Reykjavik – L’Eve Fanfest è sicuramente uno degli eventi dedicati ai fan più importanti dell’anno, e CCP ogni volta riesce a stupire utenza e critica con le varie attività organizzate e le novità introdotte. Ieri pomeriggio siamo stati invitati presso la press room per la presentazione di una nuova feature di EVE Online, ma ben presto il lead designer della compagnia ha pronunciato due parole che ci hanno lasciato di stucco: Oculus Rift. Proprio così, nel corso delle ultime sei settimane i ragazzi di CCP hanno lavorato durante il proprio tempo libero a un progetto disponibile in esclusiva al Fanfest, il quale si configura sostanzialmente come il risultato tra la fusione dell’universo del famoso MMO con il supporto a una delle più innovative periferiche in dirittura di arrivo. Sin dal lancio della campagna di crowdfunding su Kickstarter la software house islandese si è interessata allo sviluppo di questo visore, mettendosi immediatamente in contatto con i suoi creatori e cercando di studiare al meglio l’impiego di tali potenzialità. Il risultato è eccezionale, e di seguito vi proponiamo le nostre impressioni dopo un paio di prove.
Un tuffo nel vivo dell’azione
Il titolo, battezzato dagli sviluppatori EVR, ci ha immediatamente catapultato in una sessione di team deathmatch, durante la quale ci siamo messi a bordo del nostro imponente caccia stellare e, come facilmente intuibile, ci siamo messi a distruggere quanti più nemici possibile. Fin qui la formula può sembrare banale e povera di spunti, ma indossata la periferica le carte in tavola sono cambiate: muovendo semplicemente la testa era possibile controllare la visuale in prima persona, e con un classico pad per Xbox 360 ci preoccupavamo di sparare, schivare i colpi nemici e dirigerci verso il nemico. Le possibilità offerte da una telecamera del genere sono indubbiamente molteplici, poiché non si è più vincolati a utilizzare uno o più stick analogici e si può avere in qualsiasi momento il controllo di ogni cosa presente a schermo, con una lettura dei movimenti caratterizzata da una latenza bassissima, quasi inesistente. Una volta avviato il match, ahinoi della sola durata di una manciata di minuti, ci siamo subito buttati nel vivo dell’azione e abbiamo cominciato a sterminare le unità ostili. A nostra disposizione avevamo una mitragliatrice, controllabile con l’uso del dorsale inferiore, e un lanciamissili con un sistema di lock direzionabile con Oculus Rift. Una volta localizzato il nemico era sufficiente tenere premuto il dorsale inferiore sinistro, inquadrare con un movimento della testa la navicella ostile e poi rilasciare il tasto per far partire il colpo. Il nostro avversario, dalla sua, aveva la possibilità di eludere l’attacco semplicemente localizzando il missile nello spazio circostante e premendo uno dei due tasti adibiti alla schivata. Indossare il visore può all’inizio dare un leggero senso di nausea e per i primi istanti di gioco capita che si veda leggermente sfocato, ma dopo un paio di semplici regolazioni questo spiacevole effetto scompare ed è possibile continuare a giocare tranquillamente.
Nel complesso la demo ci ha decisamente convinto, ed è inutile dire che abbiamo voluto riprovare questo tipo di esperienza più di una volta durante la giornata sebbene la durata fosse, come già detto, piuttosto ridotta. L’idea alla base è davvero valida, e speriamo che nel corso dei prossimi anni gli sviluppatori delle IP che più si prestano a una perfetta interazione con questo tipo di periferica possano pensare di supportarla.
Booooooom
Dopo aver testato la build di prova abbiamo potuto scambiare qualche parola con gli sviluppatori di CPP e di Oculus, che ci hanno spiegato in breve come è nato il progetto e illustrato maggiormente la periferica. C’è da dire innanzitutto che approcciarsi a una soluzione di questo tipo e tentare di integrarla all’interno di un titolo non è cosa da poco. Bisogna conoscere alla perfezione l’hardware con cui si avrà a che fare e, soprattutto, il linguaggio dei vari motori di gioco supportati. Le difficoltà non sono dunque poche, ma le abilità degli sviluppatori hanno saputo dare vita nel corso di poche settimane a un progetto innovativo e divertente.
La periferica è al momento equipaggiata di un display realizzato per dispositivi mobili da 7 pollici a una risoluzione massima di 1280×800 pixel (640×800 per occhio). L’uso questo tipo di componenti in un mercato come quello degli smartphone e dei tablet è favorito da una progressione tecnologica velocissima, e rende possibile agli sviluppatori acquistare a prezzi contenuti i componenti che andranno a formare la versione finale della periferica, prevista entro la fine dell’anno corrente.
Tornando un attimo ai motori grafici, attualmente il dispositivo supporta solamente lo Unity Engine, ma entro breve tempo sarà in grado di interfacciarsi alla perfezione anche con l’Unreal Engine di Epic Games e a molti dei più usati motori di gioco, in modo da invogliare e consentire a una vasta fetta di sviluppatori di lavorare su questa periferica. I requisiti hardware per Oculus Rift non sono, in questo caso, nemmeno particolarmente elevati: per far girare la demo da noi provata era sufficiente una scheda video di fascia medio-bassa (uno sviluppatore ci ha confermato che una GTX 260 era più che sufficiente per svolgere il lavoro richiesto) e un processore che eviti il cosiddetto fenomeno di bottlenecking, capace dunque di contribuire alla resa di un framerate quantomeno accettabile. Avendo infatti due display proprio davanti agli occhi anche il minimo calo di frame rate o episodio di tearing viene percepito immediatamente, e rischia di rovinare questo tipo di esperienza ludica.
La nostra prova di Oculus Rift con EVR si è rivelata un grandissimo successo. I rispettivi team hanno saputo creare un ottimo omaggio ai fan di Eve Online, consentendogli durante questo Fanfest di provare con mano una delle più interessanti tecnologie che, si spera, ci accompagnerà nel corso delle prossime generazioni videoludiche. Ovviamente auguriamo un sincero in bocca al lupo agli ideatori della periferica, sperando che riescano a coinvolgere quante più case di sviluppo nell’integrazione dei motori di gioco proprietari così da poter dar vita a titoli che possano offrire una totale immersione nella scena.