Anteprima

Metal Gear Solid V: The Phantom Pain

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a cura di Pregianza

Lo so, lo so, siamo arrivati in ritardo. Ormai è un paio di giorni che mezzo internet sta parlando di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, e noi siamo rimasti indietro. No, non dipende dalla nostra volontà, al solito è una questione di nda, eventi all’estero, e altre cose brutte con cui non sto a tediarvi (dovete sapere che nella mia mente ho creato un amico immaginario chiamato “Logicaman” che combatte contro mostri enormi formati dai fogli degli nda nipponici… esce sempre dagli scontri livido di botte), fatto sta che anche noi abbiamo provato a lungo il gioco e oggi siamo pronti finalmente a darvi le nostre impressioni dopo oltre 10 ore di test. Per la cronaca, non possiamo dirvi tutto, un ulteriore nda blindatissimo impedisce a noi e a tutto il resto del globo terracqueo di svelare molte delle chicche che abbiamo scoperto durante la prova. Questa volta, tuttavia, capiamo la volontà di Konami di mantenere un velo di nera segretezza sul suo pargolo, perché la probabile opera ultima di Kojima ha superato ogni nostra più rosea aspettativa e rovinare tutte le sorprese a chi desidera giocarlo sarebbe un’azione orribile.
La fiera del mindfuck
The Phantom Pain parte, come prevedibile, con un prologo che vede uno Snake distrutto nell’anima e nel corpo in ospedale, dopo gli eventi di Ground Zeroes. Non possiamo entrare nei dettagli, ma se vi aspettate una prima ora in tutto e per tutto simile a quanto visto nelle vecchie dimostrazioni potreste dovervi ricredere. Il gioco è un bombardamento a tappeto sui neuroni del giocatore, che lento e inesorabile riesce a mandare in confusione totale un cervello e al contempo a nutrirlo con un grosso banchetto di informazioni da carpire. 
Per darvi un’idea, immaginate di fissare intensamente il quadro “A Bold Bluff” di Coolidge, uno di quelli coi cani che giocano a poker, per intenderci. Ora immaginate che i cani all’improvviso prendano vita e decidano di intavolare con voi una discussione molto interessante, di quelle che saziano la conoscenza dell’uomo. Stranuccio nevvero? Ecco, Metal Gear Solid V può a tratti esser più strambo di così, e siamo abbastanza certi che ci saranno momenti in grado di far impallidire le più assurde trollate di Kojima nel titolo, a patto che l’intuito non ci inganni. 
L’imprevedibile svolgersi della storia ad ogni modo non è l’unica qualità dimostrata dal titolo a livello narrativo. L’autoreferenzialità di Kojima è resa evidente da un continuo ripetersi del suo nome nel ruolo di regista, e in una scelta magistrale di musiche e inquadrature, propria di un veterano che ormai sa esattamente cosa vuole trasmettere e come farlo. L’abilità del buon Hideo sta però anche nel sapersi reinventare e The Phantom Pain è forse la sua opera più atipica: il prologo dura poco più di un’ora, con ben poco giocato, ma una volta concluso il titolo si riavvicina all’improvviso alla struttura di Ground Zeroes, trasformandosi in un sandbox con elementi gestionali che paiono essere una secca evoluzione di quanto visto in Peace Walker. Nei panni di Big Boss, ora chiamato Venom Snake, dovrete completare missioni eroiche in solitudine per ricostruire tutto ciò che vi è stato portato via, e farlo comporterà l’arruolamento di truppe e la gestione di un rinnovato campo base, con non pochi elementi da tenere sotto controllo tra un compito e l’altro.
Palloncini eccezionali
Gran parte delle risorse necessarie Snake le recupera grazie al sistema Fulton, dei palloni auto-gonfiabili portatili che permettono al protagonista di spedire via cielo qualunque cosa alla propria Mother Base. Il sistema Fulton è al contempo la cosa più folle e involontariamente divertente del gioco, una Kojimata che può portare i giocatori a passare ore nelle mappe per mostrare la bellezza delle nuvole da vicino a tutti i soldati di guardia, o a accumulare mortai, container, e animali vari. L‘assurdità delle urla spezzate di queste povere creature spedite nella stratosfera è moltissima, ma anche l’utilità del loro “recupero”: i soldati, in particolare, sono tutti dotati di statistiche variabili, che li portano a venir inseriti in gruppi specifici all’interno dell’esercito di Snake con conseguenti vantaggi nelle ricerche o durante le missioni. Esempio, con Soldati dotati di abilità sufficientemente elevate nei reparti di ricerca e sviluppo sarà possibile creare innumerevoli armi e gadget, che vanno dalle automatiche ai lanciamissili anticarro. Le scoperte non vanno peraltro trascurate, perché non solo il numero di gadget presente permette di adottare un numero mostruoso di approcci al completamento degli obiettivi, ma aumenta non di poco il divertimento durante il gioco, assicurando una ricchezza di approcci quasi inverosimile per uno stealth game. Non c’è probabilmente un solo giornalista che abbia affrontato tutte le missioni iniziali allo stesso modo, persino tra coloro che hanno applicato la tipica tattica Rambo dove prima si spara e poi si ragiona. Che sia tramite mezzi rubati, esplosivi ben piazzati, torrette prese in prestito, trappole, il supporto aereo dell’elicottero, o una semplice sparatoria diretta, gettare il panico tra le fila nemiche raramente è stato più divertente di così. L’approccio silenzioso è altrettanto soddisfacente, grazie in primis alle migliorie all’IA operate rispetto a Ground Zeroes e alle meccaniche aggiuntive inserite. Il solito trenino di guardie addormentate è più difficile da ottenere del solito e i soldati non soltanto reagiscono molto meglio al suono, girandosi di scatto se un compagno casca a pochi metri da loro, ma scattano appena vedono un corpo, si muovono in gruppo seguendo pattern ramificati, e non ci vuole molto perché decidano di mettere in allerta il resto del campo, con un conseguente aumento nella velocità dei loro spostamenti. Tutti miglioramenti che portano il giocatore desideroso di non farsi beccare a scervellarsi per passare inosservato, tra lo strisciare a terra, le toilette in cui nascondersi, i caricatori vuoti da lanciare per fare un po’ di sano casino, e le fidate armi stordenti e narcotizzanti. 
Il fatto che il gioco non vi prenda per mano non fa altro che aumentare la sua validità. Gli obiettivi delle missioni non sempre sono cristallini, con prigionieri o bersagli da trovare all’interno di zone piuttosto estese e indicatori che si fanno più precisi solo con l’ausilio dei propri agenti di spionaggio nel campo base, interrogando soldati nemici o salvando dei poveracci dalle grinfie del nemico. Non bastasse, persino le condizioni atmosferiche offrono possibilità aggiuntive, attutendo i passi o limitando la visibilità. Il ciclo giorno notte in particolare ha un effetto molto marcato sul campo visivo dei nemici, e infiltrarsi al buio in avamposti ricchi di avversari è effettivamente un’impresa meno proibitiva. 
Gli unici difetti riscontrati? Forse la visuale in prima persona di Snake è fin troppo efficace durante gli scontri a fuoco, e garantisce di eliminare truppe di nemici in una manciata di secondi se si punta con calma alla testa, anche per via della rigenerazione discretamente veloce della salute dell’eroe di guerra e dell’aggressività comunque limitata delle truppe, i cui comportamenti sono pensati per offrire un livello di sfida passabile ma non frustrare l’utente. Il mantenimento del bullet time quando si viene scoperti poi rende spesso una passeggiata avanzare non scoperti e consigliamo di disattivarlo ai giocatori esperti.
Spalle bellissime
Ad aggiungere ulteriore pepe a questa paella piccante già cucinata a meraviglia da Kojima e i suoi ci pensano anche i compagni di Snake, animali e non, selezionabili prima di ogni missione con comodità dalla postazione tattica a bordo dell’elicottero dei Diamond Dogs. Sempre a causa delle appuntite scogliere degli NDA possiamo parlarvi solo di due di loro, ma bastano e avanzano per farsi un’ottima idea della complessità generale del gameplay durante le missioni. Prendiamo ad esempio il cavallo di Snake, probabilmente uno dei migliori cavalli che abbiamo mai avuto modo di usare in un videogame. Richiamabile in qualunque momento, anche in zone ricche di guardie, questo maestoso equino dal bianco manto galoppa come una scheggia impazzita, salta automaticamente gli ostacoli e può stordire i nemici semplicemente caricandoli. Se lo si utilizza con un’andatura leggera, peraltro, basta piegarsi di lato per usarlo come nascondiglio mobile mentre passa una pattuglia, e siamo abbastanza sicuri che persino il suo sterco sia utilizzabile a mò di trappola contro soldati e veicoli, pur non avendolo sperimentato a dovere durante la prova (rimedieremo, assolutamente).
Ancor più fantastico DD, un lupo con un occhio solo che può venir recuperato  da cucciolo durante una delle missioni iniziali. Aspettate abbastanza a lungo e potrete usarlo quasi subito, una cosa che è il caso di fare, poiché portarselo dietro offre dei vantaggi enormi rispetto alle missioni in solo. DD ha infatti un olfatto incredibile, con cui marchia i nemici nelle vicinanze automaticamente, senza bisogno di utilizzare il binocolo da postazioni sicure. Oltre a questa già utilissima abilità, DD può anche distrarre i nemici e attaccarli a comando. Ricerche dedicate agli aiutanti poi aggiungono persino nuove tecniche al loro pacchetto, rendendoli davvero dei compagni di avventura preziosi a cui ci si affeziona in tempo zero. 
Il fatto che l’uso delle spalle sia così eterogeneo è solo un altro segno dell’incredibile cura con cui è stato confezionato questo progetto, rispecchiata in toto pure dal comparto tecnico e dalla struttura di campagna e hub. 
Il Fox Engine si difende ancora alla grande, con una gran draw distance, dettagli notevoli di personaggi e ambientazioni, e una notevole gestione di illuminazione, effetti atmosferici e fisica dei tessuti. C’è un leggero pop up di elementi, ma è un’inezia se comparato allo splendore dei paesaggi che si osservano dall’elicottero o dalle alture, anche nella desertica ambientazione iniziale. Come detto prima, inoltre, il gioco è un sandbox, con mappe limitate quando si va in missione, ma navigabili a piacere se si seleziona l’opzione di esplorazione libera e ricche sia di materie prime utili da raccogliere per lo sviluppo della Mother Base che di obiettivi secondari che portano vantaggi non indifferenti all’esercito di Snake (come ad esempio il recupero di interpreti che permettono di capire la lingua di certi nemici).  La stessa piattaforma che fa da base delle operazioni per i Diamond Dogs è molto estesa e si allarga di volta in volta con nuove piattaforme, così lontane da quella primaria da dover esser raggiunte in jeep. Non molto comodo, ma questa scelta, unita al numero di soldati che aumenta costantemente a forza di recuperi Fulton e volontari, rende piuttosto bene l’idea di crescita graduale dell’organizzazione di cui ci si trova al comando. 

– Enorme varietà di approccio alle missioni

– Complesso, enorme e divertente

– Il tocco di Kojima è poderoso

Abbiamo semplicemente raschiato la superficie di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, eppure la nostra lunga prova ci ha regalato emozioni sempre più difficili da scatenare in chi lavora nell’industria, quelle sensazioni che nascono dalla consapevolezza di trovarsi di fronte a un titolo creato con amore e genialità, da un uomo che dopo anni di successi vuole ancora dimostrare di poter mettere sottosopra il mondo dei videogiochi con le sue idee e le sue scintille di follia. Le nostre sono state 10 ore ricche di stupore e incredulità, che non solo ci hanno convinto della validità di questo ultimo capitolo, ma ci hanno persino messo addosso una fame incredibile per tutto ciò che ancora manca da vedere della sua campagna.

Solo un dubbio ci tormenta: se la chiusura della serie sarà realmente tutto ciò che pare essere, come farà Konami a sostituire una mente come quella di Kojima?

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