Occhio Critico - Tomodachi Life

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Il web è un animale strano, imprevedibile, poliedrico: è uno strumento potentissimo, che ha dato forza alle masse ma, come tutti gli strumenti fortemente democratici, ha inevitabilmente dato voce anche a molti imbecilli.L’ultima tempesta mediatica che lo sta percorrendo riguarda Nintendo, e, più specificatamente, la sua decisione di non includere la possibilità di intrattenere relazioni omosessuali all’interno di Tomodachi Life, titolo peraltro non ancora uscito ufficialmente qui da noi: potrete leggerne la recensione completa sulle nostre pagine nelle prossime settimane, comunque.Avendo dedicato molto più tempo di quello che avrei immaginato a questo titolo nelle ultime settimane (grazie anche all’entusiasmo della dolce metà, solitamente refrattaria ad ogni tipo di esperienza videoludica), mi sento di dare il mio contributo a questa “querelle” a titolo del tutto personale, come sempre faccio nella rubrica Occhio Critico.

(molto) Breve riassuntoPer chi si fosse perso le ultime puntate della telenovela, ecco un brevissimo sunto: Tomodachi Life è un bizzarro simulatore di vita, un prodotto intimamente giapponese sulla cui natura non mi dilungherò, rimandando tutto alla recensione di Spaziogames.Vi basti sapere che è possibile intrecciare in esso relazioni di amicizia come di amore, e il fatto che queste ultime siano possibili solamente tra membri di sesso opposto ha indignato milioni di utenti (stime derivate dalla shitstorm generatasi tra forum di tutto il mondo ed editoriali al vetriolo), trasformando Nintendo dalla mamma di tutti i videogiocatori alla matrigna che nemmeno quella di Cenerentola.Grazie alla potenza di internet, la cosa è cresciuta a dismisura nel giro di poche ore, tanto da costringere Nintendo, che inizialmente aveva tentato una goffa difesa, a scusarsi con tutti i videogiocatori la cui sensibilità è stata urtata e a promettere, per eventuali futuri capitoli, l’inclusione delle relazioni omosessuali (“We pledge that if we create a next installment in the Tomodachi series, we will strive to design a game-play experience from the ground up that is more inclusive, and better represents all players”, recita il comunicato ufficiale diffuso poche ore fa).Per chi se lo stesse chiedendo, e per evitare che anche il forum di Spaziogames diventi un ginepraio, sono un convinto sostenitore dei diritti degli omosessuali e ritengo che Nintendo avrebbe fatto una figura di certo migliore a lasciare la scelta nelle mani dei giocatori, piuttosto che scegliere per loro.Al contempo, sono una persona che cerca di andare oltre la condanna sbrigativa e semplice, mi piace scavare e provare a mettermi nei panni del giudicato, oltre che in quelli del giudice, e chi segue questa rubrica lo sa bene.Ecco perché vorrei sottolineare qualche punto che sembra essere sfuggito alla folla internettiana coi forconi e le torce accese.

Cultura e marketingSi farebbe un torto alla realtà dei fatti, a mio parere, a non considerare due elementi di non poco conto in questa situazione: uno di ordine culturale e uno, non meno importante, di ordine commerciale.Partiamo dal primo: Nintendo è un’azienda giapponese, e come poche altre nel mondo, è fortemente radicata all’interno della sua cultura di appartenenza. Tutti lo siamo, e le aziende, essendo fatte di persone, non fanno eccezione.Per la casa di Kyoto questo assunto è particolarmente vero, perché moltissimi dei software pubblicati negli anni si sono dimostrati così legati all’immaginario e alla cultura nipponica da risultare difficilmente digeribili per l’utente occidentale, seppure con clamorose eccezioni (Animal Crossing su tutte): basti pensare che la saga di Tomodachi Life è vecchia di cinque anni, e che solamente a giugno varcherà i confini natii, perché ritenuta troppo “giapponese” per attecchire nella cultura occidentale.La scelta di provare a lanciarla anche da noi è figlia del successo riscontrato lo scorso anno da Animal Crossing New Leaf (parzialmente assimilabile per meccaniche di gioco e umorismo), ma anche delle difficoltà finanziarie con cui Nintendo si sta confrontando: se nel 2009 non c’era bisogno di rischiare, nel 2014 conviene localizzare un software preesistente e sperare che l’occidente lo apprezzi piuttosto che scommettere su una nuova (e costosa) IP.Quando è uscito, quindi, Tomodachi Life era dedicato al solo mercato giapponese, e, come tale, pur non includendo relazioni omosessuali di sorta, non ha suscitato alcun clamore né alcuna ondata di proteste, semplicemente perché il problema è visto da una prospettiva diversa, ammesso che esista.Mi spiego: differentemente dall’occidente (e in questa mia definizione includo principalmente Europa e Stati Uniti), in Giappone il dibattito sui diritti degli omosessuali è molto meno di attualità, soprattutto a causa di una società ancora molto conservatrice e ancorata a tradizioni millenarie e a usi e costumi probabilmente superati.Potrebbe sembrare un paradosso, eppure un paese che è avanti sotto tanti punti di vista (dall’edilizia antisismica all’efficienza della rete ferroviaria), si dimostra significativamente indietro nell’accettare e integrare gli omosessuali, che pure sono tollerati, a differenza di quanto avviene in altri paesi del mondo (Cina , Russia).Questa, che pure, lo ribadisco ancora una volta, non è una giustificazione, costituisce una spiegazione abbastanza evidente di come i videogiochi siano un prodotto culturale, e come tali siano figli di una società, di un modo di vedere la vita e di viverla, rapportandosi ad essa tramite le sovrastrutture culturali assorbite negli anni.Più che scandalizzarsi sul fatto che in Tomodachi Life manchino le unioni gay, bisognerebbe piuttosto chiedersi quando un paese civile e ospitale come il Giappone farà dei decisivi passi avanti nei confronti dei diritti degli omosessuali.

Business is businessFin qui l’aspetto culturale. Ma come ignorare quello commerciale? Nintendo non è una ONLUS, e come tale punta al profitto (e lo fa peraltro in maniera molto meno bieca di altri publisher che noi videogiocatori conosciamo bene…).Tomodachi Life è un prodotto classificato come un 3+ dal PEGI, l’organo di classificazione europeo preposto, e, in quanto tale, può essere giocato anche da un bambino che non si è ancora seduto tra i banchi di scuola.Come recentemente successo in Russia per il venturo The Sims 4, l’inclusione di rapporti omosessuali avrebbe portato ad un consistente innalzamento dell’età minima richiesta per fruire del gioco, che invece, nei piani di Nintendo, dovrebbe diventare anche per noi occidentali quello che è per i giapponesi, e cioè una buffa realtà virtuale in cui il proprio alter ego fa amicizia con una star di Hollywood piuttosto che con il Mahatma Gandhi.Ancora una volta: non che le esigenze commerciali debbano venir prima dei sentimenti delle persone (anche se spessissimo è così, e in Giappone anche meno che altrove…), ma visti anche i recenti risultati finanziari pubblicati dalla grande N, la scelta, da un punto di vista meramente commerciale, è più che comprensibile, anche perché la modifica in questione pare non fosse possibile con una semplice patch.In questo bailamme, se devo attribuire una colpa a Nintendo, è sicuramente di essere stata superficiale: l’occidente è da sempre un mercato vitale per la compagnia nipponica, e qui la situazione culturale è assai diversa, seppure ancora molto migliorabile.In fase di conversione del titolo, una ricerca di marketing nemmeno troppo approfondita avrebbe portato alla luce le divergenze culturali e la necessità di aggiustare il tiro, ma è pur vero che, riscrivere da zero il codice del gioco ci avrebbe riportato al punto di partenza.Di certo da questa storia Nintendo ha imparato a non sottovalutare l’importanza delle sfumature culturali, e ancor più la forza ignorante della rete, con cui anche Bioware aveva dovuto confrontarsi ai tempi della chiusura della trilogia di Mass Effect.

b>Tomodachi Life sarebbe stato un gioco migliore se avesse incluso le relazioni omosessuali? Probabilmente no.

Nintendo avrebbe fatto meglio a lasciar scegliere ai giocatori, piuttosto che imporgli una limitazione anacronistica?Di certo.

I giocatori omosessuali sono tantissimi, e hanno diritto di vedersi rappresentati tanto quanto quelli eterosessuali, ed è questo che accadrà (o almeno si spera) a partire dal prossimo capitolo della serie. Ma concentrarsi sui diritti e sulla condizione degli omosessuali nel Giappone moderno (e non solo) sarebbe sicuramente più utile che crocifiggere Nintendo in giro per i forum di tutto il mondo di Internet.

At least IMHO (parlando di forum, concedetemi l’acronimo).

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