Sono trascorse poche settimane da quando abbiamo provato per la prima volta L’Ombra della Guerra, ma il nostro nuovo hands on a Los Angeles ci ha permesso di capire alcuni dettagli e rispondere ad alcune delle nostre domande precedentemente poste. Nella mezz’ora a nostra disposizione abbiamo quindi setacciato il mondo di Mordor, sfruttando al meglio la world map, alla scoperta di tutto ciò che è possibile fare nei panni di Talion e Celebrimbor.
Terra di Mezzo a porte aperte
La premessa è che abbiamo completamente evitato qualsiasi tipo di assalto alle fortezze, aspetto che avevamo già ampiamente approfondito nel corso del primo hands e sul quale gli stessi sviluppatori volevano concentrarsi. Stavolta abbiamo studiato l’open world che L’Ombra della Guerra ci metterà a disposizione il prossimo ottobre. La world map è gestita nello stesso modo del primo capitolo, sul quale le ore spese non si contano più almeno per quanto mi riguarda: stavolta però sono comparse delle nuove icone che accompagnano sia quelle del fast travel, mutuato da L’Ombra di Mordor, che quella dei nostri obiettivi precedentemente targetizzati. Abbiamo deciso di seguire una di queste, che si è rivelata essere una side-quest di dimensioni inaspettate: se all’inizio, infatti, abbiamo semplicemente vestito i panni del segugio e seguito delle tracce indicate sul terreno, presto ci siamo trovati a interrogare tre diversi Uruk-hai, trovati incatenati da alcuni arbusti che partivano dal terreno e finivano attorcigliati al collo del malcapitato: da ognuno di essi abbiamo avuto un indizio che ci ha spinto fino nelle braccia del nostro carnefice, capace di assumere diverse forme. In tre diversi stadi abbiamo affrontato un combattimento che ha messo a dura prova le nostre capacità di arciere ed esaltato le schivate supportate da Celebrimbor: dopo il Caragor e un troll di enorme dimensioni, gli sviluppatori ci hanno fatto notare la presenza di un nuovo avversario, ossia un drago sputafiamme. Se nel precedente hands-on eravamo riusciti a cavalcare il rettile volante, stavolta non c’è stato verso di risolvere in tal modo la missione, quindi armati di frecce e di arco, oltre che di tanta mira e pazienza, ci siamo applicati per stendere il nostro avversario. Al di là del combattimento, che resta comunque molto variegato e che ci permette di affrontare la sfida come meglio preferiamo, è stato l’assetto narrativo della side-quest che ci ha colpito: il nostro avversario, infatti, ha presto mostrato il proprio volto redarguendoci per tutte le nostre azioni compiute sia ne L’Ombra di Mordor che nelle prime ore di gioco de L’Ombra della Guerra: messi alle corde, quindi, ci siamo ritrovati nella posizione di dover cedere alle richieste dell’arborea figura femminile dinanzi a noi e accettare il suo esser diventata un committente di nuove missioni. Non abbiamo potuto constatare la ramificazione di tali assegnazioni, ma completare una side-quest per sbloccare un personaggio pronto ad assegnarcene altre ci è sembrato un ottimo modo per andare a contrastare quella monotonia che era del primo capitolo, soprattutto in sede di missioni secondarie.
È tempo di massacro
Dal punto di vista, invece, dell’open world vero e proprio, L’Ombra della Guerra ci è sembrato molto vicino al suo predecessore: gli Uruk-hai presenti sulla mappa hanno sempre mostrato il fianco in qualche modo al nostro assalto, ma chiaramente la novità è che stavolta l’assaltare gli avversari ha una finalità fondamentale perché la raccolta del loot ci permetterà di perfezionare tutte le nostre caratteristiche. Proprio da qui siamo partiti per analizzare il nuovo skill tree, che nella precedente prova non era stato analizzato attentamente. Le abilità di Celebrimbor sono ancora più ramificate e si inerpicano perfettamente in derivazioni elementali e spettacolari movimenti: proprio nella missione di cui sopra abbiamo potuto sperimentare uno degli attacchi della Mano d’Argento, che dopo aver colpito forte il terreno e scatenato un’onda d’urto ha saputo anche incendiare i nemici colpiti grazie a un perk legato al fuoco. Va da sé che tale strategia ha facilitato tantissimo il nostro combattimento grazie ai danni da fuoco che hanno afflitto immediatamente il nostro avversario: anche noi, però, abbiamo dovuto subire degli attacchi elementali, soprattutto causati dal terreno nel quale ci trovavamo, condizionato da alcuni vapori velenosi. Non avevamo attivato nessun tipo di bonus che ci permettesse di resistere a tale malus, pertanto abbiamo dovuto, in silenzio, subire facendo attenzione a dove mettessimo i piedi: un altro modo per confermare che la Terra di Mezzo, nella sua world map, offre tantissime problematiche dalle quali guardarsi e difendersi. Sul finire della nostra prova, poi, spinti dall’irrefrenabile necessità di sfruttare il battle system de L’Ombra della Guerra, ci siamo fiondati contro un comandante Uruk-hai di grado inferiore all’overlord che dominava la fortezza inizialmente propostaci come missione, ma declinata subito. Proprio in questa battaglia, grazie al livello avanzato della demo che abbiamo giocato, abbiamo potuto provare ciò che avevamo visto nel corso del reveal trailer di qualche mese fa a Londra, ossia le summon: avevamo a nostra disposizione un Caragor per muoverci rapidamente sulla mappa, ma anche una guardia del corpo, che abbiamo evocato nei momenti necessari. In alcuni punti, come per esempio nella missione precedentemente descritta, non è stato possibile invocare l’aiuto di nessuno, ma nel combattimento contro l’Uruk-Hai di turno è stato più che utile chiedere il supporto di un nostro alleato, un orco sottomesso, grazie alle frecce direzionali, adibite a tale funzione. Il dubbio legato all’intervento scriptato dei nostri alleati, quindi, è facilmente risolto, come d’altronde ci avevano spiegato nel corso della nostra primissima intervista con il team di sviluppo.
– Side quest di ottimo spessore narrativo
– L’open world è vivo e pulsante
L’Ombra della Guerra, insomma, anche stavolta, per la seconda volta nel corso di un mese, si è confermato un titolo capace di declinarsi in tantissimi modi diversi. C’è stato poco spazio per parlare del rinvio del titolo al prossimo ottobre, ma siamo sicuri che le motivazioni siano più che comprensibili, d’altronde ci troviamo dinanzi a tantissimo potenziale, che speriamo si possa adeguatamente esprimere nel prossimo autunno, in attesa magari del prossimo hands on più aperto.