L’arca di Noè videoludica è pronta ad erigere un nuovo eroe strampalato. Dopo Goat Simulator, che ha portato alla ribalta le roboanti avventure di una intrepida capra, è ora il turno di Octodad, un simpatico, quanto goffo, polpo che grazie ad una elegante giacca di velluto si è perfettamente integrato nella società umana che ne ignora le origini marinaresche. Il progetto, nato nel 2010 da un’idea di alcuni brillanti studenti statunitensi, ha preso vita commerciale grazie alla consueta campagna di crowdfunding su Kickstarter, e dopo aver divertito l’utenza PC, è pronto a ripetersi su PlayStation 4.
Polpo con patata
L’incipit catapulta subito il giocatore nel nonsense che caratterizza la produzione: il nostro intrepido Octodad è infatti in procinto di sposarsi con una ragazza umana, da cui genererà persino prole. Due bambini fatti e finiti, privi di tentacoli (il maschietto, perlomeno in bella mostra), e che portano immediatamente a dubitare della fedeltà della moglie. Del resto “mater semper certa est, pater numquam”. Lo scopo del gioco, fin dalle prime battute, è di ordinaria follia: dovrete recitare il ruolo del marito e del padre perfetto, preparando la colazione ai vostri figli, tagliando il prato, e servendo un gustosissimo pranzo a base di hamburger e patatine. L’anormalità risiede ovviamente nei movimenti a dir poco “impacciati” del protagonista: il quid utile a distinguersi dall’anonimato riguarda quindi il folle sistema di controllo, grazie al quale ogni arto viene gestito indistintamente tramite le due levette analogiche e la pressione dei grilletti superiori. Una soluzione che, pur lontana dall’essere funzionale a tutto tondo, riesce comunque ad accattivare e a mantenere viva l’attenzione, fino alla frustrazione delle fasi più avanzate, in cui è necessario abbinare precisione e destrezza. E vi assicuriamo che non è affatto facile!
Emerge quindi il primo, grande difetto dell’opera. Se nella prima parte l’approssimazione dei controlli, unita a una telecamera fissa spesso mal posizionata, non inficia minimamente lo svolgersi delle mini-missioni, altrettanto non si può dire della seconda, in cui vere e proprie fasi stealth vi obbligheranno a numerosi tentativi prima di raggiungere l’agognato checkpoint. Lo stesso level design appare raffazzonato, e non permette lo studio di tattiche elusive vincenti. L’unica arma a propria disposizione è l’abilità nell’addomesticare al meglio i fragorosi tentacoli, ben consapevoli che il fattore fortuna sarà più influente dell’abilità pura.
Sushi di Polpo
Come ogni videogioco che si rispetti, anche in Octodad esiste un cattivone. In questo caso si tratta di un iracondo Chef, l’unico ad essersi accorto della reale natura del nostro alter ego, e desideroso di trasformarlo in gustosissimo Sushi. La sua presenza, pur trascurabile dal punto di vista strettamente psicologico, è necessaria per lasciare trasparire un importante messaggio. Nonostante la cornice ironica e giocosa, il tema di fondo riguarda l’integrazione di un “diverso”, argomento di attualissima importanza, che viene finalmente affrontato anche da un medium “giovane” come quello dei videogiochi.
L’unione di comicità e tematiche socialmente rilevanti è sicuramente un buon punto di partenza, ma non è sufficiente se ci troviamo di fronte ad un prodotto che, prima di tutto, deve divertire. Sarebbe ingeneroso dire che Octodad non strappa qualche sorriso, soprattutto per la marea di guai che derivano dai complessissimi controlli, ma è altresì innegabile che l’esperienza, dal punto di vista puramente ludico, è molto povera. La struttura a sandbox, in cui girare in aree più o meno estese per portare a compimento un elenco di compiti, è infatti l’emblema di un prodotto che riesce a non stufare solo in virtù della bassissima longevità, attestabile intorno alle due ore. In caso contrario il gameplay fine a se stesso risulterebbe stucchevole, ed ammorberebbe anche il giocatore più coriaceo.
A limiti strutturali evidenti si sommano purtroppo altri problemi di natura tecnica: se graficamente il titolo appare gradevole, anche se lontano dalle potenzialità di PlayStation 4, abbiamo purtroppo riscontrato alcuni fastidiosi bug sonori, che hanno portato alla fastidiosa intermittenza, o addirittura alla totale scomparsa, dell’audio. Altrettanto critica è la questione telecamere: occupando la levetta analogica destra per i movimenti degli arti, gli sviluppatori hanno optato per un sistema di inquadrature automatico, che tuttavia spesso e volentieri non offre la migliore ripresa. Tra le alternative in mano al team, vi era probabilmente la possibilità di relegare al Touchpad tale incombenza, magari mixando telecamera fissa con un facoltativo cambio di visuale.
Il gioco non presenta alcun tipo di localizzazione in italiano.
– Interessante gestione dei controlli…
– Fuori di testa
– Affronta, con grande ironia, tematiche importanti
– Modalità cooperativa
– …anche se purtroppo, specie nelle fasi avanzate, risultano frustranti
– Telecamere non sempre impeccabili
– Qualche bug nell’audio
Giudicare un prodotto come Octodad: Dadliest Catch non è un compito facile. Siamo di fronte ad un’idea sicuramente molto originale, in grado di dare rilevanza a una tematica dei nostri tempi, quella dell’integrazione sociale, in una salsa ironica e giocosa capace di strappare più di un sorriso. Il problema di fondo è puramente ludico: se è vero che la goffaggine del personaggio riveste un ruolo di straordinaria importanza, allo stesso tempo le azioni da compiere raramente regaleranno alcun genere di sussulto. Il gioco è quindi consigliato ai ragazzi che sono alla ricerca di un prodotto strampalato con cui farsi quattro risate insieme agli amici, anche in virtù dell’interessante modalità cooperativa che prevede, per ogni giocatore, l’utilizzo di un arto differente, per una versione “virtuale” di Twister davvero spassosa. In caso contrario il prodotto difficilmente riuscirà a conquistarvi, e per 14,99€ il PlayStation Store offre sicuramente alternative migliori.