Atomic Heart | Provato - Nel cuore dell'ucronia sovietica
Finalmente la prima prova della strana avventura di Mundfish ambientata in un'Unione Sovietica degli anni '50 dominata dai robot e da tecnologie all'avanguardia.
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a cura di Silvio Mazzitelli
Redattore
Informazioni sul prodotto
- Sviluppatore: Mundfish
- Produttore: Focus Entertainment
- Distributore: Focus Entertainment
- Piattaforme: PC , PS4 , XONE , XSX , PS5
- Generi: Sparatutto
- Data di uscita: 21 febbraio 2023
PARIGI - Sono passati oltre quattro anni da quando, nel 2018, comparve il primo trailer di Atomic Heart, titolo di debutto della software house russa Mundfish che verrà pubblicato dal publisher francese Focus Entertainment. Quel primo trailer aveva sorpreso molti per un comparto tecnico davvero notevole e per le atmosfere che ricordavano molto un Bioshock ambientato però nell’ex Unione Sovietica.
Dopo essere sparito dei radar per qualche tempo, da ormai più di un anno il titolo è ricomparso con trailer che si sono fatti sempre più frequenti, tanto che pochi mesi fa ne è stata annunciata la data di lancio, prevista per il 21 febbraio per PlayStation 5 e 4, Xbox Series S e X, Xbox One e PC. Il gioco sarà inoltre disponibile su Game Pass sin dal lancio, per la gioia di tutti gli abbonati al servizio di Microsoft.
Dopo che il titolo ha fatto tanto parlare di sé, eravamo molto curiosi di provare con mano Atomic Heart, per verificare se fosse veramente così spettacolare come i trailer dimostravano: finalmente, la settimana scorsa siamo volati a Parigi, per testare per la prima volta il gioco di debutto di Mundfish per ben quattro ore.
Una città sospesa nel cielo in un’altra parte del mondo
Con uno sviluppo così lungo, i dubbi erano tanti e finalmente abbiamo potuto iniziare a capire meglio di che tipo di gioco si tratti, se veramente sia un Bioshock ambientato in Russia, uno sparatutto più lineare e votato maggiormente all’azione o qualcosa di completamente nuovo e inaspettato.
La prima cosa da noi provata è stata proprio l’inizio del gioco, che subito ci ha ricordato molto la splendida sequenza iniziale vista in Bioshock Infinite (che potete trovare in una collezione di tutti i Bioshock su Amazon).
Dopo la vittoria nella Seconda Guerra Mondiale contro i nazisti, l’Unione Sovietica è all’avanguardia nel campo della robotica grazie al lavoro del geniale scienziato Dmitry Sergeyevich Sechenov, che nel 1936 scopre un polimero speciale che rivoluziona il mondo. Grazie a questa incredibile scoperta, infatti, nell’arco di pochi anni il mondo cambia completamente, con la creazione di robot in grado di sostituire quasi completamente l’uomo in diversi tipi di lavoro, velocizzando la costruzione di città e diventando pian piano parte integrante della vita di tutti i giorni.
L’Unione Sovietica e i suoi robot guidano così il mondo verso una nuova realtà di benessere quasi utopica. Questa immagine del futuro diventa sempre più reale quando Sechenov, continuando i suoi studi sul polimero, scopre un modo per farlo assimilare al corpo umano, così da poter collegare dispositivi e interfacce a livello neurale per controllare i robot con la mente.
Anno 1955, l’URSS è pronta a inaugurare il progetto Kollektiv 2.0, in cui, tramite l’interfaccia chiamata Pensiero, sarà possibile essere integrati in un’enorme rete neurale per gestire i rapporti tra uomo e macchina. In tutta la nazione si procede a effettuare la polimerizzazione di tutta la popolazione in previsione del 13 giugno, data in cui si inaugurerà Kollektiv 2.0 e l’inizio di una vera e propria coscienza collettiva che cambierà il mondo e permetterà di assimilare informazioni in pochi attimi.
Il centro nevralgico di quest’operazione è la Struttura 3826, una realtà altamente tecnologica, tanto da essere considerata quasi una città del futuro, con diverse "isole" volanti che le volteggiano sopra. Qui, Sechenov ha creato il futuro dell'interessante ucronia descritta in Atomic Heart e qui le cose inizieranno ad andare storte – quando un traditore chiamato Petrov sembrerà aver manomesso il sistema generale della struttura rendendo tutti i robot ostili agli umani.
È proprio per salvare la struttura ed evitare che l’incidente trapeli nel resto del mondo che viene ingaggiato il nostro protagonista, il maggiore Nechaev, soprannominato P-3. L’uomo ricorda molto poco del suo passato e nutre un grande rispetto per Sechenov, dato che questi gli ha salvato la vita da un non precisato incidente mortale – fornendogli anche un comodo guanto tuttofare chiamato Charles, in grado non solo di parlare mentalmente con il protagonista, ma anche di utilizzare varie capacità offensive all’avanguardia.
Starà a P-3 dunque catturare Petrov e salvare la situazione nella Struttura 3826, ormai in mano a dei robot impazziti.
Quanto vi abbiamo raccontato è racchiuso nella fase iniziale del titolo, che ci descrive tutto questo mostrandocelo in gioco in maniera interattiva. Saremo noi, nei panni dell’agente P-3, a muoverci nelle isole poste nel cielo e ad assistere ai vari festeggiamenti iniziali per l’inaugurazione del Kollektiv 2.0.
Ci si potrà perdere ad analizzare ogni dettaglio della zona iniziale oppure potremo proseguire dritti verso gli obiettivi, fino a quando la situazione non sfuggirà di mano e i robot inizieranno ad attaccare tutti. L’incipit ci ha ricordato molto quanto visto nel titolo creato da Ken Levine, durante i primi passi mossi a Columbia, una fonte d’ispirazione molto chiara per la creazione di Atomic Heart.
Riguardo alle fonti d’ispirazione, è giusto citare anche quanto detto dagli sviluppatori, ossia che per i robot e lo stile tecnologico hanno citato diverse opere di fantascienza distopica russa del secolo scorso.
Atomic Heart è un gioco che vuole focalizzarsi molto sulla sua componente narrativa, che alla fine rappresenterà in effetti il fulcro dell’esperienza. Oltre alla parte iniziale, non abbiamo potuto vedere molto altro riguardo la storia, ma le basi mostrate in questa prima prova ci sono sembrate molto interessanti.
È ancora presto, però, per poter capire la portata della trama, che – come succede solitamente con questa tipologia di opere, nasconderà sicuramente diversi colpi di scena in grado di ribaltare ogni convinzione del giocatore.
Follia robotica
Atomic Heart, da quanto abbiamo visto durante la nostra prova, ama stravolgere l’atmosfera a cui aveva appena abituato il giocatore. Se l’inizio è molto colorato e luminoso per via del momento di festa della parata, in pochi attimi tutto si trasforma e passiamo ad ambienti lugubri e devastati dalla pazzia dei robot, il che trasforma il gioco quasi in un horror. Questo cambio d’atmosfera improvvisa ci ha colpiti molto durante le ore passate con il titolo, specialmente in alcuni momenti di cui parleremo a breve.
Le prime fasi del gioco si concentrano sull’esplorazione, che inizialmente ha un ritmo lento, necessario per farci prendere confidenza con le caratteristiche del suo gameplay.
Molte nozioni legate al combattimento e ad altre meccaniche generali ci vengono qui introdotte, come ad esempio la schivata o la possibilità di scannerizzare tutto quanto c’è intorno a noi per individuare risorse e pericoli. Non mancano poi gli enigmi ambientali, molti dei quali legati a serrature da aprire – che vantano una discreta varietà di metodi, tra scassinamenti e ricerca di codici nell’area circostante.
Come avviene in altri titoli simili, anche qui esplorando troveremo file audio e mail del personale da leggere, che ci sveleranno ulteriori dettagli (a volte anche importanti) sull’ambientazione del gioco. Sarà dunque importante scandagliare ogni angolo di ciascuna stanza, per trovare ogni possibile indizio su ciò che ha portato al disastroso incidente della Struttura 3826.
Il combattimento in questa fase è basato principalmente sugli attacchi corpo a corpo. La nostra ascia potrà colpire normalmente o essere caricata per infliggere più danno.
I robot nemici avranno degli attacchi speciali che si illumineranno quando verranno caricati: questi andranno evitati a tutti i costi perché se, andati a centro, oltre a infliggerci un ingente danno, ci butteranno a terra rendendoci inermi per alcuni secondi.
La chiave di tutto sta nel posizionamento e nel colpire quando i robot umanoidi abbassano la guardia e per fare ciò saremo dotati di un’agile schivata, molto utile per spostarsi ad alta velocità ed evitare gran parte dei colpi nemici. Padroneggiarla sarà fondamentale per evitare la schermata di game over.
I nemici nel gioco sono molto aggressivi e nelle prime fasi dell’avventura è difficile uscire indenni da uno scontro con più di un robot alla volta.
Esiste anche una modalità stealth molto semplice: basterà abbassarsi per fare meno rumore ed essere meno visibili, per poi arrivare di soppiatto dietro ai robot e disattivarli con il fido guanto di P-3, ma è chiaro che questo sistema non è il focus dell’avventura, dato che è molto difficile non essere visti – soprattutto nella fase open world di cui parleremo a breve. Il gioco d’altronde è molto più improntato sul combattimento aperto e non tanto sulle azioni stealth.
Una funzione che abbiamo davvero amato, come reduci dei Bioshock e di altri titoli simili, è la possibilità di raccogliere tutti gli oggetti presenti in una stanza velocemente tenendo premuto il tasto d’interazione. Il nostro P-3 attiverà la sua mano robotica aspirando tutti gli oggetti utili senza dover stare a ispezionare ogni singolo cassetto di ogni stanza per non perdersi nemmeno una possibile risorsa. I giocatori ossessivo compulsivi, che devono controllare anche sotto i tappeti per essere sicuri di non aver perso nulla, avranno vita molto più facile in Atomic Heart.
In questa prima fase abbiamo inoltre ottenuto il nostro primo potere: una semplice saetta efficace contro le macchine e in grado di disattivare per alcuni secondi diversi sistemi, tra cui anche le pericolose telecamere di sorveglianza.
Questo potere, nella sua versione di base, non è nulla di che, né come potenza né come effetto scenico, ma ci ha introdotti a un vasto skill tree in cui è possibile potenziare ogni abilità del nostro agente P-3. Per effettuare questi potenziamenti, necessiteremo però dei polimeri, da raccogliere in giro per la mappa.
Non è tutto, perché potremo anche potenziare ogni arma trovata, oltre a crearne di nuove tramite il ritrovamento di progetti e materiali. Sul crafting, però, in questa sessione di prova ancora non abbiamo visto nulla.
Dobbiamo comunque spendere due parole sulla macchina che ci permetterà di potenziarci: una sorta di grosso distributore arrapato che continuerà a fare battute esplicite sulle modifiche che intende farci. Sicuramente ironica e surreale, come stazione di potenziamento, cosa che contribuisce a creare quell’atmosfera difficile da inquadrare di cui parlavamo prima.
Il mondo aperto di Atomic Heart
La seconda parte della nostra prova ci ha mostrato l’open world di Atomic Heart, dove siamo stati trasportati direttamente tramite il menu di debug, senza quindi una continuità con la fase precedente.
Ci siamo ritrovati in una verde e lussureggiante area piena di abitazioni dall’aspetto futuristico, popolata però da nemici organici. Questi sono frutto di alcuni esperimenti e li potremmo descrivere come delle speciali piante che hanno preso il controllo di cadaveri umani rendendoli molto pericolosi e aggressivi.
Parlavamo in precedenza di cambio d’atmosfera non a caso, perché dalle ambientazioni tetre quasi da horror della fase precedente qui si passa a un delirio di divertente follia, in cui ci siamo ritrovati a massacrare piante e zombie dal pollice verde come se fossimo in Doom, con in sottofondo una canzone pop russa degli anni ’80 qui remixata in chiave metal, che in quel momento ammettiamo di aver adorato.
In questa parte del gioco avevamo dalla nostra molte più armi e poteri, tra cui un lanciarazzi e un tipico kalashnikov, oltre a una mazza composta da alcune seghe circolari che, utilizzando l'attacco speciale, potevano staccarsi e fare a pezzi autonomamente i nemici vicini.
Il feeling delle armi è buono, ma si continuerà a utilizzare la schivata mentre si sparerà all’impazzata, anche se le munizioni non saranno mai sufficienti per l’alta concentrazione di nemici. Da quanto provato il gunplay è abbastanza classico, ma comunque efficace.
A questo si aggiungeranno nuovi poteri, come l’utile scudo, in grado di resistere a svariati colpi per alcuni secondi, e la potentissima telecinesi, che ci permette di lanciare in aria i nostri nemici per poi scaraventarli rovinosamente al suolo infliggendo loro parecchi danni.
In questa versione del gioco ci è parso di poter utilizzare la telecinesi senza limiti, cosa che la renderebbe un po’ troppo potente, se così fosse anche nel gioco finale. Ad ogni modo, l’alternanza di armi da fuoco, poteri e armi corpo a corpo funziona piuttosto bene e diverte.
Il set già impostato però non ci ha dato la giusta libertà di personalizzazione per il nostro approccio offensivo e dovremo dunque attendere la versione finale per capire la varietà di build possibili.
Per quanto riguarda invece la grandezza del mondo aperta di Atomic Heart, osservandolo dalla mappa di navigazione, questo non pare troppo grande e dispersivo, e sembra prediligere aree più piccole e dense di strutture e abitazioni. Nella nostra prova non ci è stato possibile esplorarlo tutto, ma abbiamo potuto vedere soltanto tre zone in maniera veloce.
Le zone visitate non avevano però molte attività da compiere al loro interno: si trattava semplicemente di aree piene di nemici e senza grande interattività. Ci auguriamo che quanto visto fosse solo una versione di prova atta a farci testare poteri e armi nuove in combattimento, senza che rappresentasse la qualità finale di quella stessa area.
Ci sono diversi indizi che ci fanno pensare fosse una versione parzialmente dimostrativa: potevamo ad esempio camminare sull’acqua di un lago senza che questa avesse alcuna reazione ambientale e in più abbiamo notato qualche altro problemino tecnico.
Sospendiamo dunque il giudizio sulla struttura del mondo aperto, augurandoci che quanto visto appartenesse a una vecchia build del gioco finalizzata a dimostrarne soltanto alcuni aspetti e non la versione definitiva.
Metal e robot giganti
La fase finale della nostra prova di Atomic Heart si è conclusa con una boss battle. Abbiamo affrontato un grosso robot in grado di diventare una sorta di sfera di metallo pronta a caricarci. Oltre a ciò, era in grado di sparare razzi e cerchi di fiamme da evitare saltando e di attirarci a sé con una forza gravitazionale.
La boss fight è stata molto intensa e spettacolare, con il nemico che continuava a cambiare pattern d’attacco. Dalla nostra, noi potevamo azionare degli interruttori per far spuntare dal terreno delle piattaforme in grado di colpire il robot – o anche perché ci facessero semplicemente da scudo.
Colpendo con il lanciarazzi il robot mentre ruotava verso di noi potevamo stordirlo facendogli esporre i suoi punti deboli. Il tutto era condito da una musica metal esaltante e perfetta per lo scontro.
Non è un caso che la colonna sonora di Atomic Heart sia una delle cose che ci è piaciuta di più di questa prova – d’altronde Mundfish ha richiesto la collaborazione di Mick Gordon, famoso compositore dei recenti capitoli di Doom (nonostante le controversie), di Wolfenstein e di molto altro. Una garanzia, dunque, sul lato musicale.
Passiamo ora alla componente grafica, uno degli aspetti che ha più attirato l'attenzione su Atomic Heart. Premettiamo che abbiamo provato il gioco su un PC di fascia alta: non sappiamo le specifiche, ma guardando le impostazioni il gioco aveva tutte le opzioni possibili al massimo e con una risoluzione in 4K.
Il titolo ha il suo perché graficamente, ci sono delle ambientazioni molto belle e suggestive, dovute anche a una buona art direction che riesce a dipingere in maniera interessante questa ucronia di un’Unione Sovietica robotizzata e stilisticamente ispirata dalle storie di fantascienza della metà del secolo scorso.
Tuttavia, osservando più nel dettaglio, abbiamo notato come quell’effetto (soprattutto nei primi trailer) da produzione al livello di un tripla A, non sia così accurato. I PNG ad esempio hanno delle animazioni molto ingessate, specialmente per quanto riguarda l’espressività del viso; inoltre, i modelli di quelli secondari si ripetono spesso, soprattutto nella sequenza iniziale.
Anche l’interazione ambientale ha dei limiti, specie nell’open world: ad esempio, sparare o colpire dei palloncini non sortirà alcun effetto e anche la fisica degli oggetti lanciati o fatti esplodere non è così accurata, nonostante si possano prendere sedie e tavoli anche da scagliare contro i nemici.
Non stiamo dicendo che a livello tecnico Atomic Heart non sia sufficiente – anzi, per essere il primo gioco di Mundfish stiamo parlando di un grande lavoro da parte del team, che ha confezionato un titolo visivamente notevole; quello che vogliamo sottolineare è di non aspettarsi un titolo in grado di competere graficamente con i tripla A più importanti da questo punto di vista.
La versione da noi testata inoltre aveva ancora qualche bug da risolvere, tra crash improvvisi, menu che non funzionano regolarmente e inventario che non permette di selezionare le armi da equipaggiare, per citarne alcuni. Ci auguriamo che la versione completa di Atomic Heart, in arrivo tra poco più di un mese, sia molto più pulita al lancio.
Voto Finale
Conclusioni Finali di SpazioGames
Pro
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Storia dalle basi intriganti, nell'attesa di vedere come si evolverà
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Buon mix di utilizzo di armi da fuoco, corpo a corpo e poteri speciali
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Atmosfera che sa passare dall'horror alla follia con naturalezza
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Buona la componente grafica...
Contro
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...ma con ancora diversi problemi da sistemare
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La versione dell'open world da noi provata non era ancora definitiva, visti i tanti problemi presenti
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Alcuni bug che speriamo vengano risolti nella versione finale
Commento
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