Secondo appuntamento con la rubrica Fuori dai denti, quello spazio dove non si avverte il bisogno di indorare la pillola per farla mandare giù, dove non si bada troppo alla discrezione nell’affermare opinioni personali e dove schiettezza e un approccio esplicito e senza filtri sono le condizioni scelte per mettere in risalto alcune delle discussioni più calde del momento. Ogni settimana è piena di notizie poco simpatiche, ma tutte le volte ce n’è almeno una che risulta essere senza troppi problemi un trampolino di lancio per approfondire ciò che non va. E la news che questa settimana mi ha dato ben più di un motivo per agitarmi non poteva che essere legata all’esosa (per noi italiani) richiesta che viene fatta agli utenti in termini di qualità di connessione di rete per avviare in punta di piedi quello che vogliono pian piano imporci come il futuro del gaming: una valanga di servizi online per poter usufruire dei videogiochi o di alcune delle loro parti. Decidete voi se fondamentali o meno.
Future is… maybe tomorrow
Non mi soffermerò su PlayStation Now, lo abbiamo già fatto in
questo articolo, ma è proprio da qui che mi preme partire per illustrare come l’idea di far evolvere il videogioco fino a renderlo qualcosa di fruibile interamente in digitale sia in questo momento assolutamente prematura, non fattibile e di conseguenza fallimentare. Partiamo dalla richiesta minima per avere un servizio che teoricamente dovrebbe essere fluido e senza problemi di alcun tipo: 5 megabit in download, ossia fantascienza per parecchi utenti, che una connessione simile se la possono solo sognare e maledicono tutti i giorni compagnie, proprietà private in zone poco fortunate e il paese in cui vivono. Me la sognavo fino a pochi anni fa anche io, a Roma, vivendo in una zona all’interno del raccordo anulare e quindi non esattamente periferica, figuriamoci chi sta in un pizzo di montagna o chi disgraziatamente non viene coperto da una connessione da uomo civilizzato. La media italiana parla di una 7 mega che non riesce nemmeno a essere costante, che singhiozza o si incaglia molto spesso, che cade a picco quando nella stessa stanza un’altra persona sta giustamente facendo ciò che ritiene più giusto fare non curandosi dei ridicoli limiti a cui però è costretto a sottostare in silenzio, mentre dentro gli ribolle il sangue. Frustrante, senza dubbio, specialmente quando si cerca aiuto all’assistenza e dall’altra parte tutti sembrano brancolare nel buio almeno quanto te, spiegandoti che il tuo disagio è dovuto a problemi che spesso, a dirla tutta, non sono nemmeno reali. Ma tant’è, oggi si fa avanti Sony, domani Microsoft e in futuro tutti seguiranno la stessa tendenza, se questa dovesse prendere piede e spiccare definitivamente il volo. Si genererebbe quindi un effetto a catena che potrebbe portare a disastri capaci di tagliare fuori una larghissima fetta di utenza mondiale che verrà di conseguenza presa in considerazione come un Terzo Mondo che non genera profitti, che è rimasto indietro e che non può dunque avere un trattamento paritario. Pensiamo dunque alle disponibilità che abbiamo per le mani adesso prima ancora di farci brillare gli occhi per quell’oggetto in vetrina di cui non avevamo notato il cartellino, perché il prezzo da pagare è veramente alto e fa male dentro vedere come viene acquistato senza problemi da chi ha il lusso di poterselo permettere. L’apartheid videoludico è dietro l’angolo. E qualcosa di simile non può far altro che creare terremoti di notevole portata.
Chi pensa male, è un passo avanti
Ci provò anche Microsoft quando presentò la sua Xbox One, a dirci che il futuro del gaming passava attraverso l’online e il digitale, ma poi sappiamo tutti come andò a finire, tra retromarce e improvvisi cambi di rotta. Ora mi chiedo: c’era davvero bisogno di una vera e propria insurrezione popolare di proporzioni mai viste in quest’industria per far rinsavire un’azienda così esperta e smaliziata? Non vorrei essere io a dare la risposta a questa domanda, ma se prendete in considerazione il fatto che oggi stiamo testimoniando la riproposizione in pompa magna di un futuro in digitale che vuole insinuarsi fino a imporsi come la regola e mandare all’aria un presente che ha tutto il diritto di esistere per chiari motivi logistici – ancora prima che di convenienza per il consumatore – diventa palese come le strategie iniziali siano da sempre state il punto focale su cui vuole basarsi la cosiddetta nuova generazione. Le scuse addotte per le mosse avventate e le strategie pioneristiche sono state in realtà solo delle finte prese di coscienza utilissime per calmare le acque, acquietare i clienti prima che la bomba scoppiasse tra le mani e farseli amici in modo tale da avere l’opportunità di allargare il bacino d’utenza il più possibile. Una volta riusciti in questo intento (e le due nuove console vendono che è una meraviglia) pian piano ritornerà gran parte di tutto ciò che era previsto inizialmente. Ingerire un intero pasto amaro in un sol boccone non è cosa semplice, pertanto appare strategicamente più sensato riuscire a presentare delle iniziative che fanno comodo solo alle aziende un poco alla volta, mettendole a disposizione dapprima come un servizio facoltativo e infine come la scelta preferenziale. Nel momento in cui Sony presentava PlayStation Now, le azioni di Gamestop facevano un bel tonfo con il crollo di otto punti percentuali, ma l’azienda americana, con un colpo di coda che da povera vittima la trasformava in alleata, si proponeva come partner per gli abbonamenti da vendere agli utenti che andranno a usufruire del servizio. Questo a noi interessa davvero poco ai fini del discorso qui intrapreso, ma riesce a fotografare al meglio la situazione che si sta venendo a creare e che trasformerà il gaming come lo abbiamo inteso fino a oggi.
Perle ai porci
A scanso di equivoci, nonostante si possa pensare al contrario, non sono affatto contro le possibilità offerte dal futuro, che ritengo siano magnifiche e ricche di ottime possibilità per espandere il concetto primario di videogioco. La cosa che fa veramente intorcinare le budella è questa ossessiva pressione che viene esercitata affinché ci si possa aprire a forza e contro natura un’ulteriore strada verso il guadagno facile, accelerando a tutti i costi dei tempi che non sono assolutamente maturi e tastando precocemente il polso a un mercato che avrebbe invece bisogno di avere molta più solidità di base, prima di poterci edificare sopra un impero che in questo momento vacillerebbe fino a crollare. Non siamo pronti al futuro. Non abbiamo gli strumenti per poter godere appieno di nuove soluzioni, non ora almeno. Il videogioco non è un bene di prima necessità – lo sappiamo tutti – ma per cortesia, non facciamolo diventare qualcosa di elitario. Non è il caso. Questo balzo tecnologico non è per tutti e soprattutto appare come una manovra di convincimento che però non può attecchire. Quando leggete che questa sarà l’ultima generazione con le console, fate malissimo a crederci: fin quando ci saranno pezzi di hardware che vendono milioni e milioni in così poco tempo (e senza neppure essere disponibili in tutto il mondo), significa che ci sarà sempre interesse nell’immetterle in un mercato che paga alla grande. E questo lo ha capito anche Valve, che sta cercando di trovare il giusto compromesso tra un digitale ormai lanciatissimo e un settore hardware che è in piena salute e ha ancora una lunga strada davanti a sé. C’è una grande lotta di interessi, là fuori, e noi abbiamo tutto il potere di decidere se tirarci fuori o farci mettere in mezzo come dei perfetti idioti: se non volete gettare i vostri soldi nell’immondizia per appropriarvi di alcune licenze fumose che potrebbero volatilizzarsi nel momento in cui una qualunque azienda va in bancarotta, non potete schierarvi a favore del digitale. Saremo davvero in mani sicure solo quando si riuscirà a capire che entrambe le realtà non devono annullarsi l’una con l’altra, ma concorrere insieme per una coesistenza che purtroppo, in questo momento, pare impossibile.
Le future tecnologie aprono sempre delle grandi diatribe fatte di interessi, convenienze e punti di vista diametralmente opposti. L’evoluzione, oltre a una grande ventata di freschezza rappresentata dalle novità del momento e dall’eccitazione per possibilità prima impensabili, porta con sé parecchie insidie che vanno contro il consumatore finale. Avremo pertanto la possibilità di farci un giro al luna park e tornare a casa mantenendo vivo il ricordo, ma noi videogiocatori, in realtà, abbiamo spesso la primordiale pretesa di avercelo sempre a casa e solidamente sugli scaffali, il nostro piccolo parco dei divertimenti. C’è molto su cui riflettere, quando guardiamo al futuro, e il rischio di rimanere accecati a vita è davvero molto forte.