Questi ultimi mesi del 2017 hanno visto Bethesda darsi un gran da fare con le conversioni di alcuni dei suoi titoli più famosi. E così, dopo aver visto Skyrim approdare prima su Nintendo Switch e poi su dispositivi VR, ecco che anche Doom compie lo stesso percorso. Ci troviamo infatti a parlare di Doom VFR, conversione dell’ultimo capitolo della saga per i dispositivi Playstation VR (dove è avvenuta la nostra prova) e HTC Vive. Dopo l’ottimo risultato raggiunto con Skyrim, ci troviamo di fronte ad un altro successo? Scopriamolo insieme.
Diamo inizio alla mattanza
Le vicende di Doom VFR si aprono con la morte del nostro protagonista, l’ultimo sopravvissuto di Marte. Niente da temere, però: poco dopo essere stato ucciso, vediamo la sua coscienza caricata in un network artificiale. Il suo compito sarà quello di liberare la base da tutti i demoni che l’hanno invasa dando inizio ad una vera e propria mattanza che, in pieno stile Doom, utilizza lo sfondo narrativo come mero pretesto per dare inizio ad un vero e proprio massacro di creature infernali.
Visivamente, il gioco si presenta come un esperimento riuscito, al netto dell’onnipresente effetto blur che, seppur in misura minore rispetto ad altri titoli, è presente anche in questa occasione. Doom non può certo contare sulle meravigliose lande sconfinate di Skyrim, ma le sue ambientazioni labirintiche e claustrofobiche riescono a donare un grande impatto atmosferico, dando l’ennesima prova del senso di immersione che la realtà virtuale può dare quando ben utilizzata. La stazione abbandonata di Marte, le deformi creature che andremo ad affrontare, i macchinari distrutti: tutto contribuisce a donare una sensazione di occlusione e tensione. Ovviamente, a farla da padrone sono le sezioni di combattimento, e qui la realtà virtuale dona un valore aggiunto quando si tratta di fronteggiare i giganteschi demoni che caratterizzano Doom. Trovarsi faccia a faccia con loro non è mai stato così galvanizzante ed adrenalinico, effetto aumentato dalla colonna sonora che, proprio come nel gioco del 2016, oscilla tra l’hard rock e l’heavy metal.
Un Doom nuovo… ma non troppo
Doom VFR riprende dal titolo del 2016 le meccaniche di gameplay, che rimangono essenzialmente invariate. Una delle poche novità introdotte consiste nella modalità in cui avviene l’esecuzione finale dei nemici storditi: adesso basta infatti telestraportarsi su di loro per farli scomparire in un bagno di sangue. Il più grande cambiamento, però risiede nello schema di comandi, ed è qui che sorge quello che è, forse, il più grande problema del gioco. Con due Playstation Move, gli spostamenti del protagonista sono affidati al teletrasporto: basta guardare in una direzione e premere l’apposito tasto per teletrasportarsi immediatamente nel punto prescelto. E’ possibile anche fare brevi scatti in ogni direzione grazie ai tasti del Move sinistro, movimenti essenziali durante le fasi di combattimento. Il problema, però, è l’assenza di un metodo per riposizionare la schermata nel punto in cui si sta guardando. Questo costringe a movimenti fin troppo macchinosi che rischiano di diventare un serio impedimento nelle situazioni più concitate che, come saprete, in Doom non scarseggiano di certo. La tentazione è quella quindi di affidarsi al classico Dualshock 4, che permette invece di muoversi liberamente tramite l’analogico sinistro e di ruotare la visuale a piacimento tramite quello destro. Ovviamente, però, questa scelta va ad influire sull’immersività, andando ad inficiare su quella che dovrebbe essere la vera attrattiva di questo Doom VFR.
Superati questi difetti, il gioco è in grado di regalare un’avventura che offre lo stesso divertimento di quella vissuta un anno fa. Purtroppo, però, si tratta di un divertimento destinato a durare poco e, soprattutto, a sapere di già visto. A differenza di quanto accaduto con Skyrim, qui non siamo di fronte ad una traduzione esatta di quanto visto sui nostri schermi un anno fa: Id Software ha infatti deciso di mescolare le carte in tavola, proponendoci un’esperienza che risulta contemporaneamente nuova e vecchia, con una forte tendenza verso il secondo dei due aggettivi. Infatti, gli sviluppatori hanno deciso di riutilizzare parte delle ambientazioni di Doom 2016, aggiungendo però nuovi frammenti e cambiando alcune sezioni. Come abbiamo detto, si tratta anche di un’esperienza breve: la durata di Doom VFR, infatti, si attesta tra le due e le quattro ore di gioco, una cifra irrisoria se confrontata con quella del gioco originale. Va riconosciuta però l’onestà e la coerenza di Bethesda nel proporre il gioco ad un prezzo budget di 30€, che va quantomeno ad alleviare un difetto che, altrimenti, avrebbe potuto essere molto più incisivo sul giudizio finale. In ogni caso, l’ammontare di ore di gioco può fluttuare grazie alla presenza di più livelli di difficoltà e degli immancabili collezionabili, che potrebbero convincervi ad affrontare nuovamente l’avventura.
– Divertente e frenetico come l’originale…
– Visivamente ben riuscito ed atmosferico
– … ma con controlli più macchinosi
– Ripropone solo una parte dei contenuti dell’originale
Doom VFR non riesce nel proporre una vera esperienza VR di Doom, limitandosi a portare solamente una parte del recente titolo ID Software sui nostri dispositivi di realtà virtuale. La scelta di riproporre lo stesso titolo, pesantemente tagliato nei contenuti, ed uno schema di comandi poco efficiente rendono questa esperienza inferiore alla sua controparte. Allo stesso tempo, però, l’occasione di vivere Doom in VR potrebbe fare gola ai fan della serie, soprattutto visto il prezzo budget a cui il titolo viene venduto. In questo caso il nostro consiglio è di lanciarvi nell’acquisto, a patto di tenere a mente i limiti di cui soffre la nuova creatura Bethesda.