Sicuramente tra i titoli più attesi dell’anno su Nintendo Switch, al pari di molti pesi massimi della grande N, qui in veste di distributore per il territorio europeo, Octopath Traveler ha incuriosito sin da subito non solo per il suo evidente richiamo a dinamiche e stilemi tipici dei giochi di ruolo di un tempo, ma anche per il suo coraggio nel riproporre soluzioni ludiche che sembravano (a torto, con il senno di poi) superate.
All’alba della decina di ore di gioco, eccovi le nostre prime impressioni, in attesa della recensione.
Otto destini incrociati
Non una, ma otto storie differenti, ognuna con un protagonista assai differente dagli altri per motivazioni, carattere, pasta morale: non è la prima volta che un gioco di ruolo di matrice giapponese esplora trame corali, ma in questo caso l’attenzione riservata ad ognuna delle personalità è ammirevole.
Da Olberic a Primrose, dietro ai protagonisti si nascondono storie di vita vissuta, alcune eccessivamente romanzate, altre vibranti nella loro umanità, capaci di coinvolgere e di creare affezione verso ognuno dei personaggi, a tal punto che dispiace doverne lasciare fuori la metà quando si tratta di scegliere il party attivo.
Ad aiutare una narrazione sempre sul pezzo la consueta, ottima localizzazione italiana dei testi, a fronte della scelta sul doppio audio inglese/giapponese, tanto cara ai puristi: Octopath Traveler, anche nella sua versione italiana, mantiene il gusto per un linguaggio forbito in bocca a certi personaggi, che diviene slang di strada in bocca ad altri, con una traduzione libera, che veicola i concetti piuttosto delle singole parole e alterna registri assai differenti tra loro con agilità.
L’estrema cura nella realizzazione delle storyline singole cozza un po’ con delle quest secondarie piuttosto frettolose fin qui, generalmente risolvibili utilizzando al meglio le abilità di viaggio di ognuno dei personaggi e crescendo di livello così da poter affrontare/derubare/carpire i segreti di determinati personaggi: come per molti altri elementi di gameplay, tuttavia, ci troviamo costretti a sospendere il giudizio, perché con il party non ancora al completo è davvero presto per elargire giudizi.
In compenso, siamo molto soddisfatti del tono generale e del ritmo della narrazione, e confidiamo che anche il prosieguo dell’avventura mantenga queste prerogative: non vediamo l’ora di sapere dove gli sceneggiatori vogliono andare a parare.
Old is the new “new”
Le dichiarazioni rilasciate recentemente da Takahashi-san, già produttore di Bravely Default prima di Octopath Traveler, sono un manifesto di ciò che l’ultima fatica di Square Enix porta in dote: se l’intenzione iniziale era quella di proporre una versione moderna di Final Fantasy VI, da molti (compreso chi scrive) ritenuto il miglior capitolo della storica saga dei cristalli, il risultato è un ibrido peculiare tra un gioco di ruolo vecchia scuola e un prodotto moderno, capace di venire incontro anche ai neofiti.
Certo, ci sono gli scontri casuali e il combat system è interamente a turni, due elementi di gioco ritenuti “vecchi” da molti game designer dell’ultimo decennio e abbandonati in favore di nemici visibili e scontri in tempo reale, ma la frequenza dei primi non è lontanamente paragonabile a quella dei titoli cui Octopath Traveler si ispira, e il sistema di combattimento è assai più stratificato di quanto si possa pensare.
Le critiche maggiori che si facevano alla turnazione classica riguardavano la poca flessibilità del sistema e il ricorso ripetitivo all’attacco base come maggiore mezzo di offesa: il team di sviluppo ha pensato di variare la situazione prendendo in prestito elementi di game design dai due Bravely Default, come la possibilità di accumulare attacchi fino a quattro in un solo turno, e inserendo un sistema di vulnerabilità multiple per ogni nemico incontrato, dai boss a quelli comuni.
Senza prima abbassare per un paio di turni le difese del malcapitato, sarà estremamente arduo infliggergli danni significativi: trovare e sfruttare le debolezze diviene allora la chiave di volta del combat system, che tende a premiare i giocatori che fanno un uso intelligente delle risorse a loro disposizione e prestano attenzione ai cambiamenti di stato e alle sinergie tra personaggi del party.
Le facilitazioni per i neofiti non mancano: i punti di salvataggio sono abbondanti, corroborati, peraltro, da un generoso sistema di autosalvataggio, e la difficoltà media è punitiva solamente nei confronti di coloro che pensano di vincere grindando e usando ripetutamente il comando di attacco.
Octopath Traveler richiede l’utilizzo di strategie, che variano dalle più elementari a quelle più rischiose, per abbattere i nemici, fossero anche solo tre comunissimi topi troppo cresciuti: attaccare senza criterio può significare incappare in una sconfitta, o in vittorie di Pirro che richiedono troppe, preziose risorse per essere conseguite.
Chi è abituato a farsi strada tra masnade di nemici tramite la pressione forsennata del tasto di attacco, menando fendenti in real time, potrebbe rimanere deluso (o piacevolmente sorpreso, beninteso) da questa impostazione, ma è proprio grazie ad essa, oltre alla splendida direzione artistica e alla cura per lo script, che stiamo amando le nostre prime ore in compagnia della coproduzione Square Enix/ Nintendo.
Grande cura per la narrazione
Meccaniche di gioco classiche ma ancora molto attuali
Stile da vendere e attenzione ai dettagli
Anche nella sua versione finale, Octopath Traveler sembra mantenere le promesse fatte dagli sviluppatori in sede di annuncio e dal gioco stesso ai tempi della demo giocabile, proponendo soluzioni ludiche familiari rivisitate in chiave moderna, capaci di creare una peculiare sensazione di familiarità, e, nel contempo, di freschezza.
Qualunque sia la qualità del gioco finale, la cui recensione non tarderà ad arrivare nei prossimi giorni sulle pagine di Spaziogames, non si può non dare merito a Square Enix e ad Acquire di aver mostrato coraggio da vendere, perché in pochissimi si sarebbero sognati di riproporre scontri casuali e combattimenti a turni puri a pochi mesi dal 2019, per giunta con una veste grafica in pixel art.