Ricreare la Bolivia, grande 4 volte l’Italia per due terzi tropicale e il resto montuosa, costantemente a contatto con un narcotraffico scritto nel tessuto sociale stesso della nazione, non era per niente un compito facile per i ragazzi di Ubisoft.
A ciò va anche anche aggiunta la necessità di inserirvi al suo interno un mix di meccaniche prese fra quelle degli open-world odierni e quelle di un brand che, tra Tom Clancy’s e Ghost Recon, è andato a garantirsi alcuni tratti distintivi sempre più forti e apprezzati: tanti elementi che hanno richiesto delle chiarificazioni immediate che vi abbiamo mostrato tramite la nostra recensione in corso. Ora, invece, con il counter delle ore giunto parecchio più in là, siamo pronti a fornirvi un quadro in tutto e per tutto definitivo di quanto il gioco è attualmente in grado di offrire.
Sui pendii della narrativa
Il nostro obiettivo ultimo, come anche costantemente ricordato dai video, a partire da quello introduttivo, è arrivare a sconfiggere El Sueno, a capo del cartello Santa Blanca, unica istituzione a tenere il potere nel paese. L’Unidad, infatti, polizia di stato, si oppone solamente di facciata alle scorribande del cartello permettendogli qualunque tipo di affare senza che esso possa venir ostacolato. Ovviamente non mancano i ribelli che, per quanto spinti da un sentimento nobile, non hanno però le forze per contrapporsi al regime totalitario. In questo contesto ci siamo noi, mano esecutiva di un governo americano che ha deciso di intervenire e liberare la nazione.
La storia si sviluppa integralmente tramite le missioni che saremo portati ad affrontare e potrà essere arricchita di particolari e informazioni aggiuntive tramite i dossier che, a più riprese, troveremo durante l’esplorazione della mappa di gioco.
Questa particolare struttura ha permesso agli sviluppatori di mettere in piedi una narrazione curata, ma sostanzialmente non prioritaria nel quadro generale dell’esperienza. Qualora dovessimo prestare attenzione ai testi li troveremmo ben realizzati, con dovizia di particolari e continue manifestazioni dello studio che vi sta dietro, ma più volte, al termine di una missione, saremmo portati alla prossima dalla struttura del gameplay piuttosto che dalle informazioni ottenute, andando a identificare nella mappa tattica il nostro primo e unico riferimento. Il sistema si adatta meravigliosamente alle esigenze del formato “open-world a missioni”, ma purtroppo fallisce nel farci interessare alle vicende di Ghost Recon Wildlands e dei diversi buchones, i luogotenenti di El Sueno e nel trasmettere la stessa carica drammatica che le immagini a schermo associate al fenomeno del narcotraffico dovrebbero suscitare in noi.
Una Bolivia tutta da scoprire
La stessa attenzione è quella che ha permesso di realizzare una Bolivia su larghissima scala che rievoca a ogni vista e a ogni scorcio la controparte reale, che ci permette di trovare statue della santa muerte sparse per l’area di gioco, così come sentieri di montagna utili per condurci sulle cime di esse. La varietà della mappa non lascia spazio a critiche, visto che le diverse zone, sotto l’influenza degli altrettanti buchones, sono rappresentate da biomi fra loro unici. Il sistema di strade asfaltate, e non, percorre capillarmente tutta la mappa così da rendere raggiungibile ciascun luogo, anche se spesso dati i tornanti che pennellano i versanti delle montagne è più semplice ricorrere a elicotteri e aerei.
Le attività da svolgere, per quanto di un’infinità di tipologie differenti, si rifanno sempre al modello classico suddiviso nelle fasi di scouting, valutazione dei pericoli, strutturazione del piano e azione. Alcune richiedono un approccio stealth poichè devono essere eseguite nell’ombra e senza attirare l’attenzione dei nemici, mentre altre permettono invece uno sviluppo più dinamico. L’uno non è esclusivo dell’altro a patto di garantire uno sforzo coordinato con i propri compagni di squadra. Il colpo sincronizzato, per esempio, funziona alla grande sia in singolo sia in cooperativa e permette la risoluzione rapida di un pattugliamento nemico. Superato il senso di scoperta iniziale e una volta analizzate tutte le diverse tipologie di missione, il vero fulcro del divertimento lo si troverà principalmente nell’inventare nuove tattiche con i propri compagni, per attivare un livello di difficoltà più alto o velocizzare la risoluzione dei compiti. Le coperture, disposte su tutta la superficie della mappa, rendono possibile davvero posizionarsi in ogni dove; solo alcuni punti deboli però lasciano accesso alle roccaforti più protette, e a dettare gli assalti più ardui ci saranno movimenti abbastanza “guidati”.
Durante la partita è possibile affrontare le missioni proposte da quelli in squadra, indipendentemente dal punto raggiunto nella storia dall’uno o dall’altro, così da agevolare ancora di più le possibilità di matchmaking.
Quanto cambia l’esperienza in singolo o in multi
A questo proposito ci sembra giusto dedicare la nostra attenzione alla grossa differenza che separa la modalità single player da quella coop. Quando affrontiamo l’avventura offline o volontariamente in singolo, abbiamo sempre a fianco tre compagni governati dall’intelligenza artificiale. Per quanto sia possibile dar loro indicazioni di base, difficilmente riusciremo a sfruttarli per altre attività oltre a un colpo sincronizzato, ulteriore potenza di fuoco e ogni tanto il marking dei nemici sulla minimappa; scordiamoci dunque una buona copertura, un diversivo, o un’incursione combinata.
Avere degli amici su cui contare è, dunque, fondamentale per far esprimere al gioco tutte le sue potenzialità, dato che spesso la tatticità di Ghost Recon Wildlands risiede proprio nella gestione delle molteplici criticità che una missione di infiltrazione o di recupero mette sul cammino. Più si è, più si ha la situazione sotto controllo, tanto che si vede il gioco cambiare radicalmente sotto i propri occhi qualora lo si affronti in due, in tre o in quattro.
Potenziamenti per tutti i gusti
L’evoluzione del personaggio e con lui anche quella del suo arsenale, vanno di pari passo con l’esplorazione della mappa. Scoprire nuove zone e quindi eseguire le missioni proposte, principali e secondarie, ci fa salire di livello e quindi acquisire punti abilità, altrimenti ottenibili tramite il raggiungimento di luoghi speciali segnalati sulla mappa tattica. Assieme a questi incontreremo delle scorte di quattro diversi tipi, ognuno utile a sbloccare o potenziare le abilità. Si è così portati a specializzarsi in una categoria per contribuire nel migliore dei modi in una determinata fase degli assalti della propria squadra. Purtroppo un buon avanzamento tra i rami dell’albero delle skills sarà necessario solo contro i buchones più forti e ai livelli di difficoltà più elevati e lo stesso vale per le armi. Tantissime e personalizzabili nei minimi dettagli così da adattarsi meglio al ruolo e allo stile di gioco di ciascun giocatore, ma le cui differenze si arriva a percepirle solo portando all’estremo la difficoltà e calibrando al dettaglio ogni singolo parametro della missione. Nel caso in cui fossimo alla ricerca di un minore livello di sfida sarebbe comunque possibile godere di tutto ciò senza però reiterare costantemente la fase di preparazione.
Date le premesse sopra raccolte, è inevitabile che il fattore longevità, escludendo dall’equazione le ore spese per portare al termine l’avventura, sia abbastanza variabile. Esplorare interamente la mappa affrontando tutte le missioni che ci capitano sotto tiro potrebbe rendere l’esperienza letteralmente infinita, ma senza opportuni accorgimenti potrebbe anche farci cadere facilmente in una fruizione difficoltosa del titolo e quindi nella noia. Il gioco mette, infatti, a disposizione un divertimento incontestabile a patto di creare quella situazione in grado di esaltarlo a dovere che comprende: la modalità cooperativa, un livello di difficoltà da difficile in su e una disabilitazione parziale o completa dell’HUD di gioco.
Tecnicamente Ghost Recon Wildlands (sia su PS4 sia su PS4 Pro), come già anticipato nella recensione in corso (di cui vi consigliamo caldamente di recuperare il paragrafo dedicato), conferma purtroppo alcune lacune tecniche, denotabili soprattutto in glitch grafici, qualche problema nella mira in uscita dalle coperture e in problemi di matchmaking. Per fortuna il motore di gioco offre davvero tanti altri aspetti che bilanciano il valore della produzione, come un buonissimo impatto grafico, un’ampiezza impressionante della mappa, zero caricamenti e una densità di avamposti e npc invidiabile.
Troviamo all’appello il doppiaggio italiano, peraltro molto buono, che rende giustizia ai personaggi del gioco, di cui Luca Ward è incoronato portavoce nei panni di El Sueno che sentiremo spesso alla radio durante i nostri viaggi per la Bolivia. Ottima anche la colonna sonora, che cavalca le sonorità sudamericane per contestualizzare maggiormente il già ben realizzato mondo di gioco.
– Mappa immensa, ricca e ben caratterizzata
– I testi sono scritti con dovizia di particolari
– In cooperativa può causare dipendenza…
– La tatticità trova una sua dimensione nell’open-world…
– Un po’ troppi problemini tecnici
– … in singolo non decolla
– … ma non è quella a cui la serie ci ha abituato
8.0
Ghost Recon Wildlands è un titolo dalla doppia faccia, che lo si giochi in singolo o in cooperativa con altri tre giocatori. In gruppo il gioco mette a disposizione una mappa immensa, ricca e ben caratterizzata con ore e ore di missioni affrontabili, un sistema di progressione efficace e completo, e delle meccaniche open-world che non sacrificano la tatticità della serie, a patto di ricercarla alle difficoltà più elevate e negli assalti alle fortificazioni più protette. In singolo, invece, l’intelligenza dei propri compagni deficitaria, la narrativa non determinante nelle dinamiche del gioco e qualche magagna tecnica non fanno decollare la fruibilità del titolo che, al di là della campagna principale, comunque godibile per la varietà di missioni offerta.
Voto Recensione di Tom Clancy's Ghost Recon: Wildlands - Recensione