Anteprima

Robinson: The Journey

Avatar

a cura di Gottlieb

Manca un mese esatto all’arrivo di PlayStation VR sul mercato: l’industria videoludica finalmente apre le sue porte a quello che è sicuramente l’esperimento più di massa in assoluto per la realtà virtuale. Per poter supportare tale tentativo, che è chiaramente figlio di tanta incertezza e di altrettante prove per comprendere il vero potenziale di tale immissione, le terze parti stanno lentamente investendo sul VR. Tra queste c’è Crytek, che dopo aver fatto quasi perdere le proprie tracce per un po’, adesso è pronta a tornare con il suo Robinson: The Journey, che segue di poco la release di The Climb, altra esperienza in realtà virtuale, realizzata con Oculus. La scorsa settimana siamo volati a Francoforte, negli studi dell’azienda bavarese per immergerci in quella che è l’avventura di Robin, il ragazzo schiantatosi nel mondo dei dinosauri.

NaufragoRobin è un giovane di dodici anni, sopravvissuto alla distruzione della sua nave, l’Esmeralda, e precipitato in un mondo popolato da dinosauri. Sembra un viaggio nel passato, un volo diretto a quella che era la civiltà prima dell’uomo, ma condizionata, allo stesso tempo, dalla futuristica tecnologia in possesso del giovane naufrago. Accompagnato da un robot capace di librarsi in aria e sempre pronto a fargli da spalla e da balia, Robin è in possesso di alcuni congegni che gli permettono di modificare la gravità degli oggetti e sfruttare tale distorsione dello spazio-tempo a proprio favore. Dietro le quinte di quanto viene mostrato è nascosta la verità sul mondo sul quale si è posata la coltrice di Robin, desideroso di conoscere e di sapere dove realmente si trova e se, per vincere la paura di qualsiasi bambino o adolescente, è realmente da solo o se c’è qualcun altro come lui. Il setting proposto è stato necessariamente tenuto nascosto il più possibile per evitare di poter svelare quella che può rappresentare il vero e proprio movente per arrivare fino in fondo alla vicenda, quindi non è possibile realmente valutare quanto Crytek abbia voluto proporci: c’è da dire che il non vedere mai Robin in volto, essendo un titolo prettamente in prima persona, ci permette una maggiore immersione in quanto sta accadendo e ci permette di sentirci realmente parte di questa avventura. Robinson: The Journey, d’altronde, sembra presentarsi al pubblico come una immensa tech demo per il PlayStation VR e l’avere già una struttura narrativa come base ci permette di comprenderne il valore e l’impegno nello sviluppo da parte dell’azienda tedesca.

Dinosauri cercansiLa nostra prova non è durata moltissimo, ma arrivava a poche settimane da quella già fatta alla Gamescom, che ci ha permesso di tracciare un primo bilancio su quella che è l’esperienza di Robinson: The Journey. Partiamo dal presupposto che l’idea di base è quella di donare un’esperienza che va vissuta col contagocce, non più di mezz’ora per sessione, tanto per non estraniarsi troppo dal mondo esterno quanto per non esaurire immediatamente l’intero percorso, che ci porterà via, a detta degli sviluppatori, intorno alle dieci ore. Un’operazione prettamente di esplorazione in prima persona, alla scoperta della realtà che ci viene nascosta dal velo dell’ignoranza e che ci costringerà a risolvere numerosi enigmi ambientali disseminati per il percorso. Molti di essi richiederanno semplicemente di spostare degli elementi sfruttando la loro forza gravitazionale, così da poter liberare, ad esempio, dei corsi d’acqua che potranno così alimentare delle turbine; oppure spostare l’attenzione di qualche dinosauro che disturba il nostro percorso su un bersaglio diverso dal nostro corpo. Nella nostra prova abbiamo dovuto anche fare la conoscenza di Laika, un cucciolo di dinosauro col quale abbiamo dovuto giocare a nascondino: un’esperienza che non ci ha appagato moltissimo, soprattutto perché Robin non è un personaggio dotato di grande mobilità. Innanzitutto non sarà possibile correre, quindi il nostro movimento sarà molto cadenzato e spesso troppo lento, ma votato soprattutto alla necessità di farci osservare in maniera molto lenta tutto ciò che ci circonda, anche là dove non sarà necessario; in secondo luogo, per limitare i danni della motion sickness, Crytek ha pensato che potesse donare maggior comfort uno spostamento della telecamera a 45 gradi, che da un lato effettivamente ci eviterà un effetto di nausea nel nostro muoverci in maniera frenetica, ma dall’altro renderà molto scomodo lo spostamento su un terreno che non è assolutamente asfaltato, anzi scosceso e sul quale spesso grava il peso del rifrangersi delle zampe dei T-Rex o dei brontosauri.  La mappa esplorata era quella iniziale, che quindi si inerpica in una sorta di tutorial che ci permette di prendere dimestichezza con le primarie necessità della nostra avventura, senza arrivare fin dove ci eravamo spinti durante la Gamescom, con scalate e arrampicate che emulavano adeguatamente quanto già proposto con The Climb. Usciti quindi dal nostro nucleo iniziale abbiamo seguito la voce guida del nostro amico robot, per essere condotti fino alle vaste lande della giungla che ci si para innanzi. Il livello tecnico, così come avevamo potuto constatare durante il nostro precedente volo in Germania, rimane sicuramente dettagliato, ma necessita ancora di qualche ritocco, che gli sviluppatori ci hanno assicurato di voler fare prima del lancio: l’autocelebrazione è sempre dietro l’angolo, perché lo studio dei dinosauri, così come della natura che li circonda, è minuzioso e ben studiato, accompagnato da un importante background scientifico che ha richiamato tutto il team all’ordine. 

– Ambientazione affascinante

– Motion sickness annullata quasi del tutto

Restano comunque diversi dubbi, più di quanti ne potessimo avere dopo la Gamescom, che ci aveva soddisfatto in parte, ma soprattutto grazie al tempo rimasto agli sviluppatori per implementare novità: adesso che siamo agli sgoccioli resta davvero da comprendere la profondità del titolo proposto da Crytek, che resta un’esperienza di dieci ore con un gameplay realmente scarno e con una storyline apposta a mo’ di palliativo a quella che dev’essere la struttura basica. Con tantissime domande dalla nostra ci lasciamo cullare, quindi, fino all’uscita del titolo, per comprendere meglio fin dove potremo spingerci con Robin e andare alla scoperta del T-Rex tanto atteso.

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