A poche settimana dall’uscita prevista per il 5 ottobre prossimo, alla Gamescom abbiamo avuto modo di provare una delle missioni secondarie di Assassin’s Creed Odyssey, il nuovo episodio della saga (che, per altro, non tornerà nel 2019 come annunciato da Ubisoft) ambientato nell’antica Grecia. La missione è situata in quello che è l’endgame di AC Odyssey, in una situazione per cui la storia è completata, l’equipaggiamento è grandioso, ed il personaggio (nel nostro caso Kassandra) è potenziato praticamente al massimo. L’idea di Ubisoft è stata quella di farci provare ciò che si può fare – una missione tipo – una volta che AC Odyssey è stato spolpato per la maggior parte dei suoi contenuti.
La missione ci vede aiutare Bryce, una ragazza che da tempo non ha notizie della sua amata. Inizialmente dovremo liberarla da un manipolo di guardie ben armate e corazzate, per poi aiutarla a cercare la sua bella. Fin da subito abbiamo avuto la possibilità di saggiare le potenzialità del titolo una volta che il gioco si fa duro ed i duri (o per meglio dire “la dura” nel nostro caso) devono giocare. Ritornano ovviamente le varie “classi” di nemici visti in Origins, tra avversari più agili a energumeni corazzati con tanto di scudo che vanno affrontati ed approcciati in modo molto diverso. In questo senso, la nostra Kassandra aveva già a sua disposizione una serie di abilità da utilizzare durante lo scontro. Con il dorsale sinistro è possibile richiamare una ruota di quattro mosse legate al combattimento in mischia attivabili tramite la pressione di uno dei quattro tasti principali. Nel nostro caso una mossa per curarsi, una che rompe la guardia, un’altra che consente di eseguire un potente calcio per allontanare i nemici, ed un’altra ancora per creare un’onda d’urto potentissima sprigionata dall’arma di Leonida (il fulcro della narrativa e del combat system di Odyssey). Con il grilletto sinistro, invece, è possibile evocare altrettante mosse per quanto riguarda l’arco, mosse che onestamente non abbiamo sentito il bisogno di usare durante la demo, preferendo concentrarci sul combattimento corpo a corpo dove, ad opinione chi vi scrive, Assassin’s Creed Odyssey riesce a dare il meglio di sé.
Una volta archiviato il primo gruppo di mascalzoni, che comunque ci ha richiesto un game over, la storia ci vede esplorare un tempio di pietra in una zona selvaggia dell’isola di Lesbo, dove ad accoglierci ci sono una serie di statue che una volta erano uomini e donne in carne ed ossa, sparse per l’ambiente in modo casuale e con pose grottesche. Con i classici metodi che abbiamo conosciuto in Origins, ovvero consultando la mappa per trovare la direzione del prossimo obiettivo, ci siamo ritrovati a dover percorrere un tratto di mare per raggiungere un’altra isola. La missione era quella di recuperare una sorta di chiave, rivelatasi poi un antico artefatto a forma di disco, per aprire il tempo di cui sopra, dove era plausibile si trovasse la persona scomparsa. In questo caso il gameplay non si è rivelato troppo diverso dall’iterazione egiziana della serie, con tre zone da esplorare nella speranza di beccare quella in cui si nascondeva l’artefatto, tra nemici da aggirare oppure affrontare a viso aperto, con la necessità di esplorare i dintorni con l’aiuto dell’ormai iconica aquila.
La vera sfida è arrivata alla fine quando, una volta aperto il tempio con la chiave di cui sopra, ci siamo ritrovati a dover combattere addirittura Medusa. La ragazza che era al centro della ricerca è stata trasformata proprio nella leggendaria creatura e, non volendo più sentire ragioni nemmeno dalla sua amata, si è scagliata sulla nostra Kassandra. Il combattimento che ne segue è una vera e propria boss fight con tutti i crismi. Medusa ha una serie di pattern di attacco da imparare ed un quantitativo di danni ingenti da infliggere se si viene colpiti in pieno. All’inizio vengono evocati quattro nemici fatti parzialmente di pietra, fastidiosi ma soprattutto utili ad accrescere l’adrenalina necessaria all’attivazione delle mosse speciali di cui sopra, oltre all’attacco definitivo mutuato da
Assassin’s Creed Origins
. Successivamente, Medusa spara un raggio dai suoi bulbi oculari che pietrifica nel caso si venga colpiti per alcuni secondi consecutivi, ma nell’arena della battaglia sono presenti alcune colonne, provvidenziali per nascondersi ed attendere il momento giusto per contrattaccare. Se Medusa viene avvicinata è in grado di sferrare un altro paio di attacchi a corto raggio, per poi tornare a ricoprirsi con uno scudo magico e rievocare gli scagnozzi di cui sopra. Lo scontro è, come detto, molto ostico, perché Medusa riesce a sopportare un quantitativo clamoroso di danni, ed è quindi necessario imparare bene il tempismo degli attacchi così come il modo per infliggere il maggior numero di danni con il minimo di colpi, prima che Medusa si “resetti” e torni a sua volta al contrattacco.
Scontro con Medusa molto impegnativo
Missione narrativamente ben strutturata
Le modifiche al combat system potrebbero brillare nell’endgame
Alla Gamescom abbiamo provato una missione secondaria dell’endgame di Assassin’s Creed Odyssey che non può certo dirsi esaustiva in quanto a rappresentazione della quantità (e qualità) dei contenuti post-avventura, ma ci dà se non altro la dimensione di quanto possano essere impegnativi alcuni degli scontri che troveremo. Per quanto riguarda la struttura della missione in sé, non c’è invece niente di nuovo o particolarmente innovativo da segnalare nella sua composizione.