Di dubbi ce n’erano già tanti, sulla realtà virtuale: interrogativi sul prezzo, sulla qualità delle applicazioni e sulla validità dei giochi, sulle specifiche per far girare tutto come si deve e, più in generale, sulla reale necessità di portarsi a casa una tecnologia ancora sin troppo acerba.
Dipinto da taluni come la nuova avanguardia del nostro beneamato settore, in verità lo scetticismo verso questa novità si è rivelato un sentimento ben più preponderante rispetto all’entusiasmo. Lo dice chi l’ha provata (noi) e lo dicono anche tutti coloro che cominciano a rendersi conto che il tanto conclamato futuro non è alla portata del presente, né tantomeno delle tasche di tutti. Potrebbe trasformarsi nella tecnologia ideale per un domani più roseo? Potrebbe, sì (anche se, permettetemi, non lo credo affatto). C’è la possibilità che la realtà virtuale possa fare breccia nel mercato, oggi e alle condizioni in cui si presenta? Decisamente no: la realtà virtuale è al momento un clamoroso buco nell’acqua ancor prima di essere fruibile per i consumatori.
Anatomia di un flop annunciato
La versione commerciale di Oculus Rift ha adesso un prezzo ufficiale: 599 $, che in Italia – col pre-ordine – raggiunge un costo finale di poco inferiore ai 750 euro. A questo esborso, se siete tra coloro che non hanno un PC di fascia alta, dovrete aggiungere un’ulteriore spesa che possa soddisfare i requisiti minimi richiesti per far funzionare questo dispositivo. Ve li riportiamo integralmente, così come sono stati pubblicati sul sito ufficiale:
– Nvidia GTX 970 / AMD 290 equivalent or greater
– Intel i5-4590 equivalent or greater
– 8 GB+ RAM
– Compatible HDMI 1.3 video output
– 2x USB 3.0 port
– Windows 7 SP1 or newer
Alla luce di questi dati, è evidente che si tratta di una tecnologia che non potrà mai sfondare, poiché è adatta a una nicchia e non al mercato di massa. Potreste avere l’ardire di contrastare quest’affermazione asserendo che molti dispositivi tecnologici come smartphone, tablet et similia riescono a vendere lo stesso pur avendo un prezzo tutto sommato in linea con Oculus, ma in quel caso avreste dimenticato che essendo una semplice periferica, da sola, non serve proprio a nulla. Periferiche, appunto, le stesse che non sono mai entrate nelle grazie dei consumatori e che sono diventate solo dei tristi e impolverati soprammobili, come il Move o il Kinect. Chiaro, non è di certo il momento per scavare una fossa quando non c’è in effetti alcun morto, sarebbe ingiusto e poco lungimirante, ma se le condizioni per poter usufruire della realtà virtuale sono queste, si tratta di un “compromesso” accettabile solo da chi può permetterselo per sfizio, o da chi è spinto da una curiosità che francamente non comprendiamo. E non perché è al di fuori della nostra facoltà di capire, ma per il semplice motivo che si tratta di qualcosa che in questo momento, oltre ad avere un prezzo fuori mercato, non è nemmeno adeguatamente supportata. Affinché questa tecnologia possa tentare di affermarsi concretamente, serve ancora molto tempo. E beninteso, non stiamo parlando di mesi. Bisogna oltretutto considerare che si tratta di una prima generazione di dispositivi ancora imperfetti, che miglioreranno col tempo e scenderanno presumibilmente di prezzo; ma fino ad allora, all’utente in fin dei conti spetta un solo ruolo: quello del beta tester. Siete disposti a testare una tecnologia costosa, ancora in divenire e scarsamente supportata?
Chi crede nella realtà virtuale?
La realtà virtuale non è solo Oculus Rift, ma sarà anche Sony Morpheus, HTC Vive e altre alternative che non mancano e non mancheranno. Morpheus potrebbe essere il più accessibile a livello economico, ma anche il dispositivo con qualcosa in meno; HTC Vive pare invece più rifinito, con una qualità complessiva migliore. Tuttavia, tutti sono accomunati dagli stessi problemi: dove sono le cosiddette killer app? Qual è il software che fa gola agli utenti? Perché, a ridosso dell’uscita, siamo ancora sommersi di demo tecniche e giochi vecchi che supportano la realtà virtuale in modo “ufficioso”?
L’ultima volta che ho avuto modo di provare le più recenti versioni di Oculus Rift e di Morpheus è stata durante lo scorso E3. Nel primo caso girava una tech demo di Vaas che si incazzava a morte con me mentre stavo lì seduto a subire la sua ira senza poter interagire in alcun modo; l’altra prevedeva un semplice giochino simile all’acchiappa bandiera ma con delle aquile che sparavano (letteralmente) i loro versi. Sono uscito dalla sala chiedendo a me stesso: “Tutto qui?”. A Morpheus erano invece abbinate altre due demo senz’altro divertenti, ma sin troppo deboli strutturalmente per convincere davvero. All’orizzonte c’è poca carne al fuoco, e i progetti attualmente in sviluppo sono semplici dimostrazioni ampliate per esigenze di mercato o titoli a basso budget che appaiono più come deboli software di supporto. La distribuzione dei pezzi “a scaglioni” (già terminata) può essere una buona strategia iniziale, poiché darebbe alla casa madre la possibilità di prendere tempo in attesa che le acque si muovano un po’; ciononostante, la proposta di un prezzo così elevato e lo scarso supporto delle terze parti lascia dei dubbi ancora più grandi di quelli che avevamo all’inizio. In questo modo, la realtà virtuale, anziché penetrare con intelligenza nel mercato di massa e avere successo, potrebbe trasformarsi in una possibilità “di lusso” per poche persone. In questo momento, le avveniristiche promesse sulla realtà virtuale sono solo fumo negli occhi. I tempi non sono ancora maturi.
Il costo di Oculus Rift – e del PC che serve per farlo funzionare – è il muro più solido che divide questa nuova tecnologia dal mercato di massa. A questo problema non da poco va aggiunto anche un supporto software ancora troppo blando, che si limita a demo tecniche impalpabili e a un paio di titoli a basso budget tutto sommato trascurabili, incapaci di convincere gli acquirenti a fare il grande passo. Chi acquista oggi un dispositivo del genere lo fa sulla fiducia. E anche con la speranza che questa non venga tradita.