Occhio Critico

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a cura di Gianluca Arena

Senior Editor

Dopo aver tirato le orecchie a Nintendo e alla sua gestione della Virtual Console, in questa seconda puntata di Occhio Critico mi soffermerò ad analizzare uno degli annunci più importanti degli ultimi mesi, proprio mentre, tra l’altro, Sony ne sta avviando la fase di beta testing negli Stati Uniti.Sto parlando, ovviamente, di Playstation Now, servizio di streaming che sarà disponibile su una vasta gamma di device (non solo le console, ma anche smartphone, tablet e smart TV), accolto con grande soddisfazione dalla stampa e dagli utenti, sebbene molte caratteristiche, anche di primaria importanza, rimangano, al momento, “TBA”.Vediamoci chiaro.

La grandezza di un’ideaIl generale consenso riscosso dall’annuncio di Sony credo dipenda soprattutto dalla bontà dell’idea “ in nuce” e dal credito che la casa giapponese ha guadagnato nei confronti del pubblico grazie al servizio Playstation Plus, che rappresenta, a mio parere, una delle cose migliori successe nel mondo dei videogiochi da vent’anni a questa parte.Il progetto, in sé, è quanto di più interessante e ambizioso: condensare in un solo servizio tutto quanto di buono il marchio Playstation ha saputo produrre negli ultimi vent’anni, rendendo disponibile una grande quantità di giochi di successo dovunque, a prescindere da vincoli spaziali e temporali.Un neo maggiorenne che gioca sul suo smartphone al primo Gran Turismo, uscito quando lui aveva due anni, sarebbe uno spot sufficiente a giustificare l’esistenza di un servizio simile.Questa premessa è doverosa perché i dubbi che snocciolerò nelle prossime righe non hanno nulla a che vedere con la visione generale di Sony, che non solo condivido, ma che ha secondo me applicazioni (e implicazioni) anche più ampie di quanto non sia stato finora mostrato e potrebbe portare ad una concezione di videogioco assai più progredita di quella che abbiamo oggi.

CriticitàDelle tre grandi criticità che ritengo sia difficile ignorare, anche per i più entusiasti, la prima, e forse più importante, è stata largamente ignorata dalla quasi totalità dei miei colleghi della stampa statunitense perché è legata al territorio europeo, e italiano in particolare: la velocità di connessione.Sembra di scoprire l’acqua calda, ma la reale ampiezza di banda e la velocità di download e upload nel nostro paese non sono nemmeno lontanamente paragonabili a quelle dei nostri amici a stelle e strisce.Ci consola poco sapere che tutta l’Europa non è al livello dell’America settentrionale e del Canada in quanto a connessioni internet, perché poi, se si vanno a spulciare i dati, si nota come questo sia vero solo in parte: i paesi del nord Europa (Olanda, Svezia, Finlandia, Danimarca, Norvegia, persino le giovani repubbliche baltiche) godono di connessioni decisamente più performanti delle nostre, tali da reggere almeno il confronto con alcune zone degli USA.Il problema è relativo soprattutto a paesi come Italia, Spagna, Grecia, Portogallo. E l’elenco potrebbe allungarsi, ma poco cambierebbe ai fini di questa disamina.La realtà dei fatti dice che la connessione media in Italia non raggiunge i 5 MB (dati Sole24 Ore, aggiornati al terzo trimestre 2013), cioè la soglia di sbarramento posta da Sony per fruire decentemente (e ricordatevi di questo aggettivo) di Playstation Now.I 5 MB richiesti, infatti, si riferiscono ad una connessione entry level, analogamente alla configurazione minima richiesta da un gioco su piattaforma PC: come moltissimi tra voi lettori sapranno, una configurazione minima può anche far girare un dato titolo, ma non ne assicura una fruibilità degna di questo nome.Da più parti, per giunta, è parso che la richiesta di velocità minima di Sony fosse troppo ottimistica, soprattutto per titoli imponenti a livello di risorse hardware, come molti di quelli della seconda parte del ciclo vitale di Playstation 3.La situazione nostrana, insomma, non sembra delle più rosee: a quanti compromessi sarà costretta a scendere la comunità videoludica italiana per godere di questo servizio?Questa domanda, in un certo senso, ci porta alla seconda delle grandi criticità: il prezzo.Sony si è guardata bene dal fare alcun annuncio a riguardo, conscia probabilmente di quanto la questione sia spinosa.Mentre un utente americano potrebbe accettare un ulteriore abbonamento, pagando per un servizio eccellente tanto sulla carta quanto in pratica, come posizionarsi sul mercato italiano, che godrebbe di un servizio necessariamente di qualità inferiore?Si potrebbe pensare ad un prezzo paese per paese, ma sarebbe difficile far digerire a nazioni più “avanzate” l’eventuale sovrapprezzo. Ed eccoci di nuovo al punto di partenza.Non credo di avere nulla da insegnare a chi decide i prezzi in casa Sony, se è vero che nessuno ha percepito l’abbonamento a Playstation Plus come un obolo da pagare ma piuttosto come un eccezionale plusvalore, eppure la questione non è affatto secondaria e il suo peso all’interno dell’economia di Playstation Now è notevole, tanto da decretarne il successo o il fallimento, a mio parere.Il terzo, e meno importante tra i dubbi che mi sono sorti, riguarda il fatto che, qualora la diffusione di questo servizio dovesse davvero raggiungere i risultati che Sony spera, questo aprirebbe ad un futuro videoludico in cui la fruizione di contenuti si affrancherebbe del tutto dalle console.Guardando i dati di vendita di Playstation 3 (che, per la cronaca, non hanno raggiunto nemmeno quelli stratosferici di PS2), e considerando il modello economico che sottende al mercato videoludico da più di trent’anni, i rischi connessi ad uno scenario simile appaiono subito evidenti: producendo già televisioni, smartphone e tablet, Sony rischierebbe seriamente di fagocitare la sua stessa clientela.Rinunciare ai profitti multimilionari derivanti dalla vendita di hardware costituirebbe un rischio che nemmeno un gigante come Sony potrebbe permettersi di correre, anche perché la convergenza dei vecchi videogiocatori da salotto sui nuovi device sarebbe tutt’altro che scontata, con attori come Nintendo sembrano intenzionati a percorrere ancora per molti anni la strada già tracciata.

Chi vivrà, vedràNon aiuta sapere che non conosceremo la risposta ad alcuna di queste domande prima del 2015 inoltrato (se non oltre), perché Sony, perfettamente consapevole delle difficoltà insite nel lancio europeo del servizio, sembra intenzionata a prendersi tutto il tempo necessario per fare le cose al meglio, e questa, al momento, è l’unica cosa che fa ben sperare noi videogiocatori italiani.Se infatti non posso che essere eccitato all’idea di giocare, nella stessa sessione, la mia terza run a The Last of Us e un amarcord a Dragon Quest VIII, mentre sono sotto le coperte, con il mio tablet, lo sono molto di meno se penso a caricamenti infiniti, audio fuori sincrono, e una qualità complessiva scadente.Com’è stato anche per la puntata inaugurale di Occhio Critico, non mi sogno di puntare il dito contro chi i videogiochi li sa fare più che bene, né mi illudo di avere l’elisir della verità, ma è quasi più da cliente che da critico videoludico che ho scritto queste righe, diviso tra l’entusiasmo tra quello che potrebbe essere di qui a qualche anno e il timore che certi limiti siano più difficili da superare di quanto si pensi.Dite la vostra nei commenti e non perdete la prossima puntata di Occhio Critico!

Come si tradurrà un’idea rivoluzionaria come quella di Playstation Now in paesi tecnologicamente arretrati come il nostro? A quali compromessi dovremo scendere per godere della sterminata ludoteca Playstation? Quanto ci costerà l’alternanza tra un sorriso e una serie di improperi? A queste ed altre domande può rispondere solo Sony, e proprio non invidio chi si dovrà occupare, nello specifico, della questione.

Voi lettori siete sull’entusiasta andante come la maggioranza del popolo di Internet o condividete i miei dubbi?

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