Vite in Gioco

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a cura di Phoenix

Questa settimana la rubrica Vite in Gioco si occupa di un altro grande personaggio dell’universo videoludico, Auron. Una figura estremamente affascinante e di grande rilievo, tra i protagonisti del decimo capitolo della saga più famosa tra gli appassionati di giochi di ruolo: Final Fantasy.

Dapprincipio era un templare. 10 anni fa, fu guardiano del grande invocatore Braska con Jecht. Alla fine dell’ardua battaglia contro Sin, si allontanò da Spira per recarsi a Zanarkand e vegliare su Tidus.

Sir Auron è un personaggio leggendario, profondo, saggio; per certi versi, egli riesce a catalizzare l’attenzione del videogiocatore su alcuni temi maturi e sempre attuali, temi che meritano, senza ombra di dubbio, una breve ma opportuna riflessione da parte del videogiocatore profondo e attento. Serio, laconico, poco incline alle banalità e alle superficialità, Auron compare meritatamente all’interno dell’articolo “The 30 characters who defined a decade” della rivista Game Informer del dicembre 2010. La figura di Auron apre le porte della riflessione e, per certi versi, al termine del gioco le chiude; la sua saggezza propone, al videogiocatore, una riflessione che si ripete continuamente attorno alle stesse tematiche, eppure, ad ogni passo che il videogiocatore compie verso Zanarkand, questa riflessione si arricchisce di spunti sempre nuovi e via via immensamente più profondi. Il merito di ciò va al fatto che il nostro personaggio è assolutamente singolare, diverso da tutti gli altri, perché solo lui conosce la verità, solo lui ha fatto esperienza delle vere conseguenze del sommo sacrificio. Il problema, pertanto, è un problema reale, fattuale, connaturato alla stessa esistenza umana; Auron ci ripropone, con grande carisma e saggezza, la tanto amara dicotomia tra conoscenza e sofferenza, tra verità e dolore, tra realtà e morte.

Saggezza e ConoscenzaNell’incipit della Critica della Ragion Pura, Immanuel Kant sentenzia: “Non v’è alcun dubbio che ogni nostra conoscenza principia dall’esperienza”. Questo è un nodo cruciale all’interno della nostra riflessione, poiché Auron, compiendo già una volta il pellegrinaggio, è l’unico che conosce la verità; ciò lo rende depositario di un sapere che trascende la credenza. Questa è la ragione per cui Auron è, con ogni diritto, un saggio, un “sophos”. Eppure c’è una riflessione che vale la pena effettuare, una riflessione che questo personaggio ci invita a fare con la forza e la decisione che solo la delicatezza è in grado di possedere: Auron intraprende il viaggio, e accompagna il videogiocatore, senza mai rivelare palesemente la verità dei fatti; il motivo di questa scelta è eminentemente filosofico, quasi disarmante se si è in grado di coglierlo: egli non rivela la verità, poiché non esiste verità “rivelata”, egli non esterna la sua conoscenza, poiché non esiste conoscenza che prescinda dall’esperienza. Questo è l’insegnamento di Auron. In questo senso vanno lette e interpretate le sue parole quando afferma:

Adesso! Ci siamo! È ora di scegliere! Morire fuggendo dal dolore, o vivere affrontandolo! Plasmate la vostra storia con le vostre mani!

Solo la conoscenza che muove dall’esperienza può dare il potere di plasmare la propria storia. La verità rivelata e la conoscenza nozionistica muovono l’essere umano in modo subdolo e incosciente; l’esperienza, invece, concede il dono della consapevolezza, della certezza, della realtà. Il compito di Auron, quindi, non è quello di rivelare la verità, ma quello di condurre i suoi compagni, e con essi il videogiocatore, all’esperienza della verità. Un compito decisamente arduo, ma che egli porta a compimento con grande carisma e saggezza. Egli conduce il videogiocatore alla consapevolezza che sapere e credenza sono due cose da tenere distinte, e che, alle volte, non è sempre sbagliato dubitare di ciò che si crede. Egli conduce i suoi compagni a comprendere che il vero male non è Sin, bensì la sua intrinseca necessità. Questa è la vera battaglia. Una verità che non può essere rivelata, poiché Auron, a conti fatti, è il solo che ne ha già fatto esperienza.

Spira…la MorteAlla luce della verità, Spira ricorda, molto da vicino, il mondo nato dall’immaginazione di George Orwell nel suo celebre romanzo “1984”; Spira è un mondo in cui la menzogna è realtà e la verità è un puro blasfemismo. La lotta di Auron si tinge, quindi, di nuovi significati, significati più profondi, più importanti, più etici. Mentre il viaggio del videogiocatore è un viaggio verso la verità, il viaggio di Auron è un viaggio verso la liberazione. Una liberazione che è di se stesso e di Spira. Una liberazione dal sapore decisamente “romantico”, poiché non è liberazione dal dolore, ma dalla Morte. Alla fine di tutto, si dipana, dinanzi al videogiocatore, la certezza che il viaggio del nostro personaggio sia stato un viaggio solitario, una seconda occasione per un uomo che la meritava, un viaggio che non poteva trovare fine migliore: il meritato trapasso. Vivere nella menzogna? O lottare per cercare e proteggere la verità? Salvare gli abitanti di Spira non significa dare la vita per loro, ma liberarli, dando la vita se necessario, dalla menzogna e dalla Morte; il viaggio di Auron è, a conti fatti, un atto di ribellione contro ciò che Spira rappresenta, e, ancora una volta, torna calzante il paragone con Orwell.

Gli invocatori muoiono lottando contro Sin, depositario di morte. I guardiani danno la vita per proteggere gli invocatori. Gli intercessori sono anime dei defunti e i maestri di Yevon sono dei non-trapassati. Su Spira regna la morte… Solo Sin rinasce, e genera ancora morte. Questo è un circolo di morte, un’infinita spirale.

La vita di Auron è una battaglia per spezzare questa spirale di morte, affrontandola a viso aperto e accettando le sue estreme conseguenze. La figura di Auron riesce a colpire il videogiocatore sin dal primo istante; estremamente carismatico, ci ricorda quanto sia importante, per un uomo, avere delle esperienze, rifiutando con forza ogni forma di menzogna. Giunti al confronto finale, Yuna e i suoi compagni devono compiere una scelta: pillola blu, o pillola rossa? Un dilemma metafisico sempre valido e, purtroppo, sempre attuale: verità, o finzione?Final Fantasy X è un viaggio, un viaggio verso Zanarkand, e, per sua natura, il viaggio è un qualcosa che arricchisce le coscienze e gli spiriti di coloro che lo compiono. In questo senso, il videogiocatore profondo, che porta a compimento questo gioco, ne esce arricchito, poiché ogni esperienza del nostro oggi lascia un’impronta indelebile nel nostro domani. Eppure, nello stesso tempo, ne esce svuotato, poiché ciò che è compiuto si lascia alle spalle il solo ricordo.

La figura di Auron è, e resta, una figura epica; una figura che trasuda una saggezza a tratti incomprensibile, ma allo stesso tempo decisa e palese. Il suo viaggio si rivela carico di temi profondi e di portata metafisica, ma soprattutto si rivela indimenticabile per tanti videogiocatori. Ancora una volta, chiudo con una frase che racchiuda al meglio le riflessioni condotte:

La ragione umana viene afflitta da domande che non può respingere, perché le sono assegnate dalla natura della ragione stessa” (Immanuel Kant)

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