Anteprima

Cuphead

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a cura di LoreSka

Ci sono giochi che hanno la capacità di attirare la tua attenzione in un tempo praticamente nullo, e Cuphead è uno di questi. Quando siamo entrati all’evento ID@Xbox di Microsoft alla GDC 2015 di San Francisco, attorno a noi vi erano una trentina di schermi con altrettanti giochi. Dall’indie strano a quello ispirato, dal gioco più noto a quello totalmente sconosciuto, ci siamo mossi tra i vari banchetti buttando un occhio sul monitor per cercare di capire di che cosa si trattasse. E poi, su di uno schermo più grande degli altri, ecco apparire un gioco che sembra un filmato di presentazione, ma che in realtà è una sessione di gameplay in tempo reale giocata da un giornalista. E, attorno a lui, una decina di persone in coda con gli occhi sgranati di fronte a quanto stanno vedendo. E sì, ci siamo messi in fila anche noi.
That’s all folks!
Cuphead è un gioco di una semplicità disarmante: è uno sparatutto bidimensionale che ricorda i vecchi Contra e Mega Man, ma basato esclusivamente sui boss. Il giocatore è al controllo di uno strano omino con la testa a forma di tazza che ha la possibilità di sparare in otto diverse direzioni con un sistema di fuoco automatico. Il nemico è uno solo, e lo schermo non è a scorrimento: ogni volta che si inizia un livello, infatti, ci si trova immediatamente ad avere a che fare con un boss che scatena contro di noi l’inferno, ed è nostro compito sconfiggerlo riuscendo a evitare le sue mosse, che spingono il gioco ai confini del bullet-hell e ci obbligano a studiare a menadito il comportamento degli avversari.
Il nostro omino a forma di tazza, infatti, è protagonista di un videogioco davvero difficile, nel quale ogni livello/boss rappresenta una sfida ardua anche per i giocatori più temprati. Nella demo a disposizione dei giornalisti, infatti, nessuno è riuscito a superare il terzo nemico nelle quattro ore in cui l’evento è stato aperto alla stampa, e chi ci è andato più vicino – ci è stato detto – si è fermato per mezz’ora in più oltre la chiusura dello showcase.
Tra un boss e l’altro il giocatore ha la possibilità di navigare in una mappa aperta che funge da hub, e che permette di identificare i vari luoghi dove si svolgono le azioni. Ogni nemico è contestualizzato al luogo in cui ci si trova, e la loro natura è tanto originale quanto assurda: nella breve demo ci siamo visti intenti a sparare a un ortaggio gigante, a una rana con i guantoni da boxe e a uno strano lupo di mare evidentemente ispirato al personaggio di Bruto, storico nemico di Braccio di Ferro.
Da Fleischer a Disney
L’intero stile di Cuphead ci immerge infatti nell’atmosfera dei cortometraggi d’animazione degli anni Trenta e Quaranta, dai capolavori di Fleischer come Betty Boop e il già nominato Braccio di Ferro, fino alle evidenti citazioni disneyane delle Silly Symphonies e di Steamboat Willie. La grafica del gioco, resa più morbida da un filtro che sporca l’immagine come in una pellicola deteriorata, è di quelle difficili da scordare: bastano pochi istanti per essere conquistati dallo stile del gioco e dalla sua qualità grafica, che coglie appieno la comicità slapstick dei cartoni di inizio secolo e la ricontestualizza in un gioco di difficoltà tipicamente anni Ottanta. Il risultato, come detto, è sorprendente e dopo pochi minuti si viene completamente catturati da questo gioco ipercitazionista e straordinariamente difficile nella sua enorme semplicità.

– Stile grafico incredibilmente bello

– Impegnativo quanto Super Meat Boy

– Splendido nella sua semplicità

Difficile come Super Meat Boy e bello come un vecchio film di Topolino, Cuphead è un gioco che ha saputo conquistarci in appena pochi minuti. Se amate il gameplay d’altri tempi e non vi spaventano le sfide, in questo gioco troverete pane per i vostri denti, con il bonus di un’esperienza graficamente eccellente. Il consiglio è di seguire questo gioco, perché potrebbe rivelarsi un vero e proprio caso e siamo certi che il suo stile saprà conquistare un grande numero di giocatori.

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