Floodland | Provato - Ricostruire sul cambiamento climatico
Floodland è un gestionale decisamente peculiare, che si prospetta molto più arduo rispetto agli altri esponenti del genere
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a cura di Daniele Spelta
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Vile Monarch
- Produttore: Ravenscourt
- Distributore: Ravenscourt
- Piattaforme: PC
- Generi: Strategico
- Data di uscita: 15 novembre 2022
Frostpunk è uno dei migliori city builder sulla piazza (qua la nostra recensione), capace di ribaltare la solita prospettiva ottimistica di una nuova città fiorente e di trasformarla in una lotta impari contro un inverno senza fine. Il mondo steampunk post-apocalittico creato da 11 bit Studios è stato una ventata d’aria fresca in un genere fin troppo radicato nelle sue origini – per quanto ancora ottime, come dimostra Cities Skyline – da cui il gestionale si è distaccato con forza con un gameplay molto più punitivo e dove occorre prestare costante attenzione anche a una società sull’orlo del collasso.
Le gelide tormente di neve e di ghiaccio lasciano spazio ad una marea senza fine in Floodland. Il titolo ideato da Vile Monarch già da questo primo faccia a faccia ci ha ricordato da vicino – e per fortuna in positivo – il già citato Frostpunk e ci mette alla guida di uno sparuto gruppetto di sopravvissuti che, dalle poche macerie lasciate dal mondo che fu, è costretto a ricreare da zero una nuova e si spera meno cieca civiltà.
Grazie ad un accesso anticipato abbiamo così potuto provare in anteprima le idee alla base di questo peculiare gestionale, la cui pubblicazione è prevista per PC il prossimo 15 novembre.
Speriamo di non fare presto la stessa fine
Il primo punto di forza di Floodland è certamente il suo contesto narrativo, purtroppo molto attuale. A differenza del racconto volutamente fantascientifico di Frostpunk, qua si è alle prese con una situazione più concreta, un pianeta Terra quasi totalmente sommerso dalle acque a causa dello scioglimento dei ghiacciai e ridotto a una palude galleggiante da cui affiorano barconi alla deriva, vecchie stazioni radio e casolari oramai ridotti a ruderi e usati come rifugio dalle tribù nomadi che calcano le poche lande asciutte.
È chiara la volontà di sensibilizzare sulla tematica del cambiamento climatico, sfruttato come topos per dar vita a delle meccaniche di gioco che ruotano attorno ai concetti di sopravvivenza e di rinascita.
Oltre alle costanti maree, il genere umano ha anche dovuto affrontare un non precisato – almeno per ora – Evento, un cataclisma che ha riportato indietro le lancette dell’orologio e ha privato la popolazione superstite anche di tutte quelle tecnologie moderne che tanto avrebbero fatto comodo in una situazione del genere.
Ripartire da zero
La situazione da fronteggiare non è proprio delle più semplici e sta a noi cercare di ridare vita a un pianeta ben oltre l’orlo del collasso.
La prima decisione che ci siamo trovati davanti è stata la scelta di una delle quattro fazioni inizialmente messe a disposizione, ciascuna delle quali presenta bonus e malus caratteristici, e possiede anche una precisa visione sul futuro o una certa nostalgia del passato.
Complessivamente, queste quattro tribù possono essere disposte lungo due assi, uno che caratterizza la polarizzazione tra libertà e autoritarismo e il secondo che mette ai due estremi l’attaccamento all’epoca passata o la voglia di lasciarsi tutto alle spalle per rifondare un nuovo domani.
Al di là di qualche modificatore statistico, non abbiamo però riscontrato almeno inizialmente grosse differenze in termini di gioco per le differenti fazioni. Tutte condividono infatti le medesime meccaniche, seguono dei percorsi di sviluppo simili e come detto traggono maggiori vantaggi a seconda dei bonus presentati nella schermata iniziale di selezione, ma nulla di più.
Non chiamatelo clone
Il parallelo fatto con Frostpunk è evidente soprattutto nei temi trattati e nell’approccio complessivo al genere dei city builder, ma bastano pochi click per scorgere anche le numerose differenze presentate da Floodland.
Come da tradizione, i nostri primi passi sono stati guidati da un tutorial che poco alla volta ci ha introdotto le numerose sfaccettature del titolo che, purtroppo, vengono però spiegate con troppa fretta attraverso delle indicazioni spesso vaghe e su cui è molto facile fare degli errori, portando così al game over in molta fretta.
Al contrario, non ci abbiamo messo molto a prendere confidenza con l’interfaccia di gioco, decisamente tradizionale. Nella parte alta dello schermo vengono infatti evidenziate tutte le risorse a nostra disposizione, il livello crescente o calante delle riserve e destreggiarsi attraverso i classici menù delle costruzioni o delle tecnologie richiede pochissimo allenamento.
Anche la quantità dei materiali necessari per edificare una tenda o per posizionare un nuovo centro di raccolta per il cibo è immediatamente chiara e senza troppi click a vuoto.
Complessivamente, nonostante la farraginosità del tutorial, chiunque abbia un minimo di dimestichezza con i gestionali e con gli strategici in tempo reale non ci metterà molto a entrare in confidenza con un loop di gioco tanto immediato quanto ben strutturato. La descrizione delle semplici meccaniche di gioco banalizzerebbe la situazione complessa che abbiamo dovuto affrontare, nonostante l'orizzonte a corto raggio di questa anteprima.
Sulle prime è stato infatti necessario spedire i pochi sopravvissuti attorno al piccolo deposito a nostra disposizione, per accumulare così gli scarti presenti sul terreno, la legna sparsa sotto gli alberi e le bacche con cui sfamare le bocche dei sopravvissuti.
Inizialmente la crescita è stata abbastanza lineare, così come le richieste degli abitanti. Con i rifiuti raccolti abbiamo sistemato le prime tende per non lasciare senza un tetto i lavoratori e il sistema di raccolta delle acqua era sufficiente per quel manipolo di vagabondi.
Questa prima fase viene però lasciata velocemente alle spalle non appena si inizia ad esplorare l’ampio albero delle tecnologie che, diviso in più rami, dà accesso a strutture sempre più complesse, che richiedono una popolazione specializzata e che necessitano di più lavoratori per restare attive e per soddisfare delle lamentele sempre più pressanti.
Guai in vista
Durante questa demo non abbiamo mai toccato il punto di rottura, ma è chiaro come Floodland voglia mettere il giocatore al cospetto di situazioni sempre sub-ottimali, dove prendere decisioni senza che ci sia un’unica scelta perfetta.
Ad esempio, le nostre riserve d’acqua sono calate all’improvviso quando abbiamo dovuto sacrificare gli addetti al sistema di pompaggio idrico per spedirli oltre i nostri confini alla ricerca di altre tribù, oppure ci siamo trovati spesso a corto di rifiuti, indispensabili per costruire nuovi edifici, ma che scarseggiano sul suolo soprattutto ai livelli di difficoltà maggiore.
Un ruolo chiave è poi giocato dal centro di ricerca, dove posizionare sempre almeno un paio di cittadini per ottenere nuovi punti da investire nelle tecnologie e per aumentare l’esperienza del clan e ottenere in tal modo nuovi bonus.
Infine, anche i piani meglio orchestrati possono essere scompaginati a causa di un imprevisto, sotto forma del classico evento casuale. Fidatevi, dar da mangiare molluschi avariati al vostro clan non è la scelta migliore, soprattutto quando la tenda medica è fatta da quattro pali di legno e ci si cura con delle semplici erbe.
Il brutto deve ancora venire
La complessità è rimasta comunque sempre sotto la soglia critica e, purtroppo, la versione di prova messa a nostra disposizione si è fermata proprio sul più bello, ossia quando siamo entrati in contatto con un nuovo clan.
La nostra nuova civiltà non vive infatti isolata dal mondo, ma Floodland prevede anche un sistema di relazione con le altre fazioni, su cui però sospendiamo il giudizio vista la brusca conclusione del nostro test. Discorso analogo può essere fatto per tutto ciò che ruota attorno al morale del clan che, nonostante i nostri strampalati tentativi, non si è mai lasciato andare alla completa rivolta.
Da quanto abbiamo intuito, questa componente assumerà un ruolo determinante nelle probabilità di sopravvivenza e, un po’ come accade nel già citato Frostpunk, scontentare di continuo il proprio clan, spingerlo alla fame o massacrarlo di lavori, aumenterà in modo repentino il rischio di piombare nel caos totale e nel fallimento di una nuova società utopica.
I punti interrogativi non sono dunque pochi, ma su una cosa possiamo stare tranquilli: lo stile di Floodland ci ha convinto a pieno, al netto di qualche inevitabile bug in questa fase di sviluppo.
I colori vibranti e quei tocchi quasi da quadro in movimento alleggeriscono il peso di un mondo andato a rotoli e rinforzano la speranza su un domani migliore, allo stesso modo della colonna sonora composta da Piotr Musial, lo stesso autore alle spalle delle ottime soundtrack di This War of Mine e, tanto per cambiare di Frostpunk.
Voto Finale
Conclusioni Finali di SpazioGames
Pro
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Rifondare una nuova società non è un lavoro banale
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La componente narrativa dovrebbe avere un ruolo fondamentale
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La direzione artistica ci ha immediatamente colpiti
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Bastano pochi minuti per apprendere il loop di gioco...
Contro
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... Nonostante un tutorial molto sbrigativo
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Ci sono ancora molte aree del gioco inesplorate