Recensione

Journey

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a cura di Pregianza

Informazioni sul prodotto

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Journey
  • Sviluppatore: Thatgamecompany
  • Produttore: Sony
  • Distributore: Sony
  • Piattaforme: PC , PS4 , MOBILE , PS3
  • Generi: Avventura
  • Data di uscita: 14 marzo 2012 (PS3), 21 luglio 2015 (PS4), 6 giugno 2019 (PC) - 6 agosto 2019 (iOS) - 11 giugno 2020 (Steam)

Ho scritto almeno tre bozze tentando di mantenere il solito formato del sito durante la stesura della recensione di Journey. Alla fine ho rinunciato. Questo non è un gioco a cui si possa dare un punteggio, o che si possa confrontare ad altri titoli. A dire la verità questo non è nemmeno un gioco, è qualcosa di totalmente diverso e unico, un tipo di esperimento che merita grande attenzione, e dimostra a mio parere che l’industria dei videogames non è poi così statica e abitudinaria come si è soliti pensare, e che lampi di genio in grado di squarciare la lenta avanzata della consuetudine sono ancora possibili. Molti di voi avranno sicuramente notato che sto parlando in prima persona, cosa rara da queste parti, visto che di solito i nostri articoli valgono come “opinione comune della redazione”. Non è questo il caso, non è un’esperienza di gruppo, è esclusivamente mia e posso descrivervi solo il mio punto di vista. Non ho altro modo per parlarvi di Journey ed essere credibile.Certo, svariati articoli tenteranno di valutare questo titolo basandosi su parametri classici, ancor di più ritireranno fuori l’ormai abusata discussione riguardante arte e videogames. Può un videogioco essere arte? Non ho mai saputo dare una risposta, perché la natura dell’arte stessa non mi è mai stata chiara. Cosa dovrebbe essere l’arte? L’idea del bello? Una cosa che colpisce positivamente? L’espressione della propria creatività? Tutte queste definizioni mi sono sempre sembrate sensate, ma non le ho mai accolte come dogma, l’arte l’ho sempre semplicemente percepita. Sono poche le cose che ho “sentito” come arte in vita mia: paesaggi in grado di farmi venire la pelle d’oca all’improvviso, musiche che mi hanno emozionato, viste che mi hanno ammutolito (e fidatevi, zittirmi è un’impresa assolutamente disperata) trovate molto di rado in quadri splendidi o qualche film di animazione firmato Miyazaki. In un videogame però non mi era mai capitato fino ad oggi. Perché accadesse è bastato mettermi al comando di un piccolo umanoide vestito di rosso, abbandonato in un’immensa distesa desertica con solo una montagna illuminata come punto di riferimento. All’inizio non potevo far nulla a parte camminare, guardarmi attorno e rilasciare uno strano glifo luminoso dal significato poco chiaro. Solo dopo un po’ mi sono reso conto che oltre a me, nel deserto, c’erano rovine e fasci di tessuto con cui potevo interagire grazie al glifo. Il sistema di controllo è spaventosamente semplice, e mentirei se negassi che qualche elemento proprio dei videogiochi nei controlli è presente. Il mio alter ego si è dimostrato presto in grado di sfruttare l’energia del tessuto sparso per le mappe per saltare e svolazzare con una certa grazia. A indicare la carica ottenuta ci pensava una sciarpa, mobile e viva quanto i pezzi di stoffa la cui linfa mi aveva permesso di prendere il volo per qualche secondo. Contrariamente a quanto si vede solitamente in un platform, tuttavia, qui i controlli non sono il fulcro dell’esperienza, bensì solo un contorno. Ogni azione spinge sempre più vicino all’obiettivo finale, ogni metro percorso è una piccola scoperta, e poco contano i simboli segreti nascosti per le mappe in grado di allungare la vostra sciarpa, la mobilità del vostro omino rosso, i facili enigmi da superare per avanzare di capitolo in capitolo, o persino la misteriosa storia narrata dalle rovine. L’unica cosa importante è il mondo, che si evolve e rivitalizza al vostro passaggio, si riempie di stoffe più simili a docili animali degli animali stessi, e offre viste meravigliose passo dopo passo. Le persone cui vorrei a tutti i costi stringere la mano un giorno si contano sulle dita di una mano, ma tra costoro c’è sicuramente l’Art Director responsabile di questo piccolo capolavoro. Mai ho visto una tale maestria nella creazione di luoghi evocativi, concretizzata con una tale facilità. Basta un cambio nei colori, nelle luci e nelle strutture, e ci si ritrova improvvisamente in un luogo completamente nuovo, seppur sempre invaso da una sabbia brillante come l’oro. L’unica cosa che Journey riesce a soddisfare al pari degli occhi è l’udito, con musiche così adatte alle varie fasi da sembrare quasi celestiali. A questo punto dovrei citare l’unico problema dell’opera di Thatgamecompany, la durata. Ma in questo caso non so davvero se possa essere valutata negativamente. Il viaggio può durare solo tre ore, pochissime visto ciò che offre, eppure le ho diluite il più possibile nella mia prova, perché istintivamente ho sentito il bisogno di vedere tutto quello che l’esperienza aveva da offrirmi, come nel sorseggiare un vino particolarmente prelibato. E in parte l’idea di godere di tutto questo in solitudine mi ha rattristato, avrei voluto vedere qualcun altro impegnato nello stesso percorso durante il mio girovagare in rete. La cosa purtroppo era quasi impossibile per me, visto l’anticipo rispetto alla data d’uscita. La solitudine del mio viaggio non l’ha però sminuito, anzi, ne ha forse aumentato addirittura l’impatto. Poter vedere altre persone nel desolato deserto arricchirà sicuramente la mia visita in futuro, ma non ho pensato mai nemmeno per un momento che senza compagni questo titolo valesse di meno, né di non tornare una volta completato il tragitto. Il mio cammino tra le sabbie è appena iniziato.

– Un’esperienza unica e indimenticabile

– Brevissimo

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Non credo di poter dare una valutazione oggettiva di Journey, anche perchè non ho mai creduto di poter dare una definizione assoluta di arte. L’unica cosa che posso fare è dirvi cosa ho provato giocandolo, e per me è stata un’esperienza fantastica, nonostante la sua brevità. Vi è mai capitato di provare un blocco in gola simile al pianto solo per lo stupore? O di rimanere pietrificati per alcuni minuti davanti alla bellezza di qualcosa? A me è successo rare volte, e la prova di Journey fa parte del conteggio. Niente voto in questo articolo, niente aspetti tecnici, giocabilità e quant’altro. Penso con tutto il cuore che l’ultima opera di Thatgamecompany non possa venir percepita allo stesso modo da due persone differenti, dunque l’unico consiglio che posso darvi è di intraprendere questo viaggio, e di vedere quali emozioni scatena in voi. E se durante l’esperienza non provate assolutamente nulla… Beh, guardatevi dentro, perché avete qualcosa che non va.

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