Di anno in anno, Sony è riuscita a costruirsi una solida reputazione tra la critica videoludica di vecchio stampo e gli sviluppatori indie. Tra i piani di sviluppo della casa ci sono ovviamente blockbuster esclusivi e opere abbastanza “nazionalpopolari”, ma buona parte del plauso della stampa è derivato dai progetti minori, quelli inconsueti e affidati a team poco noti, che il colosso giapponese ha finanziato per donare varietà e unicità alla line up delle sue console.
Oltre a rimpinguare la lista supportando innumerevoli squadre di sviluppatori indipendenti,
Sony può contare su
SCE Japan Studio quando si parla di creare opere fortemente distaccate dalla massa dei videogame commerciali. Si tratta del braccio nipponico dell’azienda, una software house incredibilmente creativa ed esperta, che ha realizzato o collaborato alla realizzazione di innumerevoli classici e titoli indimenticabili. La loro ultima opera,
Puppeteer, ci ha sorpreso e deliziato, ma i nostri non si sono fermati qui e ora si preparano a regalarci
Rain, in collaborazione con
Acquire e con il programma
Playstation CAMP. Con l’uscita che si avvicina sempre più, abbiamo potuto mettere le mani sul codice completo del gioco, e oggi possiamo svelarvi cosa abbiamo visto nei primi tre livelli, prima della review completa.
Piccoli passi nella pioggia
La premessa di Rain è quasi fiabesca nella sua semplicità. Un bambino giace a letto con una leggera febbre durante un giorno di pioggia, in attesa di poter andare al circo con i suoi genitori. Dalla sua finestra, però, vede qualcosa che cattura immediatamente la sua attenzione: una bambina, trasparente e delineata solo dalle gocce che cadono dal cielo. Mentre si avvicina alla piccola, appare improvvisamente un orribile mostro umanoide, che inizia a inseguire la giovanissima ragazza e la costringe a scappare. Preoccupato per la bambina, il protagonista si lancia al suo inseguimento e passa attraverso un misterioso portone luminoso, che lo rende invisibile e lo trasporta in una sorta di dimensione alternativa.
La narrativa non è certo il culmine della complessità letteraria, ma riesce senza troppi problemi a creare un’atmosfera tra il magico e l’angosciante, aiutata da un’ambientazione costantemente incorniciata dalla tempesta e dal grigiore della città in cui il bambino si muove. Interessante anche il modo in cui la trama viene narrata, tramite scritte che compaiono nelle locazioni, trasformando per pochi secondi i muri e le viottole in pagine di un libro. Ancora non sappiamo come si svilupperanno le vicende del gioco, ma sono state in grado di catturarci da subito, e di solito è un ottimo segno.
Come prevedibile, il gameplay di Rain si basa quasi completamente sullo status di bimbo invisibile del protagonista, e ruota attorno alla capacità della pioggia di mostrare la sua silhouette. La dimensione in cui ci si viene a trovare e popolata da pericolosi mostri chiamati “Oscuri”, pronti a inseguire sia il giocatore che la bambina causa scatenante di tutto, per far sì che vengano inghiottiti dalle tenebre.
La natura degli oscuri è ignota, così come le loro motivazioni, ma è evidente fin da subito che vanno evitati, poiché il bambino non ha alcun mezzo per difendersi dai loro attacchi. Tale necessità dona a Rain una struttura mista tra uno stealth game e un puzzle game, con numerosi enigmi basati su coperture capaci di nascondere il protagonista alla vista degli Oscuri, e su altre variabili che complicano le cose.
Le idee ai ragazzi di Japan Studio e CAMP non mancano di certo: durante i livelli iniziali è difficile rendersene conto, visto che principalmente ci si ritrova a sfruttare tettoie e tunnel per sparire prima di venir avvistati, ma avanzando è impossibile non notare come l’acqua e il suono siano stati usati al meglio per aumentare la complessità dei rompicapo. Già dal secondo quadro il ragazzino potrà attirare l’attenzione dei nemici correndo in pozze d’acqua, per distrarli o liberare passaggi obbligati, e avanzando verranno introdotti nell’insieme anche il fango, capace di rendervi costantemente visibili finché non verrà lavato via, Oscuri enormi ma non aggressivi che possono servire come tettoie semoventi, e una serie di oggetti da spostare e sfruttare al momento giusto per avanzare. Non manca poi un elemento di collaborazione con la bambina, che a un certo punto si renderà conto della vostra presenza. E’ una strana danza d’ingegno e tempismo quella dei puzzle di Rain: nessuno di questi ci ha mai messo in difficoltà, ma la gradualità con cui le cose si complicano è palese e ci fa ben sperare per le sezioni avanzate. Nel caso comunque in cui doveste rimanere bloccati, il titolo contiene un sistema di aiuti che si attiva dopo qualche game over, offrendo utili indizi.
Siamo davvero curiosi di scoprire cosa offriranno le fasi finali della campagna. Forse vedremo un sistema di accompagnamento e protezione simile a quello di Ico, forse tutt’altro… fatto sta che in Rain le trovate intelligenti non mancano, e ci sarà sicuramente di che gioire nel caso la parabola del gameplay si mantenga costante da inizio a fine.
La pioggia confonde la vista
La maestria di Japan Studio si può notare anche dal punto di vista grafico. Rain non è un titolo tecnicamente avanzato, tutt’altro. Parliamo di un gioco dal motore grafico limitatissimo, con modelli tridimensionali composti da pochi poligoni e texture molto sgranate. L’art direction riesce però a far passare parzialmente in secondo piano le mancanze del comparto tecnico, grazie a un’atmosfera malinconica e a una pioggia costante resa piuttosto bene. Gli effetti d’acqua, prevedibilmente, sono la cosa resa meglio nel gioco, e l’effetto del bambino che torna rapidamente visibile in preda alle intemperie risulta sempre molto gradevole.
A contribuire all’atmosfera ci pensa anche l’audio di alto livello, con musiche dalle sonorità francesi estremamente adatte alla grigia e abbandonata cittadina in cui il titolo è ambientato.
– Fiabesco e molto ispirato
– Ricco di enigmi e di buone idee
Sony ha ormai sviluppato un occhio critico notevole nella scelta delle sue produzioni più peculiari, e Rain non sembra fare differenza. Con il suo mix di meccaniche stealth ed enigmi, il lavoro di Japan Studio ci è sembrato ispirato e ricco di potenziale, e il tutto nonostante una struttura estremamente semplice e un comparto tecnico limitato. Non abbiamo giocato abbastanza per poter dare una valutazione più precisa, ma in sede di review scopriremo se questo gioco sarà l’ennesima dimostrazione che, in fase di sviluppo, spesso le buone idee sono più importanti di qualunque motore grafico o finanziamento sostanzioso.