Docu-film sulla mafiaÈ il 1968, siamo a New Bordeaux. Lincoln Clay è appena tornato dal Vietnam, dove ha combattuto per l’esercito americano: un uomo coraggioso, che ha voluto difendere il suo Paese, quella stessa nazione formata da un agglomerato cittadino che quando lo vede passare per strada nasconde gli oggetti preziosi, quando lo vede avvicinarsi si spaventa e che lo picchierebbe anche solo perché ha un colore diverso della pelle: Lincoln, d’altronde, è nero. E l’America di quel periodo non aveva saputo apprezzare l’atletica vicenda di Jesse Owens a Berlino nel ’36, figurarsi un soldato rientrato dalla guerra e diretto al bar del suo quartiere, a tracannare whisky di frumento fatto in casa. Clay, però, non ne soffre: ne è consapevole e il suo unico obiettivo è essere d’aiuto, al suo Paese e alla sua famiglia. Per questo al suo rientro, senza nemmeno prendere di nuovo dimestichezza con il mondo esterno, con la quotidianità dei fatti, decide di accettare di supportare la sua famiglia nelle lotte da clan. A cambiargli la vita, però, sarà l’incontro con la famiglia Marcano, in particolar modo con Sal, il boss della famiglia, e Giorgi, suo figlio: dopo aver accettato di aiutarli in una missione di recupero, il rapporto precipiterà vertiginosamente e spingerà Lincoln a guardare il mondo sotto un’altra prospettiva. E soprattutto a cercare vendetta. L’intera vicenda di Lincoln è raccontata con lo stile del docu-film, con le scene di gioco che vengono interrotte da testimonianze in prima persona dei protagonisti del quartiere dove la famiglia Clay si era stabilita. Tra questi, padre James, un timorato di Dio sempre attento alle problematiche del giovane soldato, desideroso di fargli ritrovare la pace e la serenità smarrita, capace di portare dentro di sé un ricordo indelebile di un “bravo bambino”. L’atmosfera che traspare è di quelle solenne, è di quegli spaccati sociali che riescono a coinvolgere il videogiocatore, che diventa spettatore dinanzi alle cut scenes e al documentario messo in piedi da Hangar 13, che con la sua narrazione riesce a coinvolgere chiunque. Raccontare il razzismo in questo modo, addentrarsi in una realtà, quella americana, che non abbiamo mai effettivamente abbracciato a piene mani per motivi territoriali e di distanza, è possibile grazie a quanto ci viene posto sotto al naso. Lincoln Clay riesce a vestire i panni di pontefice, di portavoce di quella che fu l’oppressione razzista americana, che nel suo sottotesto fece da concime all’assetto mafioso, quello che in America proliferava sotto l’egida degli immigrati italiani, quello che anche un comico come Giacomino Poretti esaltava domandandosi: “Ma quant’è bella la mafia?!”.
On the roadIn aggiunta alle azioni consuetudinarie, Lincoln Clay sarà chiamato anche a rispettare quelle che sono le novità proposte in Mafia III. È stata definitivamente bocciata l’idea del rifornimento per la nostra vettura, per la quale va ancora ben capita e approfondita la questione legata ai danni che può subire e quanto realismo ci sarà nella distruttibilità della stessa, ma sono state integrate novità dal punto di vista della guida. Innanzitutto la possibilità di scegliere tra una guida simulativa e una più assistita, che muterà la libertà di movimento del vostro veicolo e anche la difficoltà di tenerla regolarmente su strada ad altissime velocità. Dall’altro lato, occhio alla polizia, perché sulla mini-mappa sarà sempre segnata con un indicatore blu, pronto a ingrandirsi non appena la vostra guida diventerà troppo spericolata oppure verrà segnalata da un testimone oculare che passava di lì per caso: basterà un telefono, un paladino della giustizia e dell’educazione civica e la polizia vi sarà alle calcagna. Chiaramente non mancherà la varietà delle missioni, che abbiamo apprezzato nella storyline principale, il che ci fa intuire che le sub quests potrebbero soffrire di un’annacquamento generale e, tra l’altro, anche di un appiattimento dal punto di vista dell’essere variegato: abbiamo guidato barche, svaligiato caveau, siamo sgusciati tra la gente in festa durante il martedì grasso, eluso guardie e aggirato la polizia, attirata dal nostro trasportare un corpo malandato di un compagno rimasto ferito a una gamba come se nulla fosse, in piena città. Mafia III ci ha assicurato tanto divertimento, nonostante qualche sbavatura, che con il poco tempo rimasto difficilmente potrà essere corretta e rivista, ma, vi assicuriamo, niente che possa effettivamente inficiare la profondità del prodotto.
– Narrativamente è tornato ai livelli del primo Mafia
– Tante cose da fare, in maniera diversa
– Personaggi profondi e ben caratterizzati
Del primo Mafia i grandi fan ricordano con passione e nostalgia lo scenario, la resa narrativa: un aspetto che finalmente in Mafia III sembra essere tornato, con una tecnica narrativa che spinge gli Hangar 13 nell’Olimpo dei competenti; in attesa di poter avere il piatto completo della portata, valutando l’evolversi della vicenda di Lincoln Clay, di Sal Marcano e degli altri protagonisti, vogliamo essere pienamente fiduciosi sulle fondamenta narrative poste da 2K, così come vogliamo premiare il divertimento fornito dal gameplay. Al netto di qualche sub quests eccessivamente ridondante e ripetitiva, con qualche legnosità negli spostamenti, Mafia III può sicuramente dire la sua in questo fine 2016, proponendosi come esperienza matura e narrativamente forte. La mafia, in Lincoln Clay, ha trovato un avversario non da poco.