un tps con una bella storia e non l’abbia giocato in passato di recuperarlo.