Era il 2003, quando usciva il primo titolo di una trilogia destinata a restare, salda, nella memoria dei videogiocatori e, irrimediabilmente, nella storia dei videogiochi. La Trilogia delle sabbie, probabilmente, nasce come un tributo al suo protagonista, il Principe, ma in seguito si trasforma in qualcosa di più profondo, in un qualcosa di dinamico e assolutamente avvincente, con risvolti profondi e con una trama ben scritta, nonché perfettamente raccontata. Bisogna, doverosamente, rendere onore al merito dei ragazzi di Ubisoft, i quali sono riusciti ad evitare quelle contraddizioni che, in una trama che intreccia profondamente passato presente e futuro, sono sempre dietro l’angolo, pronte a stravolgere la razionale comprensione e inficiare, in maniera definitiva, il lavoro svolto. I ragazzi di Ubisoft riescono a fare del Principe il protagonista di un intreccio narrativo che sfugge alla naturale comprensione, ma di cui egli sembra perfettamente consapevole, a volte anche prima del videogiocatore, il quale in più di un’occasione è costretto a fermarsi per mettere ordine in quello che, in apparenza, è puro caos temporale. Il Principe, in questa trilogia, diviene il protagonista assoluto di uno stravolgimento della nostra stessa idea di tempo; egli è al centro di vicende che, grazie al dinamismo creato dall’esistenza stessa delle “sabbie del tempo”, procedono coerenti all’interno di un’essenza temporale stravolta, trasfigurata, assolutizzata. Come un microcosmo in cui il tutto è più grande della somma delle sue parti, il Principe torna sempre nello stesso punto, egli è sempre uguale a stesso, ma, nello stesso tempo, è sempre diverso, arricchito dalle sue esperienze e inghiottito dal caos temporale a cui egli stesso ha irrimediabilmente dato inizio, e a cui egli è destinato, senza possibilità di errore, a ritornare.
Nel vortice del Tempo
Accanto al principe, il Tempo è un degno protagonista di questa trilogia. Come una sorta di giudice supremo, il Tempo è determinato ad esigere il pagamento dovuto da coloro che infrangono le sue leggi. Il Principe non fa eccezione; egli, contravvenendo alle leggi naturali del Tempo, si trascina in un’avventura dalla quale non sembra avere scampo, un’avventura che, costantemente, si riavvolge su stessa, in una spirale che diviene sempre più opprimente, sempre più stretta, profonda e claustrofobica, in grado addirittura di trasferire la battaglia all’interno della psiche del protagonista, il quale, sfidando la Natura, sembra destinato a perdere, inesorabilmente, la battaglia per il suo destino, e, con essa, se stesso. Il Principe, con un’atto di immatura volontà, avvia una serie di vicende che, con grande maestria, passano da toni fiabeschi a toni più cupi e realistici; vicende in cui il nostro protagonista dovrà affrontare una serie di battaglie che si fanno via via sempre più importanti, sempre più necessarie e terribili. In definitiva è proprio questo il prezzo che il Principe è chiamato a pagare per le sue azioni. Non la lotta con il Dahaka, bensì la lotta con l’arrogante concezione che si possano piegare le leggi del Tempo ai propri scopi, che si possa stravolgerle per rimediare ai propri errori, che si possa comandarle per essere qualcun’altro, per vivere un’altra vita e, in definitiva, per vivere una vita di errori senza pagarne le conseguenze. Così, nel vortice di passato e presente, il Principe è destinato a tornare costantemente dinanzi a se stesso, dinanzi ai suoi errori, fino ad arrivare alla fatidica comprensione del fatto che, forse, il vero scopo delle “sabbie” non era nient’altro che rivelare la vera essenza del Male.
Una battaglia interiore
In un certo senso la trilogia delle sabbie non poteva concludersi con una battaglia diversa da quella che che il Principe combatte con se stesso. Nel momento in cui volge il suo sguardo al di fuori di sè, egli trova un aiuto inaspettato; la sua avventura, in uno sguardo d’insieme, gli mostra, finalmente, che il suo errore non era combattere il destino, non era cercare di rimediare ai propri errori, bensì quello di non accettare le conseguenze delle proprie azioni; la vera malvagità risiede nel suo spirito immaturo, mai pronto ad accettare i propri errori, uno spirito costantemente logorato dal desiderio di cancellare i propri sbagli. È lo spirito che si materializza nel Principe Oscuro, uno spirito che assume una sua propria sembianza; in questo modo, grazie a questo palesamento, il Principe è pronto ad affrontare il suo vero errore, è pronto, in altre parole, ad accettare la costante battaglia con quell’identità che ciascuno di noi nasconde all’interno del proprio sè, un’identità che a volte è il nostro vero essere, a volte, invece, è una mera finzione, un surrogato materiale dei nostri errori e dei nostri desideri più profondi.
Lo dice Amleto ad Ofelia:
“Dio vi ha dato un volto, e voi ve ne fate un altro.”
La battaglia tra queste due identità divise, tra chi siamo e chi fingiamo di essere, è invincibile. E allora, solo allora, saprò con certezza di essere nella direzione giusta.
L’inizio, la fine
Così, con questa realizzazione, con questa presa di coscienza, l’avventura del nostro Principe è pronta a tornare al suo inizio. Il cerchio della trilogia si chiude, portando il videogiocatore in un punto che, essenzialmente, coincide con il suo inizio. Lo spettro delle vicende vissute aleggia, con una presenza costante, sul nostro protagonista; eppure, il Principe appare sereno, maturo e profondamente cambiato. In lui, ora, la consapevolezza e il dolore coesistono, consapevoli l’una dell’altro; egli è pronto ad affrontare le conseguenze delle proprie azioni. La mano del destino, ora, poggia benevola la sua mano sulla spalla del Principe, che, con saggezza, accetta la fine della sua avventura. E la fiaba che a Babilonia era iniziata, in un’atmosfera altrettanto fiabesca può, finalmente, essere raccontata, trasformandosi in una fiaba fantastica che non potrà mai essere dimenticata:
“Molti pensano che il tempo sia come un fiume che scorre lento in un’unica direzione. Ma io che l’ho visto da vicino, posso assicurarti che si sbagliano. Il tempo è un mare in tempesta. Forse ti chiederarai chi sono, e perchè io parli così. Siediti, e ti racconterò la storia più incredibile che tu abbia mai sentito.“
Con queste parole si chiude il viaggio del Principe; le stesse parole con le quali esso era semplicemente cominciato. Tutto è accaduto molti anni fa, in una generazione diversa, in una veste più “antica”, ma non per questo meno importante e, soprattutto, meno bella.
Il Principe è una di quelle figure che, con rispetto, riesce a catturare il videogiocatore. La sua avventura è, da molti punti di vista separati, incredibilmente complessa; eppure, alla fine del suo cammino, il Principe ritrova quello spirito con il quale aveva fatto il suo ingresso, e il suo messaggio si riempie, così, di una grazia e di una sincerità che sono proprie, in verità, solo della fiaba ben raccontata. Con questa fiaba, egli ci regala qualcosa su cui riflettere, e, soprattutto, qualcosa da non dimenticare.
“La vita si può capire solo all’indietro. Ma si vive in avanti.” (S. Kierkegaard)