Parte oggi in pompa magna la nostra nuova, nuovissima, rubrica dedicata al modo dei videogiochi forte di un bollino PEGI 18 grosso così. Parleremo di sexy cosplayers che hanno dimenticato a casa i bei vestitini nonostante fuori faccia meno venti? No di certo. Parleremo delle belle donnine che popolano sempre di più, giorno dopo giorno, il mondo dei videogiochi? Nossignore. La nostra rubrica sarà vietata ai minori di diciotto anni poiché solo i più stagionati tra i lettori avranno chiaro di cosa si parla, tendendo a farsi scendere la lacrimuccia, in un impeto passionale di nostalgia canaglia. E tutti gli altri? Beh, gli altri potranno continuare a leggere e meravigliarsi di conseguenza. E perché no, magari farsi due risate e conoscere qualche aneddoto interessante della storia dei videogiochi. Perché se oggi si gioca e ci si lamenta di un gioco che non tiene stabili 60fps, forse è perché si è dimenticato di come un tempo, nel buio di fumosi scantinati adibiti a sale giochi o a casa di amici particolarmente facoltosi e ospitali, ci si forgiava i pollici in lunghe sessioni ad 8-bit e stereo mono. Capire di cosa parleremo in questa nuova rubrica è facile, e in molti ci saranno già arrivati. Si parlerà delle console che hanno fatto storia, delle serie di videogiochi entrati di prepotenza nell’immaginario collettivo e di tutti quei progetti naufragati nell’indifferenza e nello spernacchiamento generale. Tutto ciò, ovviamente, infarcito da gustosi aneddoti che faranno chiarezza su alcuni aspetti fondamentali della storia videoludica. Dunque, da chi cominciare? Di certo da uno dei re della nostra epoca, eco del passato che si riflette ancora nei milioni di dispositivi portatili che si utilizzano oggigiorno e cioè il Game Boy. Uno che nel 1998, anticipando ogni moda, permise a tutti di farsi il primo selfie.
Game Boy: la potenza è nulla senza controllo. Anzi, è nulla e basta.
Chiedere a qualcuno se conosce il Game Boy è come chiedergli se conosce Johnny Depp. Se tra le console portatili vi è mai stata una superstar assoluta, quella è stato il Game Boy. Un apparecchietto poco -etto e poco tascabile di quasi quattrocento grammi, concentrato di tecnologia e design dell’epoca che si prefigurava come la console portatile definitiva. Con un processore a 8-bit, una RAM da 8kb – avete capito bene, da otto KB non GB- e un display LCD verdognolo con risoluzione 160 x 144 pixel sul quali molti di noi hanno perso un paio di diottrie, il Game Boy, gioiello della tecnica, si presentò come uno dei primi dispositivi elettronici low cost a largo consumo. Che del tipo oggi, con lo stesso hardware, non si riesce a far girare bene nemmeno una calcolatrice. Ancora ben lungi dall’era delle memory card, il Game Boy non aveva una memoria di salvataggio e dunque per salvare i progressi di gioco si affidava alle batterie tampone che si trovavano all’interno delle cartucce stesse. Il gioco veniva salvato sì, ma all’interno della cartuccia e non del dispositivo. Esplose proprio in quegli anni la tendenza delle imprecazioni in età quasi pre-scolare, quando, per lo più ignari di qualunque apparato tecnologico, i più prestavano agli amichetti le cartucce con i salvataggi e le si rivedeva tornare indietro con i salvataggi cancellati e sovrascritti. Chi scrive ci ha perso un Super Mario Land 2 completato al 100% e un paio di amichetti sciolti successivamente nell’acido.
Questione di calcoli (renali).
Il Game Boy si affaccia sul mercato giapponese in data 21 aprile 1989 dopo alcuni anni di progettazione. Il suo ideatore e sviluppatore é Gunpei Yokoi, uno che in vita sua non aveva fatto un granché se non quello di rivoluzionare l’industria dei videogiochi inventandosi la croce direzionale e la fortunata serie dei Game & Watch ( di cui magari parleremo un’altra volta). In mano a lui, sotto la direzione di Hiroshi Yamauchi e grazie all’aiuto del matematico russo Alexey Pazhitnov, fino a quel momento sconosciuto anche alla propria madre, il Game Boy era pronto al lancio.
Con un previsione di vendita di circa tredici milioni di esemplari nei primi cinque anni di vita della macchina, Nintendo commise uno degli errori matematici più fortunosi della storia. Solo nei primi sei mesi di vendite, l’accoppiata Game Boy e Tetris, il gioco creato da Pazhitnov che tuttora popola gli incubi di milioni di giocatori con le sue musiche filo sovietiche, vendette talmente tanti esemplari che Nintendo cambiò in fretta la sue strategie di mercato. La casa della grande N portò Game Boy a sbarcare prima in America sul finire del 1989 e poi, un anno più tardi, in Europa. Pensate solamente che in tre anni Game Boy vendette circa venticinque milioni di unità attestandosi fin da subito come una delle console più vendute di sempre. Al referto finale, fino al giorno della sua dismissione nel 2003, Game Boy ha venduto circa 120 milioni di esemplari detenendo il record di console più venduta al mondo per molto tempo, scalzata solo successivamente da Playstation 2 e dal furbetto Nintendo DS (forte della grande base di utenti lasciata da Game Boy).
A prova di bomba, nello spazio e contro il sessismo.
Nell’arco della sua esistenza, il Game Boy ha battuto tanti record e ha fatto segnalare molte curiosità. Che fosse resistente e duraturo molti di noi lo hanno scoperto sulla propria pelle: lanciato da un tavolo, da un divano o da una bici in corsa, difficilmente si rompeva a tal punto da essere inutilizzabile. Beh, qualche linea di pixel saltava qui e lì è vero, il pannello di protezione dello schermo LCD si scollava, il vano delle batterie perdeva i dentini ed era inservibile se non con una bella ripassata di scotch, ma alla fine, acciaccato e mai domo, il Game Boy continuava a funzionare. La leggenda metropolitana che il Game Boy fosse a prova di bomba venne dimostrata scientificamente solo qualche anno più tardi, quando nel Nintendo World Store di New York venne esposto un Game Boy perfettamente funzionante sopravvissuto allo scoppio di una bomba durante la Prima Guerra del Golfo. Di certo uno dei Game Boy più (soprav)vissuti della storia.
Oltre ad essere sopravvissuto ad un bombardamento, il Game Boy può fregiarsi di essere stata la prima console ad essere andata nello spazio. L’astronauta russo Aleksandr A. Serebrov portò il suo Game Boy con sé nel 1993, quando partì in missione sulla stazione MIR. Potendo scegliere un solo gioco da portare con sé, indovinate quale portò? Sì, proprio lui: Tetris, che fantasia. E poi accusano noi italiani di portarci il caffè da casa, qualunque paese vogliamo visitare. Tempo dopo, alla domanda cosa vuoi fare da grande, dopo l’astronauta e il soldato, il Game Boy sembrerebbe aver risposto “Voglio impegnarmi nelle causa civile contro il sessismo e la discriminazione”. Non a caso, infatti, fu proprio con il Game Boy che l’universo femminile cominciò ad avvicinarsi all’universo videoludico. Dati alla mano, su NES solo il 29% degli utenti era di sesso femminile, con il Game Boy si arrivò a superare la soglia del 50%. Ora, spero vivamente che molti di voi non si sentano meno virili per questo. Ammettetelo, a Kirby’s Dream Land ci abbiamo giocato tutti, nessuno escluso. Insomma, ben lontani da qualunque dilemma ambientale sul fatto del riciclaggio di batterie potenzialmente mortali per l’ambiente, con le sue quattro possenti pile stilo che garantivano decine e decine di ore di gioco, con alcuni dei titoli più venduti nella storia dei videogiochi (Tetris, distribuito in 35 milioni di esemplari, e Pokémon, distribuito in circa 45 milioni di copie sommando Rosso, Blu, Giallo, Oro e Argento) e con alcuni degli accessori più desiderati dell’epoca (come la Game Boy Camera che permetteva di farsi già nel 1999 i primi selfie), il Game Boy è entrato prepotentemente nell’immaginario collettivo videoludico, posandosi come pietra miliare per le generazioni a venire.
Nonostante il suo successo sia stato fulgido, tra il finire degli anni ’80 e primi anni ’90 di contendenti agguerriti non ne mancarono. In molti di voi ricorderanno l’acerrimo nemico del Game Boy per antonomasia, e cioè il mostro ciuccia-batterie Game Gear, così luminoso e colorato, o le lotte intestine per la supremazia del mercato tra Sonic e Mario che sfociarono in vere e proprie battaglie di marketing sulle riviste dell’epoca. Ma questa, se ne vorrete leggere ancora, è tutta un’altra storia.
Chiunque abbia tra i venticinque e i quarant’anni, non può non ricordarsi del Game Boy, la prima vera console di gioco portatile. Economica, ben trasportabile nei jeans larghi di inizio anni ’90, di facile utilizzo e con un parco giochi di migliaia di titoli, Game Boy ha conquistato presto la fiducia e l’amore di milioni di videogiocatori che, senza troppo stare a giudicare la grafica, bug o rallentamenti vari, miravano al cuore dei videogiochi dell’epoca: il divertimento.