Trattare certi argomenti, che nel medium videoludico sono rimasti tabù troppo a lungo, e farlo in maniera da non annoiare il giocatore, unendovi un gameplay valido e coinvolgente rappresenta un’impresa titanica, nella quale i ragazzi di
Ninja Theory si sono imbarcati meno di un anno fa, con la pubblicazione, in esclusiva su PS4, di
Hellblade Senua’s Sacrifice.
Il nostro Valthiel ne apprezzò la scrittura e il coraggio, un po’ meno il versante prettamente ludico: oggi, dopo averlo rigiocato per voi in versione Xbox One, siamo pronti a dirvi com’è venuta la conversione per l’ammiraglia Microsoft.
Il male interiore
Nel sottolineare che questa recensione non si occuperà di valutare il gioco dalle sue fondamenta, cosa che Valthiel si era già premurato di fare lo scorso agosto, ai tempi della pubblicazione su Playstation 4, lasciateci però spendere due parole sul coraggio di Ninja Theory e sulla complessità dei temi trattati, anche in formato Xbox One, da Hellblade.
Spesso, nel mondo dei videogiochi, la caratterizzazione del protagonista (o della protagonista, in questo caso) segue la fase di progettazione del gameplay, modellandosi su di esso e rimanendo vincolata a regole non scritte che, seppure negli ultimi anni si stanno facendo più sfumate, hanno a lungo governato il medium.
In Hellblade, Ninja Theory ha evidentemente operato all’inverso, partendo dalla coda: è Senua il fulcro di tutto, ed è attorno alla sua sofferenza, al suo viaggio, tanto figurato quanto reale, ai suoi spettri, che il prodotto si dipana, restituendo fin tropo spesso l’impressione che il gameplay sia accessorio, posticcio, presente più per dovere di firma che per reale convinzione.
Se, però, ci si sofferma ad analizzare i momenti narrativi, i monologhi faticosi dell’eroina, la sofferenza mentale così grande da trasporsi anche al fisico, ecco che l’opera del regista Antoniades e la superba prova recitativa di Melina Juergens acquistano un senso altro dal “semplice” videogioco, configurandosi piuttosto come un’opera autoriale trans-mediale che merita di essere esperita, a prescindere dalle mancanze già sottolineate in sede di recensione, che non consentono ad essa di aspirare ad una votazione più alta.
Giocando con la percezione del giocatore, allineata a quella dell’insicura protagonista, il team di sviluppo ha confezionato un’esperienza forte, mai banale, capace di ristagnare nella mente dei giocatori più sensibili parecchio dopo aver spento la console di gioco: bastano sei o sette ore per giungere alla fine delle vicende di Senua, ma alcuni dei punti più alti raggiunti vestendo i suoi panni rimarranno impressi per mesi.
Quello che parte come un viaggio per salvare l’anima dell’amato perduto, finisce con il mettere a nudo le debolezze della mente umana, e, nel contempo, la grande forza che alberga nella nostra specie, soprattutto nelle donne.
Camminare tra i meandri della mente
Dovendo per forza etichettare Hellblade per facilitarne la comprensione a quanti non lo abbiano giocato, propenderemmo per definirlo come un “walking simulator” (nella sua accezione migliore, senza le odiose sfumature negative che molti danno a questo sottogenere) ibridato con un gioco di azione che ricorda molto Infinity Blade di Epic Games, una serie che ha saputo appassionare milioni di giocatori mobile.
Oltre a camminare e guardarsi attorno, offrendo così il tempo di ascoltare i vaneggiamenti e i dialoghi interiori della protagonista, l’ultima fatica di Ninja Theory propone una serie di puzzle che giocano con la percezione e il riconoscimento di determinate forme in contesti diversi, i quali, dopo un ottimo inizio, finiscono con il somigliarsi un po’ tutti già a partire dalla metà del viaggio di Senua.
Discorso affine per i combattimenti, semplici ed adrenalinici, ma mai sufficientemente profondi da sorreggere da soli il peso del gameplay: come per il succitato titolo Epic, la visuale ravvicinata, il fatto che si affrontino sempre scontri uno contro uno e la relativa scarsità di azioni a disposizione (quattro in tutto, due offensive e due difensive, cioè parata e schivata) fa scadere presto il titolo nella ripetitività, rafforzando la summenzionata idea che le meccaniche di gioco siano state aggiunte in un secondo momento, quasi a voler “giustificare” l’essenza stessa del prodotto agli occhi dei videogiocatori più intransigenti.
In questo concetto è racchiusa la più grande contraddizione della produzione: il team di sviluppo britannico appare evidentemente a suo agio quando riesce ad incanalare l’attenzione del giocatore sui temi trattati, sulla sofferenza della splendida eroina, sulla (pur remota) possibilità di permadeath, qualora il morbo ghermisca la nostra, ma stranamente, vista la sua lunga storia in ambito videoludico, non riesce ad accoppiare alla sceneggiatura delle dinamiche ludiche soddisfacenti, riproponendo troppo spesso le medesime tipologie di enigmi e accontentandosi di offrire un combat system snello e pulito, invece di uno tecnico e reattivo come quelli che l’hanno reso famoso nell’industria.
Il risultato è che quanti avrebbero voluto solo farsi prendere per mano dalle vicende di Senua vivranno le sezioni di combattimento e soluzione dei puzzle come degli inutili riempitivi, mentre, d’altro canto, quelli che avrebbero voluto un “gioco” nel senso più classico del termine reputeranno queste ultime troppo sparute per giustificare i circa trenta euro richiesti.
Pur appartenendo, a grandi linee, alla prima categoria, confessiamo di essere rimasti un po’ delusi, come d’altronde fu per Valthiel l’anno scorso, dalla scarsa profondità del versante interattivo della produzione, che pure ha saputo regalarci emozioni forti in più punti.
Incantevole
Difficile non promuovere il comparto tecnico della produzione, che è quello che maggiormente tende verso i tripla A, alla faccia della ridotte dimensioni del team di sviluppo e del budget a disposizione: abbiamo avuto modo di testare il titolo tanto su Xbox One (versione day one) quanto su Xbox One X (anche se più brevemente), e abbiamo notato la grande cura riposta in entrambe le versioni.
La prima è molto vicina a quella vista su PS4 ad agosto scorso, ricca di effetti di luce strabilianti, particellari convincenti e una direzione artistica di grande spessore, ma con minime incertezze nel framerate durante i combattimenti contro i boss.
La seconda, dal canto suo, raggiunge apici di eccellenza sconosciuti alle altre versioni, offrendo all’utente la possibilità di scegliere tra tre modalità differenti: Framerate Alto raddoppia la velocità di aggiornamento dei frame, passando da trenta a sessanta per secondo ed eliminando così ogni traccia di rallentamenti.
La seconda, Risoluzione Alta, privilegia invece la definizione e la pulizia dell’immagine, portandola ai 4K variabili, ed aumentando lo spettacolo visivo offerto dal prodotto, stanti i trenta fotogrammi per secondo.
La terza, denominata Effetti Visivi Migliorati, arricchisce gli effetti grafici, i fluidi e le esplosioni, rendendo estremamente realistici elementi come il fuoco e l’acqua ed evidenziando addirittura il pulviscolo presente nell’aria in alcune scene all’aperto: davvero uno spettacolo abbacinante per tutti i possessori della console premium di Microsoft (e di un pannello in 4K).
Torna, in forma eccellente, anche il sound design che aveva contribuito al successo del prodotto, con voci chiaramente localizzate a livello spaziale (grazie all’impiego dell’audio binaurale) e una pulizia del doppiaggio e dei rumori di sottofondo da fare invidia a molti blockbuster di Hollywood.
Temi maturi e “tabù” per il medium
Grande performance di Melina Juergens
Comparto audiovisivo da applausi
Assai poco interattivo
Le parti ludiche sanno un po’ di posticcio
Senza aggiunte di rilievo né mancanza debilitanti, Hellblade Senua’s Sacrifice si presenta all’utenza Microsoft con tutti i pregi ed i difetti che ne avevano caratterizzato il debutto sul mercato nel corso dell’estate 2017: un reparto narrativo coraggioso e brillante, un comparto tecnico di grande pregio e un sound design che speriamo faccia scuola in ambito videoludico si contrappongono una certa ripetitività di fondo, tanto nei puzzle quanto nei combattimenti, e la scarsa profondità ed interattività dell’avventura, che potrebbe far storcere il naso a coloro i quali da un videogioco pretendono, in primis, interattività.
Ci sentiamo, quindi, di confermare il voto assegnato alla versione Playstation 4, che ci sembra catturi bene l’essenza del prodotto Ninja Theory.