Dragon Quest VII
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a cura di Gottlieb
Il jRPG più lungo della storia dei videogiochi. Un biglietto da visita non indifferente per Dragon Quest VII, che sedici anni dopo la prima release torna sul mercato videoludico in una veste quasi completamente rivista, per impegnarci in quella che sarà un’esperienza che finalmente completa la pubblicazione di Dragon Quest in Occidente. Il settimo capitolo, infatti, era l’ultimo non ancora arrivato in Europa dopo la prima pubblicazione nel 2000 su PlayStation, ma adesso finalmente il percorso è completato: pochi giorni fa, quindi, siamo stati da Nintendo per un’ora intera di hands on, in attesa dell’arrivo fissato per il prossimo 16 settembre.
Dal passato al presentePer noi europei Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato è una novità assoluta, ma non per questo non bisogna considerare che su 3DS il titolo arriva con una ventata di freschezza e di rinnovata grinta rispetto al titolo originale. In questi sedici anni, d’altronde, è importante ricordare come la filosofia del videogiocatore sia mutata, diventando più dinamica, meno pacata e meno riflessiva: anche per questo Dragon Quest VII ha deciso di sposare una linea più moderna. Il primo esempio è lampante all’inizio, perché il settimo capitolo della saga jRPG di Enix ci costringeva ad attendere circa cinque ore prima di arrivare al primo combattimento: tempo dedicato a dialoghi, all’esplorazione, alla comprensione di ciò che abbiamo intorno e cosa effettivamente è successo nel mondo in cui ci troviamo a camminare; proporre una formula simile, adesso, a sedici anni di distanza sarebbe stato abbastanza deleterio se non controproducente, per una vasta fetta di videogiocatori che vuole scoprire un titolo sì datato, ma con l’esperienza di oggi. Gli stessi sviluppatori, consci di tale aspetto, hanno velocizzato le fasi iniziali, anche per far sì che le 200 e passa ore che vi terranno impegnati su Dragon Quest riescano a passare in fretta e siano più giustificate. Chiaramente anche livellare sarà più immediato, il che va a diminuire sensibilmente il farming e il grinding, aspetti fondamentali del gameplay, che nel battle system vede anche un’altra importate modifica: non ci saranno più gli scontri casuali e tutto sarà visibile sull’overworld, così da poter eventualmente evitare le battaglie o gettarci a capofitto contro di esse. Soltanto in acqua, quando saremo su una nave o su un altro mezzo di trasporto acquatico, saremo costretti a cedere il passo agli scontri casuali, non potendo chiaramente far sì che in acqua vi siano mostri galleggianti. La nostra avventura, così come accadeva nella prima versione di Dragon Quest VII: Frammenti di un Mondo Dimenticato, ci mette dinanzi all’esistenza di tavolette e frammenti, che vanno ricomposti e che ci permettono di viaggiare indietro nel tempo, vivendo quelle che sono le leggende che oggigiorno vengono narrate dagli abitanti del nostro paese. Quando il padre del nostro protagonista tornerà da un viaggio con una tavoletta tra le mani, il Nostro, insieme con il suo amico Kiefer, il principe di Estard, scoprirà magicamente che al di fuori della loro isola esiste qualcos’altro. La Terra non gira intorno soltanto al loro piccolo appezzamento, ma ha anche delle sconfinate lande da visitare. Tale situazione, però, è prettamente legata al passato, pertanto sarà necessario tornare indietro nel tempo e far riemergere tutti gli isolotti e riportare in vita l’interno continente. Sebbene possa sembrare tutto molto lineare, Dragon Quest VII ci permette di avere una grande libertà di fondo e di riscoprire le isole nell’ordine che preferiamo, così da poter anche visitare il passato nelle modalità da noi scelte.La nostra prova si è sviluppata in una delle fasi iniziali del gioco, con un party già abbastanza livellato e che quindi ci ha permesso di essere supportati al meglio nell’attività di combattimento. Nel nostro team, che di base conta tre personaggi (il nostro Eroe, Kiefer e Maribeal), abbiamo avuto modo di approfittare della presenza di un guest, Hanlon del paese di Ballymolloy. La nostra missione, per aiutare l’eroe del paese a trionfare sulle forze del male, era quella di recuperare tutte le donne sparite dal villaggio, caduto in uno stato catatonico. La presenza di Hanlol ci ha permesso di comprendere il funzionamento dei guest, che sono completamente sciolti dal resto dell’esperienza: non potranno essere comandati né curati né modificati nell’equipaggiamento. Un supporto che arriverà in un alcuni punti della vostra avventura e sparirà poco dopo, aiutandovi, ma senza farsi aiutare. Chiaramente il suo apporto è stato fondamentale, perché essendo noi all’inizio della nostra avventura eravamo privi tanto di abilità quanto di molte magie che potevano venirci incontro in sede di combattimento: il nostro guest, invece, ha saputo venirci incontro sia per quanto riguarda le magie di cura che con gli attacchi, decisamente più forti di quelli dei nostri guerrieri. Capiterà, nel corso del gioco, soltanto pochissime volte che un guest possa diventare un regular nel nostro party, mentre tutti gli altri, una volta portata a termine la missione, torneranno alle proprie abitazioni e alle proprie abitudini, senza colpo ferire: cercate pertanto di sfruttare la loro presenza per avere un supporto in più nel vostro party e per livellare al meglio nel tempo concessovi, sapendo di dovervi rinunciare a breve. Per quanto riguarda i combattimenti veri e propri la struttura non è cambiata rispetto a sedici anni fa: il battle system prevede ancora un funzionamento a turni, in soggettiva e in 2D, senza spostarsi alla terza dimensione come avvenuto per il resto del titolo e del comparto tecnico. Agendo a turni avremo anche la possibilità di affidarci a delle strategie di battaglia, che spingeranno, così, gli altri membri del party controllabili a compiere delle azioni automatiche: tra queste troviamo, ad esempio, “show no mercy” per ottenere sempre degli attacchi diretti agli avversari, oppure “fight wisely” per spingerli a combattere in maniera più saggia, o ancora indicazioni per l’utilizzo di magie di supporto e così via. Altrimenti potrete in ogni caso decidere voi, di volta in volta, che mossa compiere, utilizzando abilità, magie, attacchi semplici o eventualmente mettervi sulla difensiva. Il gameplay, insomma, non è eccessivamente cambiato rispetto a quanto avevamo potuto vedere sedici anni fa, confermando quanto di buono promesso ai nostalgici del genere, che in attesa di World of Final Fantasy, possono sfogare la propria passione per i combattimenti old school anche con Dragon Quest VII.
Migliorie tecnicheDal punto di vista tecnico c’è da sottolineare che nonostante il 2000 fosse stato l’anno in cui molte software house si spostavano verso il 3D, Enix non ebbe l’ardire di tentare di compiere il passo più lungo della gamba. Era il primo prodotto pensato e sviluppato su CD, che offriva molto più spazio di quanto avessero avuto fino ad allora le produzioni videoludiche, ma piuttosto che riempirlo, quello spazio, con delle realizzazioni 3D, Enix pensò a più contenuti da inserire in Dragon Quest VII, venendo premiata per la durata del titolo. La resa tecnica, pertanto, vedeva gli sprite e il background in 3D, ma per il resto rimase tutto in due dimensioni. Adesso, invece, supportati anche dalla stereoscopia del 3DS, Square-Enix ha puntato al rifacimento totale della resa tecnica, proponendo tutto in 3D, così da esaltare anche il disegno e il tratto di Akira Toriyama, piuttosto che fermarsi all’isometria originale. Il rifacimento tecnico è legato anche a una resa tecnica delle skin delle classi, che mutano a seconda del personaggio, differenziandole tra tutti quanti piuttosto che renderle tutte univoche. Il tratto è decisamente più pulito, i dungeon sono ottimamente supportati dalla telecamera, che non incespica nelle mura, ma stando a una altezza superiore a quella d’uomo riesce anche a girare attorno agli ambienti. Gestire la visuale, quindi, sarà anche molto semplice utilizzando i dorsali, ma sarà anche possibile bloccarla, premendo entrambi i tasti posteriori, così da avere un riferimento perennemente attivo. Altro aspetto da tenere in considerazione per quanto riguarda la resa tecnica è legato alla colonna sonora, che pur essendo in midi riesce a raggiungere un’ottima fattura, chiaramente superiore a un midi di sedici anni fa. Infine parliamo anche della presenza dello StreetPass, aspetto da non sottovalutare vista la piattaforma sulla quale ci troviamo a giocare. Oltre al “falso” StreetPass, che viene incontro a chi ha difficoltà nel rintracciare qualche amico con cui connettersi, sarà possibile ottenere delle tavolette aggiuntive che apriranno dei dungeon speciali con dei boss che arrivano dal resto della serie di Dragon Quest: completandoli sarà possibile aumentarne la difficoltà in fase di ricondivisione e aumentare, così, il livello di sfida per chi verrà dopo di voi a giocarci. Per quanto riguarda invece il fake StreetPass, il funzionamento è analogo e il trasferimento delle tavolette avviene con dei contatti fittizi una volta collegatisi al server.
– Non ci sono più gli scontri casuali
– Graficamente rinnovato col 3D
– Funzionalità StreetPass
Dragon Quest VII si presenta con un’ottima ventata di freschezza su 3DS, permettendo finalmente a tutta l’Europa di godere di quello che è il jRPG più longevo di sempre. Chiamati all’importante compito di svecchiare un prodotto vecchio di sedici anni, in Square-Enix sono indubbiamente riusciti a rivedere una formula che rischiava di essere troppo farraginosa per il 2016 e l’hanno avvicinata alla dinamicità dei giorni nostri e alle scontate e necessarie modifiche richieste per la visualizzazione dei mostri sull’overworld e così via. Tutte le novità sembrano poterci dare soddisfazione e in attesa della recensione, che arriverà tra una settimana, possiamo ben sperare per un’altra grande avventura a tema Dragon Quest.
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