Questa settimana, la rubrica Vite in Gioco fa un salto nel passato; il personaggio in oggetto è stato infatti il protagonista del videogioco Shadow of the Colossus, apparso, in Europa, nel lontano 2006 su PS2. Il protagonista del titolo è Wander, che intraprende un viaggio davvero meraviglioso al fine di far tornare nella terra dei vivi la sua innamorata, Mono, la cui giovane vita è stata tristemente spezzata a causa del suo destino maledetto. Shadow of the Colossus è un gioco particolare, immensamente poetico e assolutamente emozionante. Il viaggio che il videogiocatore è chiamato ad affrontare è come una sala degli specchi, non si riesce mai a comprendere quale sia l’immagine originale, quale sia il significato originale, quale sia la chiave di lettura capace di svelare, al videogiocatore, il vero messaggio dell’opera. Forse, tale chiave è ben celata “al di là dello specchio”, o forse non esiste affatto una simile chiave, nel senso che ogni chiave è, paradossalmente, quella corretta.
L’atmosfera di Shadow of the Colossus è calma, tranquilla, poetica, dolce. Il videogiocatore, attraverso Wander, si immerge in questo mondo sconfinato, ricavandone un piacere che è un qualcosa di completamente diverso dalla soddisfazione, o dal compiacimento derivante dal raggiungimento di un obiettivo; il videogiocatore, immerso in quest’avventura, ne ricava il piacere della “meraviglia”, che altro non è che l’esperienza del “meraviglioso”. La riflessione comincia da qui, poiché come afferma Aristotele nella Metafisica: “Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia.”
…Ma ancor più meravigliosa è l’avventura.
Il tema della meraviglia è un qualcosa che Shadow of the Colossus nasconde, e nello stesso tempo porta alla luce, attraverso l’avventura del nostro protagonista, Wander. Effettivamente, ogni passo compiuto dal videogiocatore è mosso dalla voglia di emozionarsi, stupirsi, meravigliarsi, attraverso il semplice e puro compimento di una singola azione. Questo è lo spirito che muove il videogiocatore verso l’esplorazione di quelle lande desolate di cui è composto il mondo il gioco.
Oscar Wilde affermava che “il pensiero è meraviglioso, ma ancor più meravigliosa è l’avventura”. Questo è un tema fondamentale, poiché, Shadow of the Colossus, concede al videogiocatore la possibilità di compiere delle piccole azioni, azioni che al videogiocatore “normale” e “superficiale” sembrano prive di senso, surplus non necessari, inutili e fuorvianti, ma in realtà non è così; Shadow of the Colossus pone il videogiocatore dinanzi al fatto che alcune azioni, all’apparenza fini a stesse, trasmettono delle emozioni pure, vere, le quali sono esse stesse la vera e unica ricompensa per questi semplici, ma difficili, atti. Tuffarsi in acqua, aggrapparsi ad uccelli e tartarughe per farsi trasportare, esplorare il mondo di gioco, osservare la natura che circonda il nostro protagonista, sono tutte azioni che restituiscono un senso di rispetto e armonia con la natura che domina il videogioco; esse sono tutte azioni che ricompensano, il videogiocatore, con sentimenti e con meraviglia. Quante volte, accostandoci delicatamente, abbiamo accarezzato il nostro fedele destriero Agro? Centinaia, forse migliaia di volte! Perché lo abbiamo fatto? Per rispetto, per amore; non per arrivare a concludere il gioco, non per vincere, ma semplicemente perché avevamo voglia di farlo. Una carezza, infatti, non è fatta in virtù di un obiettivo, essa è mossa da un’emozione e restituisce un’emozione; e ogni emozione, si sa, è fine a stessa, essa esiste, cioè, solo per essere provata.
Ai Sogni.
Si dice che ogni meraviglia sia il frutto di un sogno, e ogni sogno ha bisogno di un sognatore. Shadow of the Colossus è, infatti, come un sogno: talmente irreale da sembrare reale, talmente bello da sembrare finto, talmente poetico da sembrare vero. Forse non è un caso che il nostro protagonista abbia un nome che, sia dal punto di vista fonetico sia dal punto di vista lessicale, ricordi molto la parola “wonder”…e forse non è un caso che “wonder” sia il modo in cui viene definita Miranda, una dei protagonisti del dramma di Shakespeare, La Tempesta. Un’opera piena di significati nascosti, e di cui rimane famosa la straordinaria frase di Prospero, scritta all’interno della prima scena dell’atto IV, in cui si legge:
“Siamo fatti anche noi della materia di cui sono fatti i sogni,
e nello spazio e nel tempo di un sogno
è racchiusa la nostra breve esistenza”
Le parole di Prospero descrivono l’essenza dell’uomo, la quale, nel contempo, è l’essenza del sogno; il viaggio di Wander descrive, al videogiocatore, la medesima essenza, e lo fa senza parole; Shadow of the Colossus racconta l’essenza dell’uomo attraverso le emozioni, e lo fa immergendo il videogiocatore in una meraviglia che non può essere descritta né raccontata, ma solo ascoltata e ammirata.
Un’altra riflessione ci accosta all’opera di Shakespeare: i Colossi. Al pari di Calibano, i Colossi sono un qualcosa che, nello stesso tempo, è naturale e innaturale. Le loro dimensioni innaturali si accostano alle loro fattezze che ricordano elementi e animali essenzialmente naturali. Come a voler mostrare che ogni sogno nasce dalla naturale disposizione dell’uomo a sognare. Calibano, per quanto deforme, si rivela essere alla fine una creatura nobile di spirito; allo stesso modo, il videogiocatore scoprirà che lo scopo dei Colossi era, alla fine, un qualcosa di nobile e, a conti fatti, necessario, perché la natura non può mai dimenticare le sue leggi; e la morte, in questo senso, non fa eccezione.
Al di là di ciò che suggerisce il nome del protagonista, il viaggio compiuto dal videogiocatore, in Shadow of the Colossus, non è meramente un puro vagare; il suo, è un viaggio che emoziona, stupisce e quieta lo spirito perso nel nulla. Credo fermamente che ogni giocatore, grazie a questo particolare videogioco, abbia provato delle emozioni tutte proprie; non credo, infatti, che esista un unico senso generale, ma sono certo che la libertà di lasciarsi emozionare sia uno dei tanti, forse infiniti, significati di Shadow of the Colossus; sono sicuro che questa libertà sia uno degli infiniti insegnamenti di un sogno…di una realtà oltre la realtà, di una realtà che è fatta della stessa sostanza dei sogni.
Devo confessare che scrivere questo articolo è stato piacevole, ma nello stesso tempo difficile. La difficoltà è data dal fatto che quando si devono ricordare le emozioni provate, esse non vanno riportate alla memoria, ma vanno, necessariamente, ricondotte al cuore.
“Chi non è più capace di fermarsi a considerare con meraviglia e venerazione è come morto; i suoi occhi sono chiusi.” (Albert Einstein)