Anteprima

Romero's Aftermath

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a cura di Domenico Musicò

Deputy Editor

Non conoscerete il vero significato di apocalisse fin quando non avrete giocato a Romero’s Aftermath. Se è vero che si tratta ancora di una beta, è vero anche che le condizioni attuali del gioco sono talmente disperate da non farci vedere nessuno spiraglio per il futuro. Il team di sviluppo è più o meno lo stesso che ha portato alla luce nel 2012 WarZ, cambiato poi in Infestation: Survivor Stories per via di un’evidente violazione di copyright. Il produttore di quel titolo era Sergey Titov, artefice di alcuni dei giochi più brutti della storia, tra cui anche il famigerato Big Rigs. Ecco: Romero’s Aftermath è in sostanza un copia e incolla di quello scandaloso progetto a tema zombi, ma realizzato peggio e presentato al pubblico con un duplice inganno. Innanzitutto, nonostante si tratti di un free to play che si dichiara fuori dalle logiche dei pay to win, sbilancia in modo decisivo gli equilibri in favore di chi acquista con soldi reali l’armamentario migliore. Secondariamente, il Romero che ha prestato il proprio nome al gioco non è il leggendario George, ma suo figlio Cameron, che crede davvero si tratti di un’opera magnifica. Probabilmente il concetto di terrore che aveva in mente era ben diverso da quello messo in scena dai programmatori, perché Romero’s Aftermath è certamente orripilante, ma per i motivi sbagliati.
Desolazione
Presentato come un survival horror MMO fortemente dipendente dal crafting e dal reperimento delle risorse in zone completamente invase dagli zombi, Romero’s Aftermath è in realtà un’avvilente landa desolata dove di tanto in tanto spuntano fuori abbozzi di caseggiati tutti uguali tra loro. La descrizione del gioco parla di foreste lussureggianti, deserti e città completamente esplorabili e piene di non-morti, ma si tratta di un resoconto sin troppo ottimistico di ciò che i giocatori si troveranno effettivamente davanti. Bisognerebbe cucinare, depurare l’acqua, creare le risorse mediche, costruire oggetti utili, protezioni e armi per la difesa personale; si potrebbe anche costruire un rifugio, innalzare delle barricate e persino scambiare i propri beni con altri giocatori, che potrebbero tra l’altro essere al centro di alcune dispute durante il PvP. Al momento, però, non funziona quasi niente di tutto ciò. Esiste solo il normale PvE, si vaga in giro per una mappa che non ha davvero nulla di importante da offrire, si uccidono un paio di zombi a cazzotti o con le armi rudimentali che troverete in giro, gran parte degli oggetti devono essere scartati per via dei pochi spazi disponibili nel proprio zaino e si può anche morire senza alcun motivo, mentre camminate indisturbati e siete lontani da ogni tipo di minaccia. Gli zombi non vanno a zonzo per le strade come dovrebbero, ma restano immobili fin quando non entrerete nel loro raggio d’azione. Quando ciò accade, potrete finalmente apprezzare un sistema di combattimento che definire goffo sarebbe un complimento di gran classe: i non-morti e il vostro alter ego accennano dei timidi e impacciati movimenti delle braccia che non concludono mai il proprio arco d’azione, si subiscono danni solo da dietro e talvolta, anche quando siete chiaramente lontani dagli avversari, diverrete infetti senza rendervi minimamente conto di come sia accaduto. Nonostante questi macroscopici problemi, che già da soli basterebbero a mettere in discussione seriamente la qualità attuale del titolo, non si tratta di certo dei difetti più grossi di Romero’s Aftermath. Potrete correre solo in linea retta ed è impossibile cambiare direzione senza prima fermarsi, camminerete per un tempo che vi sembrerà infinito senza trovare nulla di importante, non c’è nessuna reale difficoltà che non possa essere aggirata in modo ovvio ed elementare, il sistema di crafting non può esprimersi al meglio per via di grosse restrizioni che invitano all’acquisto di alcuni oggetti importanti e tutto il resto delle caratteristiche presentate prima del lancio sono del tutto assenti. Nonostante si tratti quindi di avere a disposizione una grande mappa punteggiata da sparuti appartamenti e poco altro, il motore grafico non riesce a gestire dignitosamente nulla, creando condizioni impossibili da sostenere che sfociano spesso in immotivati crash.
L’apocalisse del nulla
Il titolo di Free Reign ha una concentrazione di bug, glitch e problemi tecnici che raramente ci è capitato di vedere tutti insieme in un solo gioco. Anche giocando con impostazioni settate su ultra e con un PC di fascia alta, la resa visiva è qualcosa di davvero imbarazzante. Le texture in bassa definizione sono impastate e pessime da vedere, i modelli poligonali sono approssimativi e ne esistono cinque tipologie al massimo, le animazioni sono incomplete, assai imprecise e ingessate; il frame rate è un delirio di instabilità che può decrescere fino a far bloccare completamente il gioco anche con pochissimi elementi presenti nello scenario, i pochi effetti sonori sono di qualità amatoriale e ogni aspetto di gioco è stato realizzato con mezzi e capacità dilettantistiche. Romero’s Aftermath è al momento un completo disastro su cui sarebbe meglio non perdere nemmeno il tempo dell’installazione, e non capiamo come sia possibile che degli sviluppatori ritengano un prodotto simile già pronto per affrontare una fase beta. Il gioco è in realtà in stato embrionale e non dovrebbe nemmeno essere messo a disposizione del pubblico: i server funzionano piuttosto male, quando si entra in quelli più affollati il gioco va a 5-8 frame al secondo, non c’è nulla da fare e il sistema di crafting ha pochi elementi realmente funzionanti. Potrete insomma gestire il vostro inventario, smontare gli oggetti trovati, costruirne di nuovi, curare le ferite del vostro personaggio e poco altro ancora. Riteniamo pertanto che a Romero’s Aftermath servano almeno tre anni di duro e meticoloso lavoro per poter entrare, forse, in una prima fase di alpha; ma visto il trattamento riservato agli utenti del precedente gioco, dubitiamo fortemente che questi sviluppatori rinati sotto un altro nome siano disposti a rifare tutto da capo e sfruttare degnamente un nome così importante. In fondo, sono davvero in pochi a sapere che George Romero, con ogni probabilità, non conosce nemmeno l’esistenza di un simile disastro.

– Tanti anni a disposizione per migliorare

– La gestione dell’inventario è una delle poche cose che funziona

Romero’s Aftermath è un prodotto ancora in alto mare, che necessita di lunghi anni di lavoro per poter essere ripresentato al pubblico in forma giocabile. Allo stato attuale è un concentrato di problemi tecnici e situazioni imbarazzanti che si dispiegano su una mappa di gioco pressoché desertica. Scaricarlo gratuitamente dal sito ufficiale o dalla pagina Steam dedicata è al momento solo una gran perdita di tempo.

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