Informazione: Questa è l’ultima puntata di Fuori dai Denti come l’avete imparata a conoscere dall’ormai lontano 4 gennaio del 2014. Dal prossimo episodio, la rubrica diventerà video. Il motivo è semplice: sento l’esigenza di essere più tempestivo e diretto con voi, perché gli argomenti di cui parlare sono davvero tanti e le notizie – soprattutto quelle controverse – arrivano di continuo e c’è bisogno di discuterne con maggiore frequenza. In occasione della nuova stagione che sta per arrivare, Fuori dai Denti cambia dunque pelle pur mantenendo lo stesso format. Si accettano, già da adesso, suggerimenti sui prossimi argomenti da trattare: li prenderò in seria considerazione.
La faccenda dei rimborsi di No Man’s Sky e l’ondata di malcontento generata da buona parte dell’utenza che ha acquistato il gioco sta assumendo dei contorni grotteschi. Molti tra coloro che hanno dato fiducia al progetto di Hello Games stanno avanzando delle pretese che vanno al di là del buon senso, che dimostrano quanto nell’ultimo periodo stiano diventando sempre più rilevanti e pericolosi i problemi legati alle aspettative dei giocatori, alla percezione che hanno del medium e alle possibilità oggettive che è in grado di offrire.
Presupposti sbagliati
La delusione è il sentimento di amarezza di chi vede la realtà non corrispondere alle proprie speranze, ma le speranze vengono spesso autoalimentate, ben al di là di quanto chiunque o qualcosa possa effettivamente fare. Se è vero che le prime informazioni e i trailer circolati all’inizio hanno creato un livello di attesa mostruoso e assai inspiegabile, è vero anche che nel corso del tempo i segnali per capire e i dettagli per valutare No Man’s Sky per quello che è, in effetti, c’erano tutti.
Dico che l’hype è stato mostruoso perché in molti si sono lasciati stupire dai numeri, da una quantità a cui non necessariamente corrisponde poi altrettanta qualità. E il motivo è piuttosto ovvio: il procedurale ha dei limiti enormi. Ecco dunque che i 18.446.744.073.709.551.616 pianeti possibili hanno mandato in visibilio i più sognatori, quelli che davvero pensavano di perdersi nello spazio infinito e godere di qualcosa di avveniristico, pazzesco e mai visto prima, salvo poi doversi ricredere di fronte a una realtà dei fatti ben diversa dalle fantasie più sfrenate. Alcuni utenti hanno anche fatto nascere delle teorie inventate di sana pianta e basate sul nulla, la fantasia ha preso il sopravvento su tutto, i piedi non sono rimasti per terra e la capacità di valutazione ha ceduto il passo alla voglia di credere che, in qualche modo, No Man’s Sky potesse rappresentare un’avanguardia tutta nuova non solo per gli sviluppatori indipendenti ma per tutta l’industria. Naturalmente, non è stato così. E non lo è stato anche per via della poca chiarezza di Murray, che in alcuni frangenti ha fatto delle dichiarazioni su obiettivi, possibilità e scopi del gioco, per poi ritrattarle o non farne più menzione quando è scoppiata la rabbia di chi ha acquistato il suo gioco. Da questo punto di vista, ve lo concedo, si poteva fare molto di meglio.
Dico poi che l’hype è stato inspiegabile perché – parliamoci chiaro – si tratta di un titolo indie pesantemente basato sul procedurale, e già da questi dati chiunque (e dico davvero chiunque) avrebbe dovuto comprenderne la natura o quantomeno informarsi meglio su ciò che simili implicazioni comportano. Attendere un gioco spasmodicamente è un conto, caricarlo di aspettative enormi e pesi che non può in alcun modo sostenere è invece poco intelligente.
Da tutta questa situazione, No Man’s Sky (solo il gioco e non i produttori, né il distributore) ne esce come una vittima, ancor più di chi con beata inconsapevolezza si è piazzato davanti alla TV pensando che il gioco fosse qualcosa di completamente diverso o che l’esplorazione fine a se stessa e il crafting potessero essere delle caratteristiche accessorie di un progetto che da offrire aveva ben altro. È anche vittima di una campagna marketing troppo audace e imponente, che si riserva di solito ai cosiddetti tripla A e che ha accresciuto la sua fama in modo esagerato. Ci sono state delle promesse non mantenute? La risposta – se si osservano con attenzione la genesi dell’opera, il suo sviluppo e il piccolo gruppo da cui tutto è nato – è no. “Indie” e “procedurale” sono due parole che pesano più di ogni proclamo aziendale e più di ogni ben motivata lamentela.
Ridammi i miei soldi
Sul fatto che No Man’s Sky sia un titolo che divide critica e pubblico siamo tutti d’accordo, ma quello che sta succedendo in questi giorni ha dell’assurdo: il calo drastico dell’utenza è un dato significativo di ciò che il gioco è in grado di offrire a lungo termine ed è anche una cartina di tornasole della sua varietà. “Quantità e qualità non vanno sempre a braccetto” l’ho già detto? Sì, però lo ripeto di nuovo, perché deve essere utile a chi la prossima volta dovrà ponderare con maggior attenzione i propri acquisti. È una lezione che bisogna imparare ed è un monito severo per il futuro.
Discorso diverso per quanto riguarda invece il rimborso, che è contemplato (o perlomeno dovrebbe esserlo) solo per alcuni casi limite o entro poche ore di gioco, come accaduto per esempio con la versione PC dell’ultimo Batman, ma non può e non deve essere oggetto di tentato sciacallaggio da parte di chi si crede furbo e vorrebbe giocare gratis. Chi ha chiesto il rimborso dopo 50 ore di gioco è un ladro proprio come dice Shahid Kamal Ahmad, ex strategist content director di Sony. Non c’è difesa per costoro, e bisogna solo stendere un velo pietoso per chi vorrebbe approfittare della situazione. C’è però una folta schiera di giocatori che parla di pubblicità ingannevole, c’è chi (nel caso di Steam) afferma che i video sulla piattaforma non siano indicativi dei contenuti del gioco, c’è anche chi si è sentito truffato e danneggiato. E c’è chi, infine, si è tappato occhi e orecchie e ha rigato dritto per una strada dove la convinzione personale valeva più di ogni altra cosa e non doveva essere intaccata da niente e da nessuno; sono gli stessi che si sono fatti beffe e hanno tacciato di incompetenza chi, in realtà, aveva ben recepito sin dall’inizio che tipo di progetto fosse No Man’s Sky.
È un progetto di un piccolo gruppo di ragazzi che ha avuto la fortuna di essere trainato dal marketing di un colosso come Sony, un gioco la cui ambizione ha dovuto fare i conti con dei limiti palesi e con delle scelte per certi versi obbligate. Per gran parte dei videogiocatori, questo è un gioco come un altro che verrà presto fagocitato dalle prossime uscite; per Hello Games è stato invece il gioco della vita, una scommessa vinta sul piano degli incassi ma ancora in bilico per altri aspetti, soprattutto sul piano dell’immagine. Se hanno imparato la lezione anche loro, lo scopriremo solo col prossimo progetto in cantiere e attraverso il modo di comunicare coi giocatori e con la stampa. Al di là delle colpe, dei demeriti e degli obiettivi raggiunti o meno, qualcosa non è esattamente andato come avrebbe dovuto. E questo è sotto gli occhi di tutti.
Le polemiche createsi attorno a No Man’s Sky si sono infiammate ulteriormente negli ultimi giorni, con un’ondata di richieste di rimborsi davvero impressionante. Bisogna però che i distributori e le piattaforme digitali non concedano troppo a quegli utenti che vorrebbero in realtà approfittare della situazione, altrimenti si creerebbe un precedente pericoloso e in grado di legittimare i meno onesti ad agire in modo illecito con altri prodotti. Chi parla di truffa o di prodotti finali diversi rispetto a quanto visto in fase promozionale, probabilmente farebbe meglio a ripensare ai più conclamati casi di downgrade grafico o ad altri episodi – quelli sì – ben più gravi e su cui spesso l’utenza si ostina a non battere ciglio.