Deus Ex: Human Revolution è stato un caso piuttosto unico nel mondo dei videogiochi, un reboot riuscito. Come diciamo sempre, non è una passeggiata ridare linfa vitale a serie che hanno rappresentato molto per i giocatori: c’è di mezzo il fattore nostalgia, che fa sembrare ogni novità un insulto, e il paragone diretto risulta costantemente disastroso, se non altro perché nell’attuale panorama si ha la tendenza a rendere più accessibili sistemi che in passato venivano lodati per la loro complessità. Anche Human Revolution aveva reso più intuitive le basi del primo Deus Ex, ma lo aveva fatto con grande intelligenza, raggiungendo meritatamente il successo.
Mankind Divided è pertanto un progetto di importanza immensa per Eidos Montreal, una di quelle situazioni “o la va o la spacca” nelle quali è necessario dimostrare che il primo centro non è stato una fortuita casualità. Lo abbiamo testato a Londra per qualche ora, e oggi possiamo darvi le nostre prime impressioni.
Safe augmentations
La versione da noi provata conteneva due passaggi della campagna principale: il tutorial a Dubai e una missione avanzata ambientata a Praga. Gli Eidos hanno giocato in casa, senza rivoluzionare eccessivamente le meccaniche di gioco e ripartendo dal punto in cui il predecessore si era concluso, con un Adam Jensen sempre protagonista ma non più vittima degli eventi. L’eroe di Mankind Divided è sempre l’abilissimo cyberagente che abbiamo imparato ad apprezzare, ma ora lavora per una branca segreta dell’Interpol e agisce volontariamente sul campo per fermare situazioni scomode. E di roba scomoda ne succede parecchia, considerando lo stato del mondo. In questo capitolo, dopotutto, gli Augmented sono divenuti i reietti della società, e a seguito dell’incidente internazionale del primo capitolo gli arti robotici sono ormai visti come il diavolo in terra. Si è venuto a creare una sorta di Apartheid meccanico, che ha dato vita a episodi di terrorismo inarrestabili e a un forte malcontento tra coloro che magari erano stati costretti alle modifiche a causa di seri problemi fisici.
La missione a Dubai parte da qui, ma inizialmente riguarda un semplice scambio tra organizzazioni di parti Aug militarizzate e armi. Il fattore interessante? Adam parte immediatamente con gran parte dei potenziamenti del primo reboot, e ha immediatamente modo di usarli contro i Jinn, un’organizzazione terroristica ormai stabilitasi nelle rovine della città.
Non ci vuole molto per rendersi conto di come gli sviluppatori abbiano voluto andarci coi piedi di piombo: il sistema alla base è fondamentalmente identico, e si basa sempre su obiettivi chiarissimi ma raggiungibili con vari approcci. Le mappe sono strutturate per avere passaggi multipli, più verticalizzate rispetto al passato e ricche di possibilità. Ad Adam viene poi sempre concessa la chance di usare l’hacking per facilitarsi la vitaccia, aprendo porte e ottenendo password dai terminali sparsi, senza contare la solita utilità del movimento silenzioso e dell’invisibilità attiva.
Le novità, ad ogni modo, non mancano e partono dal sistema energetico, ora non diviso in batterie a carica ma indicato con una comoda barra alternativa, che si svuota a forza di utilizzare i poteri e si ricarica gradualmente nel tempo (con perdite graduali dal totale a forza di usare i poteri se non la si rimpingua con degli oggetti dedicati). Tale cambiamento permette di usare le abilità speciali di Adam con più costanza, e aumenta seccamente il ritmo di gioco, facilitando sia le uccisioni silenziose che il planning dell’azione nelle varie mappe.
Per qualcuno che ha spolpato il precedente capitolo non ci vuole molto insomma per rientrare nel ritmo di questo titolo parzialmente sandbox, e dopo aver usato a dovere la vista potenziata disponibile da subito si può decidere se massacrare l’organizzazione avversaria, o andarci piano per evitare problemi, e la possibilità che la copertura del nostro agente infiltrato salti durante lo scambio d’armi. Qui c’è la seconda novità, ovvero l’inserimento in numero maggiore di eventi che possono decidere la vita o la morte degli npc alleati. Fin dal tutorial l’agente infiltrato della nostra squadra può crepare malamente in uno scontro a fuoco se non viene protetto a dovere, e sembra che tali momenti di tensione abbonderanno durante le missioni primarie.
Dubbi e conferme
Abbiamo espresso qualche dubbio a Olivier Proulx per tale scelta. La prima di queste, dopotutto, è molto orientata verso il combattimento, e questo ci ha fatto pensare a un possibile ritorno del “problema boss” del primo capitolo. Per chi non lo sapesse, si trattava di boss fight che rompevano leggermente la libertà offerta, costringendo anche personaggi con build orientate allo stealth o all’hacking a menare le mani, poi rimodellate nelle ultime versioni del titolo per offrire altri approcci. Il producer Olivier Proulx ci ha però rassicurato, confermando che il loro inserimento nella campagna è ponderato e permette praticamente sempre risoluzioni alternative, più adatte a build non incentrate sugli scontri a fuoco.
La seconda parte del nostro test, ambientata nel teatro Dvali a Praga, ci ha in seguito dato una prova pratica ancor più concreta della volontà degli sviluppatori di far sbizzarrire il giocatore. Un amante della guerra virtuale può entrare nel teatro frontalmente, ricoperto di nanomacchine indurite a mò di corazza e armato fino ai denti, ma un approccio silenzioso permette di arrivare all’obiettivo finale (l’ufficio di un boss della malavita) da ben 3 diversi passaggi extra: uno rialzato che richiede una piattaforma mobile per essere raggiunto e la rottura di un muro a pugni, uno dal tetto, e uno da una ventola laterale dell’edificio. Ogni scelta permette di aggirare o affrontare i numerosi avversari in modi diversi, ed è persino possibile usarle tutte e tre per ripulire in modo lento e tattico l’intera zona, a partire dai cecchini sui tetti fino ad arrivare alle pericolose sentinelle robotiche.
C’è un altro dubbio legato alla seconda parte, poiché è evidente che nella campagna ci sarà un reset di abilità per Adam, visto che la build della sezione avanzata era ben diversa da quella del tutorial. Proulx ha però precisato che la scelta è stata fatta perché l’avanzamento in un titolo come Deus Ex è fondamentale, e vogliono permettere al giocatore di personalizzare il suo stile di gioco, senza dargli da subito ogni potere.
Meccanicamente abbiamo inoltre apprezzato alcune novità legate alla gestione delle armi in combattimento e dell’hacking. Il minigame di quest’ultimo è molto simile a quanto visto in passato, ma ora è possibile terminare l’attività delle telecamere e delle torrette anche dalla distanza con una sorta di Rhytm game. Le bocche da fuoco invece vantano un sistema di modifiche in battaglia, che permette di switchare tra i tipi di proiettile e mette in pausa l’azione se usato. Contro unità corazzate i proiettili EMP o perforanti sono, per ovvie ragioni, indispensabili.
Aggiungete a tutto questo un po’ di curiosi trucchetti in più a disposizione di Adam, come un Typhoon ad area stordente, lame tesla o esplosive scagliabili contro i nemici e super scatti, e otterrete un mix di tecniche che rende il nostro barbuto agente una vera minaccia robotica.
Meno bene invece il comparto tecnico. Mankind Divided si lascia guardare, per carità, e i miglioramenti rispetto al predecessore sono evidenti, tuttavia è ovvio che il lavoro di pulizia e rifinitura generale sia ancora tutto da fare. Il gioco è crashato più volte (problema più della build che del motore questo, però), e abbiamo incontrato un gran numero di bug legati alla fisica, cosa discretamente preoccupante vista la notevole interattività offerta. Per il resto, non male la risposta dell’IA, molto mobile e aggressiva in quasi tutte le situazioni con qualche raro sbalzo, e pregevole anche l’aumento delle distruttibilità in copertura, che non permette di combattere al sicuro dietro a barriere in vetroresina o legno.
– Interessanti ritocchi alle meccaniche
– Più esteso e variegato del predecessore
Deus Ex Mankind Divided sembra voler essere una versione potenziata e allargata di Human Revolution, con qualche ritocco qua e là. Alcune meccaniche non sono ancora state svelate, ma in generale Eidos ha voluto perfezionare la formula più che rivoluzionarla, una soluzione intelligente visto il successo del predecessore. Ora resta da vedere se la narrativa e la campagna reggeranno il colpo, permettendo a chi si è goduto la prima avventura di Adam Jensen di apprezzare alla grande anche questo seguito. Non resta che aspettare.