Recenti dichiarazioni rilasciate al Xbox & Win 10 showcase di San Francisco da Phil Spencer, solitamente misurato nel rilasciare commenti via social network o nelle interviste, lasciano intravedere all’orizzonte la possibilità che Xbox One possa ricevere, nel corso del suo ciclo vitale, degli upgrade a livello hardware di non meglio identificata natura, probabilmente per portare le prestazioni al livello di quelle della diretta concorrenza, se non oltre.Se ai più giocatori più giovani questo potrebbe sembrare normale, soprattutto se giocatori PC, al sottoscritto, nel leggere queste dichiarazioni, si è accesa una infausta lampadina in testa, che porta il duplice nome di Sega Mega CD e Sega 32 X.Oggi, Occhio Critico si sofferma sulle nefaste conseguenze che una scelta simile potrebbe portare per Microsoft e per il suo pubblico.
Imparare dal passatoLe somiglianze tra Xbox One e Sega Mega Drive (Genesis negli Stati Uniti), a ben vedere, sono diverse: entrambe ottime console, entrambe premiate dai consumatori con dati di vendita di tutto rispetto ma inferiori a quelli della concorrenza diretta, che allora aveva il nome di Super Nintendo e oggi di Playstation 4, nei confronti delle quali tanto la macchina Sega quanto quella Microsoft denunciano una minore qualità delle performance e di “forza bruta” a livello puramente tecnico.Oggi, come allora, il management delle console seconde in gara pensa allora che aggiungendo freddi numeri all’equazione, e sorpassando in termini tecnici l’avversario, si possano ottenere risultati lusinghieri.Inutile dire che, oggi come allora, questa mossa si rivelerebbe un boomerang pericolosissimo per il colosso di Redmond, esattamente come fu negli anni ’90 per la casa di Sonic.Se è vero, infatti, che i possessori di PC pensati per il gaming sono abituati ad aggiornare il proprio hardware a cadenza semestrale o annuale, e che Microsoft sta tentando di ricreare un universo unico che comprenda i PC e Xbox One, il mercato console è (e sempre sarà, temo) profondamente diverso da quello PC, per fascia d’età dell’utenza, disponibilità economica, competenza tecnica e, in senso più ampio, concezione del videogioco in sé.Questo vuol dire che, come sperimentato da Sega vent’anni fa, montare improbabili accrocchi sulla console o rilasciare aggiornamenti hardware a distanza di mesi (e non più di anni) gli uni dagli altri porterebbe ad una frammentazione incredibile dell’offerta e getterebbe le masse di videogiocatori nel caos.Tutti coloro che scelgono una console invece di un PC da gioco lo fanno, spesso, per motivi come la comodità di poter giocare sul televisore del salotto (stravaccati sul divano), la semplicità di una user experience tipicamente plug and play (patch escluse) e la sicurezza di investire soldi in un hardware che garantisca loro quantomeno un lustro di divertimento: ognuno di questi capisaldi sarebbe messo fortemente in discussione se la possibilità di cui parlava Phil Spencer dovesse realizzarsi.
FrammentazionePurtroppo, la parola chiave, in questo caso, sarebbe “frammentazione”: ad ogni nuova uscita hardware, corrisponderebbe un adeguamento dei requisiti minimi e massimi da parte dei produttori di software, e, con essi, la capacità delle console “base” di far girare i prodotti più nuovi, esattamente come accade su PC quando si tralascia l’aggiornamento di elementi come la scheda grafica o la ram.Purtroppo, l’esperienza insegna che non tarderebbero ad arrivare prodotti pensati esclusivamente per sfruttare gli hardware più aggiornati, con la tempesta di lamentele che deriverebbe dalla fetta di utenza che, a fronte di una spesa iniziale di diverse centinaia di euro, si vedrebbe preclusa la possibilità di giocare ai titoli di ultimo grido.Questo per non parlare della confusione che si genererebbe ad ogni nuovo acquisto: non tutti presterebbero attenzione ai requisiti minimi, seppure chiaramente esposti sulla confezione (o nella pagina prodotto in caso di download digitali) per poi ritrovarsi dinanzi ad una schermata che li informa che il tale prodotto non gira (o gira con prestazioni quantomeno zoppicanti) sul loro hardware.L’ultima a tentare, seppure in modo soft, questa strada è stata Nintendo, che sul finire della scorsa generazione di portatili lanciò il DSi, bissando l’anno scorso con il New Nintendo 3DS: in entrambi i casi, i risultati di vendita e la ricezione del prodotto sono stati abbastanza deludenti, nel primo caso perché i titoli meritevoli sul neonato eShop erano davvero pochi, e nel secondo perché, a tredici mesi dal lancio europeo, le esclusive sono solamente due, e cioè un porting (seppure di un titolo eccellente) come Xenoblade Chronicles e un titoli indie disponibile su quasi tutte le altre piattaforme (The Binding of Isaac Rebirth).In ultimo, va valutato l’impatto economico di una scelta simile: non essendo stata appositamente pensata per questa soluzione quando fu lanciata, Xbox One è stata venduta ad un prezzo pieno (inizialmente anche più elevato della concorrenza per via di Kinect), che mal si sposerebbe con la necessità di rimettere nuovamente mano al portafogli nel corso del 2016 o del 2017 per quanti l’hanno acquistata.Se anche si volesse procedere per la strada degli hardware upgrade costanti, il prezzo di lancio della macchina base dovrebbe essere sensibilmente più basso, in modo da giustificare, in un certo qual modo, l’inevitabile esborso che il pubblico dovrebbe sostenere per mantenersi costantemente aggiornato.E tutte queste perplessità sono al netto del discorso legato agli interventi di montaggio e manutenzione, che richiederebbero un ulteriore sforzo economico da parte del pubblico e la necessità di rimanere sprovvisti della console per qualche giorno, il che, se in senso assoluto non rappresenta un dramma (andate fuori a giocare a pallone, ndR), potrebbe diventarlo per tutti quelli che subissano Microsoft, Sony e Nintendo di insulti non appena uno dei loro tre servizi online è down per un paio d’ore.
Coloro i quali hanno acquistato Xbox One al lancio o pochi mesi dopo non lo hanno di certo fatto per la potenza grafica, perché che le specifiche tecniche fossero leggermente inferiori a quelle di PS4 era cosa nota sin dall’inizio.
Piuttosto, il sottoscritto e tutti gli altri acquirenti lo hanno fatto per la favolosa user experience garantita dalla precedente console Microsoft, per la qualità del servizio Xbox Live, per poter giocare a serie esclusive come Gears of War, Halo, i vari Forza ed il prossimo Quantum Break.
Spero quindi che all’idea ventilata dal buon Phil Spencer non venga dato seguito, perché i problemi che ne deriverebbero sarebbero a mio avviso maggiori dei benefici.