Caos, esplosioni, armi esagerate e assurde, ancora caos, pixel che volano in mille pezzi e altre esplosioni, il tutto mentre nelle cuffie risuonano incalzanti ritmi chiptune da ascoltare ovviamente al massimo del volume. In poche righe abbiamo praticamente riassunto tutto quanto c’è da dire su
BeardedBear, un progetto tutto italiano, frutto del lavoro di tre studenti che da poco hanno aperto la propria campagna Kickstarter alla ricerca di fondi con cui finanziare la propria opera. Nel caso in cui siate interessati a provare
BeardedBear e, perché no, a sostenere un piccolo team italiano, vi riportiamo direttamente qua di seguito il
link da cui scaricare due versioni di prova del gioco, quella utilizzata per il Kickstarter e la demo mostrata durante il Codemotion a Milano.
Frenesia portami via
La serie di aggettivi, verbi e sostantivi che hanno aperto la nostra analisi dicono molto della natura caciarona di BeardedBear, ma per essere più specifici e professionali, la definizione corretta è quella di un’arena shooter con forti tratti rougelike. Per dovere di cronaca, ci sarebbe anche una storia, con orsi barbuti mezzi robot, viaggi nel tempo e nello spazio, scienziati pazzi e alieni, ma vi risparmiamo i dettagli, dato che i personaggi e le assurde situazioni non sono altro che un pretesto per fare fuoco su ogni pixel che si muove. BeardedBear è un concentrato di azione in pochi megabyte e ogni elemento e meccanica di gioco inseriti dai ragazzi di Bears in Mind è volto a stimolare i riflessi e la rapidità delle dita che si muovono sul pad, periferica indispensabile per testare il titolo. I livelli di gioco sono ambientati in luoghi che hanno fatto la storia, come l’antico Egitto delle piramidi, Babilonia o, ancora, la Firenze rinascimentale, sui cui monumenti piazzati sullo sfondo, sono inserite le piattaforme dove il nostro orso barbuto corre senza un attimo di sosta, sfruttando il doppio salto per non cascare nel vuoto e per non venire colpito dagli alieni. BeardedBear non è certo un gioco facile, bastano infatti pochi attimi all’interno della prima arena per capire che rimanere fermi in punto, sperando da lì di eliminare tutti i nemici, è una tattica suicida, perché in men che non si dica tutto lo schermo si riempirà di alieni bianchi, senza lasciare alcuna via di fuga. I numerosi avversari non sono però l’unica motivazione per cui in BeardedBear non vi è un attimo di sosta: le armi vengono generate casualmente all’interno dei livelli e, proprio come in ogni rougelike, non sai mai quello che ti può capitare fra le mani. Solo per fare alcuni esempi, vi sono le normali pistole, fucili che sparano fuoco ma al contrario, shootgun, frecce esplosive, uzi dalla cui bocca escono fulmini, ma questi sono solo dei casi fortunati, perché quando ti ritrovi a impugnare una pistola ad acqua e sei costretto a farti largo in mezzo ad alieni striscianti, l’unica via verso la salvezza sono le imprecazioni e le acrobazie per raggiungere un’altra arma.
In due si muore meglio
BeardedBear è un gioco cattivo, ma nel senso buono del termine: all’inizio odi il fatto che ogni quindici secondi l’arma che hai in mano svanisca nel nulla lasciandoti alla mercé dei nemici, ma dopo qualche morte precoce ci fai la mano, cresce l’attenzione, apprezzi sempre di più i suoi ritmi frenetici, capisci che anche questo è un altro escamotage per costringerti a non staccare la spina per nemmeno una frazione di secondo, e ovviamente non è nemmeno l’ultimo. Bears in Mind ha inserito nel suo titolo un sistema di livellamento particolare e che non tocca solo chi ha il joypad fra le mani: gli alieni fatti in mille pezzi lasciano sul terreno i propri resti fatti di pixel, che recuperati contribuiscono alla crescita della barra dell’esperienza posta nell’angolo alto dello schermo e all’avanzamento di livello. Una volta terminata l’arena, si ha così la scelta fra vari power up, come più punti vita, potenziamenti per gli attacchi o, ancora, movimenti più rapidi. Peccato che il tempo utile per arraffare tutti i resti sparsi per il livello sia limitato e se non si è più che pronti a gettarsi in mezzo alle frotte di nemici per recuperare il prezioso bottino, quest’ultimo svanirà e contribuirà al level up non vostro, ma degli alieni. Questa trovata è allo stesso tempo tanto funzionale ai ritmi del gioco quando perfida, ma come già detto BeardedBear non vuole essere in alcun modo una passeggiata ed anzi, quando la partita termina con un triste game over, non sono queste le parole che appaiono sullo schermo, ma al loro posto i sadici ragazzi italiani hanno inserito delle vere e proprie prese in giro, come un invito ad andare a giocare ad Hello Kitty, un appunto che ci dice senza giri di parole “You suck”, o altre trovate simili. Se poi a morire si è in due, oltre che essere più divertente, si ha anche una spalla contro cui scaricare la tecnica dei 100 colpi e sapientemente, già in questa fase di raccolta fondi, BeardedBear ha la coop in locale, modalità in cui il caos su schermo raggiunge i picchi massimi.
Pregi e difetti
Ecco, se proprio volessimo cercare un difetto di gioventù a BeardedBear è che ogni tanto si fa davvero fatica a capire cosa accade su schermo: fra esplosioni e pixel che riempiono tutto lo schermo, mentre fulmini fuoriescono dall’arma ed alieni finiscono in mille pezzi, il counter delle morti corre veloce e raggiunge cifre mai viste prima e non sempre per un tasto premuto in ritardo, ma solo perché sullo schermo era impossibile distinguere i nemici in mezzo a quell’ammasso di pixel. Le vite non vengono inoltre ricaricate tra un livello e l’altro e quindi molte run finiscono in men che non si dica. Fra gli aspetti più positivi vanno invece annoverate le musiche, composte da Alberto Bonalumi, in arte Kiiro; queste sono sapientemente inserite nel gioco, non solo per sostenere con i battenti toni chiptune la frenesia di BeardedBear, ma sono funzionali anche al gunplay, dato che variano a seconda dell’arma impugnata, diventando solo un fruscio in lontananza quando quest’ultima sta per svanire nel nulla terminati i suoi quindici secondi di utilizzo. Infine, oltre alle musiche, anche gli effetti audio si combinano alla perfezione con la pixel art di BeardedBear, che nella sua semplicità riesce a rendere il titolo un’opera dal forte carisma.
– Tante combinazioni di armi e munizioni
– Non si sta fermi un secondo
– Sistema di livellamento anche per i nemici
– Ottime musiche chiptune
Se pensate che tutta l’anteprima altro non sia che una mera marchetta per sostenere un team indipendente italiano, vi sbagliate di grosso. BeardedBear non è certamente un’opera finita, ma già da questa versione demo fornita per sostenere la campagna Kickstarter, vengono a galla alcune brillanti idee che differenziano il titolo dalla massa degli altri shooter roguelike che riempiono il mercato videoludico, come il level up dei nemici e le numerose combinazioni di armi e proiettili, meccaniche di gioco adeguatamente sostenute e valorizzate dalla musica chiptune che accompagna la distruzione totale che avviene sullo schermo.