Occhio Critico - Il nuovo corso di Xbox One

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Sembra passata un’era geologica dalla puntata di Occhio Critico in cui analizzavo lo stato di Xbox One, e di come, a causa delle clamorose ingenuità di Microsoft, la console con il marchio a X era passata dallo stato di motrice dell’industria videoludica a quello di traino, superata in grande stile da Playstation 4.Invece è passato “solo” un anno e mezzo, l’attuale generazione di console sembra aver (finalmente) preso piede e il quadro è cambiato completamente: la casa di Redmond ha intrapreso un percorso preciso, e, a quanto pare, decisamente virtuoso.

La scossaA parere di chi scrive (e non solo), la scossa allo stato comatoso in cui Xbox One versava nei primi mesi post lancio l’ha data Phil Spencer, che, prima di essere un brillante aziendalista, è un videogiocatore, uno che non ha mai fatto mistero della sua passione per il medium in tempi non sospetti.La virata decisa che la politica aziendale di Microsoft ha fatto, con Xbox One che è passata da centro dell’intrattenimento domestico a 360 gradi a console pensata primariamente per videogiocare, ostracizzando Kinect e relegando le funzioni televisive a mero orpello, è alla base di tutti i miglioramenti apportati all’esperienza dell’utente, e non solo in ambito prettamente ludico.L’interfaccia, che a breve verrà ulteriormente rivoluzionata dal maxi update annunciato per novembre, si è evoluta di mese in mese, con aggiornamenti regolari che, peraltro, non hanno mai gravato eccessivamente sull’hard disk interno della console, grazie a dimensioni generalmente contenute; discorso simile per il programma Game Preview, che avvicina la console Microsoft al mondo PC e alla pratica, ormai diffusissima (sebbene anche molto controversa) del dare in mano all’utenza prodotti ancora in corso di sviluppo, così da coinvolgere i giocatori nella programmazione e nella ripulitura del codice di gioco.L’esperimento sembra essere riuscito, a giudicare da quanti giocatori hanno popolato i server di Elite: Dangerous, giusto per fare un esempio.Il messaggio che si è voluto veicolare, e che ai giocatori è arrivato forte e chiaro dopo le ottime performance sia a Los Angeles, sia a Colonia, è che Xbox One è una macchina capace di regalare grandi esperienze di gioco, sebbene in fase di progettazione fosse stata partorita più come un device multimediale in cui i videogiochi in senso stretto erano solo una delle componenti: ecco allora che Phil Spencer si è rimboccato le maniche, ci ha messo la faccia (con la preziosa collaborazione del team che ne cura i profili sui social network) e ha sfornato un’ora e passa di giochi prima all’E3, dove il ritmo e la solidità della conferenza Microsoft sono stati offuscati solo in parte dagli annunci a sorpresa di Sony, e poi alla Gamescom, colpevolmente snobbata dal colosso giapponese e da Nintendo.Nonostante questo cambio di rotta, tuttavia, sarebbe stata dura risalire la china senza una line up di giochi di primissimo piano, e Microsoft, anche sotto questo punto di vista, non si è fatta trovare impreparata.

I giochiDopo un primo anno sostanzialmente povero di esclusive di un certo peso, con buona pace dei pur ottimi Forza Horizon 2 e Halo The Master Chief Collection, Microsoft ha messo al lavoro i suoi migliori team interni (bentornata, Rare) e ha investito in maniera sostanziosa per assicurarsi l’esclusività assoluta (Quantum Break) o solo temporale (Rise of the Tomb Raider) di alcuni tra i più ambiziosi progetti di terze parti.La lista, oltre ai titoli già citati, comprende, in ordine rigorosamente sparso, quel Forza Motorsport 6 fresco di pubblicazione, Halo 5 Guardians, Gears 4, ReCore, e ancora scommesse assai affascinanti come Gigantic, Sea of Thieves, Fable Legends e Cuphead, oltre, ovviamente, a multipiattaforma attesissimi come Dark Souls III, Star Wars Battlefront o Fallout 4.Con la gloriosa eccezione del Dreamcast, la differenza, quando si parla di console war e di vendite, l’hanno sempre fatta i giochi, e a Redmond qualcuno sembrava essersene dimenticato: è bastata una partenza ad handicap a riportare sui giusti binari la discussione interna a Microsoft, giusto in tempo per non perdere l’ultimo treno.Sì, perché, nonostante le vendite premino in maniera al momento abbastanza netta la programmazione e la lungimiranza di Sony, Xbox One sta vendendo meglio di quanto non avesse fatto, nello stesso periodo di vita, la sua antenata 360, che, a tutt’oggi, ha superato in scioltezza la soglia delle ottanta milioni di macchine vendute.La ciclicità della storia sembra essersi guardata allo specchio, stavolta: sono passati meno di dieci anni da quando la seconda console casalinga di Microsoft bruciava sul tempo la terza di Sony, rastrellando nuovi utenti e ponendosi come lepre per quasi tutta la generazione.Con Playstation 3, Sony era partita decisamente in salita, soprattutto a causa di costi proibitivi e un processore potente ma difficile da programmare, ma, imparando dai propri errori, ha saputo risalire lentamente la china, tanto che, a generazione conclusa, il numero di console vendute nel mondo da Sony e Microsoft finì per essere molto simile.La casa di Redmond sembra aver imboccato quindi la strada giusta, che la porterà, se non a “vincere” la generazione in termini commerciali, ad offrire alla sua utenza la migliore esperienza possibile, cosa che rappresenterebbe già una grande vittoria rispetto alla presentazione tutta a base di sport, TV e DRM del 2013.

C’è ancora da fareNon sono tutte rose e fiori, comunque, visto che, come sempre, c’è ancora spazio per migliorarsi: se la presentazione del nuovo controller Elite e l’implementazione del cross play con Windows 10 per molti titoli sono iniziative più che benvenute, la gestione dello store digitale di Microsoft e il supporto agli sviluppatori indipendenti offrono ancora ampi margini di miglioramento.Lo store digitale, rispetto a quello della concorrenza è ancora molto avaro nel proporre offerte e ondate di sconti ai giocatori, proponendo la stragrande maggioranza dei titoli a prezzo pieno (o quasi) anche a distanza di svariati mesi dal lancio: visto anche il pieno supporto agli hard disk esterni (che invece ancora latita sul versante Sony), non rendere il proprio catalogo digitale appetibile al pubblico è un autogoal a mio parere clamoroso.Inoltre, nonostante la situazione sia migliorata sensibilmente negli ultimi mesi, la velocità di download è ancora inferiore rispetto a PS4, a parità di dimensioni del file e di collegamento alla rete, e, anche su quest’aspetto, considerato il peso dei giochi in digitale cui questa generazione ci sta abituando, c’è da lavorare quanto prima.Last but not least, nonostante l’abbandono pressoché totale della clausola di parità, il supporto agli sviluppatori indipendenti, che avevano contribuito a rendere lo store virtuale di Xbox 360 uno dei più creativi e prolifici, non è ancora ai livelli di quello della passata generazione, forze perché (azzardo un’ipotesi) le energie sono tutte convogliate nei titoli tripla A, nella speranza di riconquistare fette di pubblico perse negli ultimi due anni.Se però, tra i titoli che maggiormente mi hanno colpito tra quelli provati a Los Angeles a giugno, ci sono due indie come Below e Cuphead, vuol dire che, nonostante non dispongano di chissà quali budget, le produzioni indipendenti non vanno affatto trascurate, come testimoniato anche dal fiorire di uscite a basso costo che ha caratterizzato l’inizio di generazione di Playstation 4.

Come sempre ho fatto da quando videogioco, tendo a guardare con occhio benevolo il cavallo che, visto da fuori, sembra essere l’outsider piuttosto che il favorito.

Questo perché da una concorrenza sana e leale, combattuta a colpi di esclusive, iniziative pro-gamer e titoli di spessore, coloro che hanno più da guadagnarci siamo noi giocatori, cui viene offerto un ventaglio di scelte assai più ampio (e conveniente) rispetto ad una situazione di monopolio.

Microsoft, che nella scorsa generazione ha fatto la parte della gazzella, stavolta veste i panni del leone, trovandosi a rincorrere Sony in quanto a percezione generale e a dati di vendita, e sembra, dopo un inizio non certo esaltante, essersi calata perfettamente nel ruolo.

Solo il resto della generazione potrà dirci come andranno le cose.

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