Se c’è una cosa per cui Jeff Kaplan e i suoi si sono battuti in questi anni è la volontà di creare uno sparatutto “diverso”. Per Overwatch il team di sviluppo è stato fin da subito chiaro su quale sarebbe stato il fulcro del gioco: il lavoro di squadra. L’importante è l’obiettivo, che sia il carico o la zona da conquistare. Tutto ciò che accade in partita accade in funzione della vittoria. Ne abbiamo parlato un sacco di volte, e sicuramente lo saprete, del fatto che Overwatch premia le imprese di ognuno, a prescindere dal ruolo che ricopre. Vengono visualizzate le statistiche delle cure, dei danni parati al posto dei propri compagni, e le uccisioni sono conteggiate come proprie anche se si è intervenuti solo come assist.Il deathmatch non è stato preso mai in considerazione fino a qualche giorno fa, quando nel PTR è stato introdotto tra le modalità Arcade (da qualche giorno anche online nei server ufficiali). Tutti contro tutti ed a squadre, come a voler rievocare gli shooter leggendari da cui, invece, Overwatch ha preso più di uno spunto. Difficile che la modalità entri nel circuito del competitivo, o generalmente esca dall’Arcade, ma anche in questa posizione non mi convince affatto, per un paio di ragioni.
Persone giuste nel momento sbagliatoLa prima ragione è molto pratica: Overwatch non ha la struttura per sostenere un gameplay ad uccisioni. La modalità a squadre è già più comprensibile, sebbene soli quattro giocatori costringano a prendere i soliti noti, tutti quegli eroi in grado di sostenersi come Roadhog, Soldato-76, ed anche Tracer che può recuperare dei punti vita e, in generale, scappare molto facilmente ed essere molto fastidiosa. Ma la modalità tutti contro tutti è tutto meno che divertente. Qualcuno potrebbe obiettare che, essendo una modalità Arcade, si tratta per sua natura di un piacevole diversivo da intervallare alle partite più “importanti”. Vero, ma il fatto è che gli altri diversivi inseriti in questa lista hanno tutti comunque una struttura ben eradicata. Anche la odiosissima Lucioball (scusate, non la sopporto proprio) è una modalità molto curata nei dettagli, talmente tanto che il suo ritorno è stato chiesto a gran voce, e in questa seconda edizione dei giochi estivi è tornata anche in modalità classificata. Il deathmatch singolo, invece, mostra fin da subito i suoi lati deboli. In primis il fatto che, in un gioco in cui il “personaggio” è un concetto molto importante, ci si ritrovi ad eliminarne alcuni dai papabili. Per dire, cosa può fare uno Zenyatta in un deathmatch? Un giocatore dai riflessi sovraumani una manciata di uccisioni se le porta anche a casa magari, sfruttando i Globi della Discordia al momento giusto, ma basta un McCree appostato con la solita combo granata+tasto destro, oppure un soldato che scarica proiettili+missile Helix e finisce il divertimento. Ma anche Mercy, Bastion, e quei tank che non sono in grado di fare molti danni in fretta come Winston, tutti personaggi che nessuno si sognerebbe di prendere mai in un deathmatch. Così, le partite si riempiono tutte di eroi di attacco, un paio di tank, ed il solito genio che prende Bastion e si apposta sperando di portarsi a casa delle kill facili contro i novizi di turno.Per dire, la modalità Eliminazione è già più sensata, e molto più divertente. Il respawn non c’è fino al turno successivo, e non è possibile riprendere un stesso eroe con il quale si sia già vinto un round. In questa modalità viene fuori lo spirito di Overwatch, e stiamo sempre parlando delle partite Arcade. Bisogna prevedere cosa prenderanno gli altri, fare mente locale sugli eroi rimasti, nonché economia sui personaggi da scegliere di turno in turno, per tenersi magari la combo con i personaggi migliori per il gran finale.Onestamente, non saprei come introdurre diversamente il deathmatch in un titolo come Overwatch. Non l’avrei introdotto neanche come Arcade, ma visto che bisogna farlo, l’avrei relegato alla sola versione a squadre, perché più vicino allo spirito originario del gioco.
Non ti riconosco piùLa seconda ragione è più “filosofica” se vogliamo, forse opinabile e meno comprensibile. Non mi piace l’idea che Overwatch, uno shooter che come detto nasce da presupposti diversi dal solito, si ritrovi a dover inseguire le logiche che inizialmente voleva evitare ad ogni costo. Non so ovviamente quanti siano realmente i giocatori che gradiranno l’inserimento del deathmatch, ma ho il presentimento che ce ne sia una buona parte. È l’ossatura del genere degli shooter, ciò con cui gli appassionati sono cresciuti negli anni, ed è innegabile il richiamo dell’uccisione rispetto all’obiettivo da portare a termine collaborando. Lungi da me svilire questo tipo di partita, ma si tratta anche della modalità più facile da approcciare perché bastano dei buoni riflessi e tanta abilità, e basta. Non si deve rendere conto a nessuno, non bisogna collaborare per la squadra disinnescando l’orgoglio personale spesso e volentieri: il deathmatch è sexy.Questa storia mi ricorda un po’ il primo Titanfall, altro titolo che voleva scardinare alcuni preconcetti degli shooter moderni (e ci è riuscito alla grande), con il suo gameplay veloce e punitivo, insieme alla ingombrante presenza dei titan. Tuttavia, a seguito di alcune dinamiche ben note che hanno portato al declino del titolo, Respawn Entertainment introdusse in seguito una modalità con soli i piloti, ovvero il deathmatch. Ora, Overwatch è un fenomeno mondiale e non sarà nella condizione di Titanfall probabilmente neanche se, da un giorno all’altro, le connessioni Internet della Terra cesseranno di funzionare per sempre. Titanfall, al contrario, fu una produzione ambiziosa portata avanti con poco coraggio, e l’inserimento del deathmatch piuttosto che un esercizio di stile fu un ultimo disperato tentativo di riportare i giocatori indietro.Blizzard non ha sicuramente bisogno di attirare giocatori, e infatti introduce la dinamica tipica degli shooter a più di un anno di distanza, quando ormai quello che doveva succedere è successo. Fa comunque storcere il naso questo cambio di direzione.Un’altra cosa che mi ricorda è il periodo iniziale intorno all’uscita di Rainbow Six Siege. Gli appassionati del franchise gridarono allo scandalo, alzando i loro forconi contro Ubisoft che ha osato infangare l’onore di una saga strategica, basata sul single player, trasformandola nell’ennesimo sparatutto. Anche io sono tra i fan storici della serie, ma grazie al superpotere del buon senso sono riuscito a non infuocarmi come tutti gli altri. Il motivo è che Siege è costruito intorno a quell’idea, al concetto di sparatutto tattico dove l’avversario non è la IA, ma un altro giocatore. La notizia di questi giorni è che, per arginare il fastidioso fenomeno del teamkilling, gli sviluppatori dovrebbero lavorare sul concetto di fuoco amico. I ragazzi di Ubisoft hanno già dichiarato che non lo toglieranno del tutto, perché è nel DNA del franchise e questo significherebbe snaturare enormemente le dinamiche intorno ad ogni partita. Mi auguro che nessuno cambi idea, perché credo che ogni prodotto debba mantenere intatta la propria identità dall’inizio alla fine del suo ciclo vitale, a prescindere dal numero di giocatori.
Non ho gradito molto l’introduzione del deathmatch in Overwatch. Snatura il concetto del gioco, e proprio per la sua struttura non risulta divertente come potrebbe (dovrebbe?). Operazioni come questa sono all’ordine del giorno, aggiustamenti per accontentare il pubblico e/o avvicinarne di nuovo. C’è modo e modo, però, di farle.
Credo che il deathmatch farà tuttavia un buon numero di proseliti nel titolo di Blizzard, ma la speranza è che rimanga per sempre una modalità Arcade e non si arrivi a pensare di costruirci una scena competitiva intorno.