Anteprima

Until Dawn

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Dopo aver trascorso quattro ore di gioco con Until Dawn, molti dei dubbi che aleggiavano attorno al progetto si sono dileguati. L’idea – largamente pregiudizievole – che si trattasse di un titolo del tutto simile alle opere di Cage, ma in salsa horror e con una debolezza strutturale più accentuata, si è disgregata man mano che il tempo passato con Until Dawn aumentava. La tipologia è senz’altro quella e sarebbe un atto di menzogna negare che l’ossatura del sottogenere riportato alla ribalta da Heavy Rain è grossomodo la medesima, ma alcune caratteristiche uniche e il modo di gestire la narrazione lasciano intendere che il titolo di Supermassive Games avrà solide gambe per potersi sorreggere da solo.
Il più classico degli inizi
Dalla caratterizzazione dei personaggi ad alcune situazioni triviali, dall’ambientazione al modo in cui gli otto protagonisti verranno braccati, Until Dawn non fa nulla per nascondere la sua spiccata natura da teen horror. Non mancano nemmeno i cliché tipici del genere, come i labili intrecci amorosi, l’incipit tragico e misterioso su cui bisognerà indagare, il gusto per alcune leggende metropolitane e il modo di mettere in scena la puerilità di certi personaggi apparentemente destinati a una morte lenta e dolorosa. Ma badate bene che qui la parola cliché ha un’accezione positiva, perché gli sviluppatori hanno avuto la chiara intenzione di costruire un’intelaiatura che rispecchiasse quel modo di fare horror a cuor leggero, con annessi scarejump organizzati da compagni che si sentono simpatici, gruppetti che si separano anziché stare sempre insieme, pericoli affrontati spesso nel modo meno appropriato e un inizio che pesca a piene mani dalla scuola americana degli horror moderni: otto amici che tornano in una baita in montagna dopo un terribile incidente che casuale non è, un terreno indiano dove l’influenza dello sciamanesimo è tutt’altro che secondaria, un killer che segue le potenziali vittime e una sequela di vite spezzate. O forse no, perché una delle caratteristiche fondamentali di Until Dawn è proprio la possibilità di poter influire sul destino dei protagonisti, cambiando il corso di una storia adattiva che si modella in base alle scelte – spesso casuali – dell’utente. Non è ancora chiaro se esiste un modo per salvare tutti gli otto personaggi, così come non ci è dato sapere se una serie di scelte infauste porterà alla morte di tutti; non sappiamo nemmeno il numero preciso dei finali messi a disposizione, ma non c’è dubbio che saranno parecchi. C’è solo la certezza della consequenzialità di certe azioni, che determinano in modo decisivo gli sviluppi futuri della trama. Attraverso il sistema denominato “Effetto Farfalla” sia i dilemmi morali, sia le scelte apparentemente più insignificanti, potranno avere conseguenze imprevedibili e di grande peso. Nel momento in cui incapperete in una scena del genere dovrete scegliere cosa fare, ma non saprete mai veramente quando quell’azione porterà i suoi risultati. Il gioco ve lo mostrerà solo dopo l’avvenimento di un episodio cruciale, attraverso una sorta di flashback che vi indica inequivocabilmente quanto ciò che avete visto sia causa diretta di ciò che avete compiuto in passato. In questo senso, è interessante constatare la grande “manipolabilità” della trama, che si apre a numerosi bivi narrativi raramente slegati dal filone principale e quasi mai pretestuosi. L’impressione è che il sistema funzioni piuttosto bene, ma ad onor del vero bisogna comunque sottolineare la presenza di qualche casualità di troppo, di cui l’utente ha ben poche colpe. 
Brividi estivi
La struttura di gioco su binari, che non ospita mai ambienti dispersivi o troppo complessi, avrebbe potuto essere sfruttata per creare un’atmosfera opprimente e angosciante, ma di orrore vero in Until Dawn ne abbiamo visto ben poco. Supermassive Games preferirà giocarsela sulla costruzione dei personaggi e sulla narrazione asincrona, che somiglia per certi versi a quella vista in Forbidden Siren. L’accento è posto inoltre su una gestione dei ritmi che pare essere perfetta, e che difficilmente cederà il fianco a scene di riempimento in cui le azioni da compiere verranno a noia. Durante la nostra prova non c’è mai stato un momento in cui abbiamo assistito a vistosi cali di ritmo; al contrario, il salto da un protagonista e l’altro si è verificato sempre nei momenti più opportuni, solo quando la panoramica sulla personalità e la storia del personaggio di turno poteva essere considerata completa per quella determinata scena. Trattandosi di un titolo fortemente story-driven, l’assenza di queste caratteristiche avrebbe insomma rappresentato un problema enorme.
Sebbene i personaggi non siano apparsi esattamente memorabili, ciò che più colpisce è la capacità di coinvolgere sin da subito il giocatore, spinto a seguire la trama mentre cerca di non mandare tutto in malora. A tal proposito, va segnalata anche la presenza di alcuni totem, divisi in quattro tipologie. Questi oggetti hanno la capacità di far vedere uno stralcio di futuro legato a un avvenimento che potrebbe accadere con alte probabilità, ma che può essere “sventato” grazie a decisioni ben ponderate. Si può vedere la fine che farà il personaggio controllato in quel momento, la dipartita di un compagno, o più in generale uno scenario possibile che il destino ha in serbo per voi. I Totem si trovano in giro per lo scenario e possono essere raccolti facoltativamente, ma visto che è difficile farseli sfuggire avrete sempre modo di capire quando è il momento di stare all’erta. 
L’interazione con gli scenari è minima e ci sarà sempre il tasto azione che apparirà contestualmente agli oggetti d’interesse; perdersi è impossibile e tutto sommato si tratta di una progressione di gioco sempre convogliata lungo una precisa direzione. I punti di contatto con le opere di Cage sono sempre lapalissiani: troverete pertanto una serie di quick time event durante le scene d’azione, scelte a tempo e decisioni da prendere che vi indirizzeranno verso una determinata scena a discapito dell’altra. Si cammina e si esplorano gli ambienti, è vero, ma non aspettatevi un gameplay realmente libero da vincoli, perché il filone è esattamente quello di cui Heavy Rain e Beyond: Due Anime sono padroni.
Fino all’alba 
Partite sempre dal presupposto che prima ancora del genere horror, deve piacervi la tipologia di gioco offerta. Until Dawn è un gioco che si svolge nel corso di una notte, un titolo fortemente legato alle scelte, ai bivi narrativi e alla sua storia; ma è anche un’opera che vi farà affezionare ai suoi personaggi, rendendovi incredibilmente difficili le scelte più cruciali. Si tratta di un gioco molto cinematografico, con un sistema di gioco asciutto e per certi versi minimalista; è quello che potrebbe essere definito a tutti gli effetti un altro esperimento transmediale, a cavallo tra “cinema espanso” e videogioco. Le performance degli attori sono apparse ottime, soprattutto quella di Peter Stormare nei panni dello psichiatra; forse un po’ troppo plateale e caricata, ma sicuramente efficace e credibile. A proposito dello psichiatra, durante queste fasi in cui un personaggio misterioso sarà messo sotto torchio da domande ben precise, verrà delineata la vostra personalità, saranno messe in luce le vostre preferenze, le paure, i comportamenti e la vostra morale, un po’ come avveniva in Silent Hill: Shattered Memories. L’impatto che le risposte avranno sul gioco ci è parso assai marginale, quasi di contorno, ma vista l’importanza progressiva che queste fasi hanno assunto nel corso della nostra prova, evitiamo di sbilanciarci in merito.
Tecnicamente Until Dawn si difende piuttosto bene e girerà col motore messo a punto per l’ultimo Killzone, scaricato dalla gestione onerosa di grandi ambienti per offrire così prestazioni migliori in spazi quasi sempre molto concentrati. Va ancora sistemato il labiale dei personaggi, apparso un po’ fuori sincrono, il frame rate non sempre stabile e qualche sporadico glitch visivo: tutti problemi facilmente risolvibili in un mese, tempo rimasto per l’arrivo di Until Dawn, che ci ha lasciati proprio sul più bello mentre speravamo di vedere cosa sarebbe accaduto subito dopo la più terribile delle decisioni.

– Struttura narrativa ben congegnata

– Gestione dei ritmi pressoché perfetta

– Le scelte del giocatore pesano come macigni sul destino dei protagonisti

Until Dawn è un teen horror che presenta una struttura narrativa asincrona dove otto personaggi sono in costante pericolo di morte. L’effetto farfalla e i totem sono caratteristiche di gioco che mettono continuamente in discussione la sopravvivenza dei protagonisti, intrappolati all’interno di una vicenda dai risvolti ancora poco chiari. In Until Dawn tutto può precipitare da un momento all’altro, chiunque può morire e le scelte hanno un peso fondamentale nell’economia di gioco e sul destino dei personaggi. Manca forse l’orrore puro, ma il coinvolgimento è totale e i ritmi sono ottimamente gestiti. Tuttavia, il gameplay su binari potrebbe non incontrare il favore di tutti, ma si tratta di un rischio che non solo gli estimatori delle opere di Quantic Dream saranno disposti a correre.

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