È un’operazione di strana comprensione quella messa in piedi da Square-Enix per Secret of Mana. Il ritorno del jRPG pubblicato nel 1993 su SNES è insipido, è pieno di incredibili dubbi e di meccaniche che risultano essere davvero troppo anacronistiche. Se, quindi, nel corso del nostro primo hands on avevamo avuto modo di entrare in contatto con i primi minuti di gioco, apprezzando la scelta di mantenere invariate le meccaniche originali, nel nostro secondo incontro con Secret of Mana ci siamo ritrovati a dover testare la co-op, portando a galla numerosissimi problemi che affliggono il titolo.
I tre combattenti del Mana
Dilungarsi ulteriormente sul single player, che avevamo già analizzato nel corso del nostro primo già citato hands on, sarebbe inutile, quindi arriviamo subito a parlare della cooperativa, che replica quanto già proposto nel 1993 su SNES, grazie al supporto del multitap. All’epoca, così come adesso, era possibile gestire tre personaggi contemporaneamente, con tre diversi giocatori, o eventualmente in due, affidando il terzo all’intelligente artificiale. Oltre a Randi, il protagonista di Secret of Mana, che nella versione originale non aveva alcun nome e che soltanto in occidente è stato ritenuto opportuno identificare in un qualche modo, avremo due ragazze: una è Primm, una healer, e l’altra è Popoi, una sorta di spirito che ricorda un po’ le medesime sembianze di sarebbero state, diversi anni dopo, di Eiko in Final Fantasy IX. Mentre il primo è necessariamente vincolato alla sua spada e all’utilizzo dei colpi melee, le altre due possono affidarsi alla magia, grazie al contatore degli MP che si trova sotto la barra dei punti vita. L’utilizzo di queste è decisamente anacronistico, oltre che macchinoso in maniera esasperata: bisognerà, infatti, aprire il menù di gioco, scegliere l’esper da evocare e, a questo punto, selezionare la magia che volete lanciare. Popoi e Primm avranno delle magie diverse, con la seconda che è molto più incentrata sulla cura e la prima che invece tenderà ad attaccare gli avversari con gli elementi a sua disposizione: gli esper saranno sempre gli stessi, però. Nella nostra prova, che purtroppo era completamente decontestualizzata dal resto del gioco e non ci ha permesso di capire a che punto della vicenda fossimo, avevamo tre evocazioni a disposizione, che producevano, una volta selezionati, una successiva ghiera formata da tre magie specifiche. È facile intuire come l’utilizzo della magia, dinanzi a un meccanismo così farraginoso, diventa quasi noioso e si tenderà sempre a evitare di doversi ritrovare costretti a farne uso: le stesse magie curative, d’altronde, possono essere facilmente sostituite utilizzando degli oggetti. Ne abbiamo trovati alcuni nel corso delle battaglie, all’interno di casse del tesoro lasciate cadere dai mostri sconfitti, ma ci è stato possibile acquistarli anche in quello che sembrava un hub di gioco, una piccola radura dove abbiamo incontrato tre commercianti adibiti a shop. Parlando invece di quella che è l’esperienza pura della cooperativa, ci ritroveremo a dover scegliere un’arma specifica, che dovrà essere necessariamente diversa da quella equipaggiata da un altro nostro compagno di squadra: nel corso della nostra prova, cercando di concentrare la maggior parte del nostro tempo su Primm, ci siamo affidati in un primo momento all’arco – che non ci ha trasmesso un grande feeling – e successivamente alla frustra, che ci ha richiesto una precisione inaspettata per poter andare a segno. Nel momento in cui, poi, abbiamo provato a equipaggiare la spada ci siamo ritrovati a sottrarla a Randi, al quale è stata assegnata subito un’arma diversa.
Decido per te
Le problematiche maggiori che in Secret of Mana si palesano dopo pochi minuti di gioco sono legate alle animazioni di gioco: se l’hack’n’slash molto basilare ci permette di avere un battle system abbastanza prossimo al button smashing ma senza esasperandolo, ci siamo ritrovati a storcere il naso in alcune altre situazioni. Tra queste quando è arrivato il momento di infilarsi in un cannone, che è servito a mo’ di teletrasporto verso il villaggio: oltre al non poterlo utilizzare nel caso in cui uno dei personaggi fosse morto, e quindi trasformato in versione fantasma, le fasi di ingaggio del cannone richiamano un titolo di dieci anni fa, con dei movimenti legnosi e con una compenetrazione particellare di tutti i componenti del party che nel 2017 – oramai 2018 – è di quanto più anacronistico possibile. C’è tanto da lavorare dal punto di vista tecnico, per rendere il titolo più credibile: purtroppo le meccaniche rimarranno le stesse, soprattutto quelle legate alla ghiera da aprire e dalla quale selezionare le magie. C’è da dire che avremo la possibilità, grazie al tasto quadrato, di aprire la ghiera di un altro compagno e selezionare le magie dell’altra combattente, che si tratti di Primm o di Popoi: d’altronde anche durante il combattimento sarà possibile switchare in ogni momento il vostro personaggio, andando magari a ostacolare quelle che sono le volontà del vostro compagno di squadra.
– Colorato, caleidoscopico, gradevole alla vista
Secret of Mana torna in una versione che, come dicevamo in apertura, non ci convince del tutto. Questa remastered non ha nulla di più rispetto alle versioni che sono state proposte sul PSN nel corso di questi anni, lasciando inalterato il gameplay e anche tutte le altre meccaniche. L’unico aspetto che ci è sembrato modificato, almeno per quel po’ che abbiamo potuto vedere, è l’approccio con i boss, con le battaglie che sono meno tediose di quanto fossero nella versione originale, grazie a un pattern di attacchi che ci permette di rendere più variegata la sfida. Sarà davvero arduo il compito di Square-Enix, che dovrà convincerci della bontà del prodotto.