L'alba di un nuovo Silent Hill, e l'ombra di Hideo Kojima - Speciale
Konami conferma di stare lavorando al ritorno di Silent Hill, ma con quali sviluppatori?
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a cura di Paolo Sirio
Sappiamo cosa state pensando: troppo bello per essere vero. La fine tormentata di una serie tormentata come quella di Silent Hill aveva fatto troppo male per lasciare speranze di un nuovo inizio, presto o tardi; paradossalmente, più di quel Metal Gear che in una maniera o in un’altra era riuscito a superare il lutto e prodursi in qualcosa di estremamente diverso, Survive, ma comunque reale.
Eppure, la Konami dei PES – finalmente più di una semplice alternativa –, dei pachinko e poco altro sembra aver deciso di tornare padrona del suo destino, provando a rilanciare uno dei suoi franchise più apprezzati da pubblico e critica. Probabilmente convinta dall’entusiasmo per i rifacimenti dei Resident Evil classici, la casa giapponese ha confermato di stare cercando modi di far uscire Silent Hill dall’abisso in cui era fiondato ormai da diversi anni, forse più di quanti la crisi pubblica con Hideo Kojima lasciasse intendere.
Ma come si riparte, e da dove?
Dove eravamo rimasti
Le ultime uscite della serie survival horror dall’orientamento fortemente, e orgogliosamente, psicologico risalgono, incredibile a dirsi ma è così, al lontanissimo 2012. Era l’anno, per rendere l’idea, del lancio europeo di PlayStation Vita, a cui fu non a caso destinato uno degli ultimi due giochi incentrati sulla proprietà intellettuale – Book of Memories.
L’altro, una produzione per console casalinghe, era Downpour, un titolo abbastanza tradizionale e in linea con le aspettative se non altro tematiche dei videogiocatori appassionati di questo marchio. Quello della qualità è, ci sembra chiaro e lo sembrava pure pochi anni dopo Homecoming, un discorso diametralmente opposto e lo dimostra il metascore ottenuto dal titolo: 64/100. Perlomeno, un punteggio superiore a quello registrato da Book of Memories, dallo studio che più avanti avrebbe partorito l’apprezzato Shantae (Wayforward Technologies), un misero 58/100.
A lasciare perplessi in quel tempo furono le modalità di sviluppo scelte da Konami per una delle sue IP di punta; per quanto fosse già all’epoca caduta in una spirale negativa, infatti, destò un certo stupore il fatto che si decise di affidarsi ad una realtà sconosciuta della Repubblica Ceca, quella Vatra Games fondata da veterani di 2K Czech e con due titoli all’attivo di cui il primo tripla-A, appartenente all’inglese Kuju che altro non aveva fatto che ‘vincere una gara d’appalto’ e girare la licenza ad un team esterno.
Immaginiamo siamo tutti d’accordo su un punto: una saga qual è Silent Hill, nella quale la componente narrativa gioca un ruolo di grande spessore all’infuori delle semplici meccaniche, non meriterebbe un trattamento del genere, e non si parla di semplice affetto nei confronti di un pezzo di storia dei videogiochi.
I capitoli realizzati dall’originale Team Silent, ovvero i tre numerati e The Room (1999-2006), hanno venduto alla fine del 2018, ultimo dato utile, 6.9 milioni di copie; tutti gli altri, realizzati da contractor e cioè da realtà esterne che si sono nervosamente avvicendate allo sviluppo, poco più di 2 milioni, segno che le modalità con cui sta venendo condotta questa IP non funzionano, e che non lo fanno da tempo ad essere sinceri.
Anzi, questi numeri sono la prova provata del fatto che un franchise come questo ha bisogno di una visione unitaria, di un autore che possa seguire un riavvio deciso sia sotto il profilo delle meccaniche che in termini di pura narrativa e continuare a gestirlo per un numero stabilito di episodi (trilogia o altro). Il caso di God of War, con il ritorno inatteso del 2018, ha fatto scuola in tal senso ed è un caso che non può non essere tenuto in considerazione quando si parla di Konami.
Fanno sorridere amaro le presunte motivazioni per la chiusura del Team Silent e questo cambio netto nella gestione del franchise, che secondo un artista di Double Helix Games (del già menzionato Homecoming) sarebbe stata dovuta esplicitamente alla volontà di affidarlo a team occidentali. Nonostante i discreti Origins e Shattered Memories di Climax, il peccato originale che ha portato Silent Hill nella condizione critica in cui versa tuttora.
In ogni caso, il modello della doppia release nello stesso anno o comunque a distanza di pochi mesi (Downpour era inizialmente previsto per il 2011 ma fu rinviato per ragioni tecniche) almeno ci dice qualcosa di utile, ovvero che quanto si vocifera da qualche giorno, ovvero non uno ma ben due titoli in cantiere, potrebbe essere vero dal momento che si tratta di una pista già battuta in passato. Si spera, ovviamente, che i risultati siano ben diversi per questa eventuale nuova ondata.
Non stiamo dimenticando P.T. e Silent Hills, naturalmente; questi tasti dolenti meriterebbero approfondimenti a parte, e un giorno magari ve li proporremo, ma fanno parte del problema Silent Hill e purtroppo non ne sono affatto la soluzione. Nel 2014 Kojima Productions non era altro che un team che propose un suo ‘pitch’ per un nuovo capitolo e a cui Konami, che in Kojima vedeva a quei tempi addirittura un potenziale presidente, diede logicamente il via libera per i meriti riconosciuti sul longevo Metal Gear.
Fin dal primo istante, da quell’annuncio a sorpresa alla Gamescom 2014, P.T. e Silent Hills parvero la risposta a tutto ciò che gli appassionati avevano chiesto negli anni bui: una visione per il loro franchise horror preferito, che li solleticasse – citiamo il reveal sui generis come nella tradizione di Kojima, che camuffò il suo team da 7780 Studios, dal numero di chilometri quadrati dell’area di Shizuoka, la prefettura giapponese il cui nome tradotto in Inglese è “Quiet Hills”, come in tanti chiamano colloquialmente la saga – e desse loro cibo per la mente insieme a qualche sano brivido.
L’impianto del Playable Teaser ebbe allo stesso modo un notevole impatto sulla fanbase: dopo diversi episodi spesi a trovare una formula che fosse abbastanza avvincente per quello che si credeva essere il pubblico occidentale (i cui gusti evidentemente non sono mai stati letti in modo corretto), Kojima e il suo staff rimisero al centro della scena un horror che giocasse coi nervi del giocatore, col non visto più che col visto, rinunciando a dinamiche di combattimento che non sono mai state il forte di Silent Hill – o comunque non lo sono state nei vari Homecoming e Downpour.
Dopo la presentazione dell’agosto 2014 la situazione precipitò per lotte di potere tra Kojima Productions, vista ormai come un’entità troppo forte e (almeno nella volontà del creatore) indipendente dalla sede centrale, e Konami, e fu così che per l’ottobre del 2015, dunque a sviluppo poco più che soltanto avviato su Silent Hills, il visionario di Metal Gear si ritrovò messo alle strette al punto di non potere neppure partecipare a The Game Awards di quell’anno e costretto a lasciare per scadenza di contratto insieme a gran parte del suo staff la compagnia per cui aveva lavorato per quasi tre decenni.
Il rammarico fu forte, e lo è ancora oggi, ma da parte di Konami ci fu grande fermezza: Kojima venne fatto lavorare in clausura fino alla conclusione dello sviluppo di Metal Gear Solid V: The Phantom Pain, dopodiché ricevette il benservito con la rimozione della celebre tag “A Hideo Kojima Game” dalle copertine dei giochi della serie stealth e la cancellazione non soltanto del progetto Silent Hills ma addirittura della demo P.T. dal PlayStation Store, con annessa impossibilità di riscaricare il contenuto una volta rimosso dalla propria PS4. Una damnatio memoriae senza precedenti nel gaming, cui diede sollievo soltanto la notizia di metà dicembre del 2015 che una nuova Kojima Productions avrebbe collaborato con Sony per una nuova IP.
In origine Silent Hills, il gioco di cui P.T. altro non era che una demo, era previsto per il 2016 e i particolari al riguardo non furono mai troppi, specie perché lo sviluppo era solamente alle battute iniziali; Kojima disse al tempo di non sapere se il titolo completo sarebbe stato in prima o in terza persona, ad esempio, ma che il team di sviluppo era indeciso se permettere di cambiare dinamicamente o avere un’inquadratura in terza persona con alcune aree da esplorare in prima – concept, quest’ultimo, parzialmente ripreso in Death Stranding e nella fattispecie per la navigazione nell’atipico game over, nonché già esplorato con The Room, dove nell’appartamento abbiamo una prima persona e nel gioco principale troviamo la terza.
Allo stesso modo, il game designer e director non volle discutere della possibilità di avere un open world o meno, limitandosi a dire che il FOX Engine era stato progettato per supportare grandi mondi attraversabili liberamente, e che Silent Hills avrebbe usato proprio quel motore. Un recente video, realizzato con un hack, ha permesso di scoprire che P.T. contiene al suo interno già l’intera ambientazione di Silent Hill, per quanto spoglia e priva di dettaglio, e questo lascia immaginare che il gioco sarebbe stato effettivamente open world per quanto incentrato su puzzle che avrebbero formato e deformato l’ambiente alla soluzione. Come per Death Stranding il protagonista sarebbe stato interpretato da Norman Reedus.
Il rumor (e la conferma)
Dopo questo vuoto lungo quasi sei anni, sembra essere improvvisamente ritornato il momento di parlare ancora una volta di Silent Hill, grazie ad un nuovo rumor proveniente dal ben informato insider Dusk Golem/Aesthetic Gamer. L’insider anticipa la realizzazione non di uno ma di due nuove iterazioni del franchise survival horror che ha fatto innamorare i giocatori ai tempi della prima PlayStation.
Questa anticipazione sembra piuttosto credibile fin dalla sua comparsa in rete, non solo per i precedenti dell’insider (aveva anticipato i DLC di Resident Evil 7 e il remake di Resident Evil 2) ma anche perché una strategia simile, quella della doppia uscita, era già stata adottata da Konami con i summenzionati Downpour e Book of Memories.
Il rumor parla apertamente di un soft reboot, che avrebbe fatto sue le premesse narrative e ludiche della serie per rielaborarle secondo i canoni moderni, destinato a raccogliere l’eredità dei capitoli principali, e di un prodotto più piccolo, che avrebbe ricordato i titoli episodici di Telltale Games e horror in stile b-movie/corali à la Until Dawn.
Non sarebbe una grossa sorpresa se il primo fosse stato pensato per le piattaforme casalinghe next-gen oltre che per il PC, mentre il secondo venisse dirottato su Nintendo Switch, a ben vedere una console ‘casalinga da casa’, come la vede formalmente la Grande N e come Sony aveva proposto la sua PlayStation Vita, una PSP più potente capace di far girare i tripla-A come su una PS3 o PS4.
Se quest’ultimo potrebbe essere uno spin-off dalle meccaniche totalmente diverse da quelle cui siamo stati abituati negli anni (similmente a Book of Memories), il tripla-A per PS5, Xbox Series X e PC si troverebbe ancora una volta al bivio tra prima persona e terza; il publisher potrebbe porre il veto sulla prima persona per evitare assonanze con P.T., nonostante Resident Evil 7 ne abbia mostrato il pieno potenziale declinato all’horror, e lasciarsi tentare dall’inquadratura in terza persona come da canone e dai remake dei classici di Capcom.
La dritta dell’insider è stata verificata pure dal rinomato portale Rely on Horror, che ha sentito la stessa versione da una sua fonte anonima, sebbene in entrambi i casi – cosa forse più preoccupante visti i precedenti – non venga fatto alcun riferimento allo/agli sviluppatore/i che avrebbe preso in carico la lavorazione delle nuove uscite.
Ormai ‘circondata’, Konami ha scelto di vuotare il sacco, confermando di “stare considerando modi per fornire il prossimo titolo” di Silent Hill. Il publisher ha spiegato di “stare ascoltando il feedback dei clienti”, il che vuol dire, al di là della comunicazione da multinazionale farmaceutica (cosa che per certi versi è), che dovrebbe finalmente aver capito cosa vogliono i giocatori e in particolare cosa vogliono da un nuovo episodio della saga.
Da queste parole trapela netta la sensazione che i lavori non siano neppure iniziati, e che si stia ancora individuando il o i progetti giusti per la proprietà intellettuale; così fosse, i tempi sarebbero molto lunghi e non sarebbe neppure possibile speculare più di tanto, se consideriamo che non abbiamo neppure il nome di uno o più team che potrebbero stare occupandosi di questi progetti.
Un aspetto ribadito anche dallo stesso Aesthetic Gamer, che ha sottolineato in tweet successivi al primo report come sia stata Konami a mettersi in contatto con numerosi studi parlando di due “slot” da occupare con altrettanti team per la realizzazione di altrettanti giochi a tema Silent Hill. Ben due studi sarebbero stati già scartati nel processo di proposta e analisi di pitch nel corso di un paio di anni; se questo processo sia finito o meno è attualmente il nodo della questione.
E alla fine arriva (ritorna) Kojima?
Il fatto che non ci sia stata alcuna menzione degli studi impegnati su questi progetti di Silent Hill lascia aperta qualsiasi ipotesi, persino quelle più fantascientifiche e difficili da immaginare. Il sogno neanche tanto celato dei videogiocatori è che Hideo Kojima e la sua nuova realtà indipendente tornino all’ovile e riprendano il lavoro interrotto bruscamente nel 2015.
Questa pista trova una certa solidità in una manciata di informazioni trapelate o fatte trapelare negli ultimi tempi dai diretti interessati. La prima è, come al solito, un teaser dello stesso Kojima, che in un tweet dello scorso novembre aveva rivelato di stare guardando un film tailandese scoperto ai tempi di P.T. (The Eye) per provare a “fare il gioco horror più spaventoso” di sempre.
La seconda è l’indiscrezione raccolta da Eurogamer.net di un inatteso riallacciamento dei rapporti tra il game designer e director giapponese e la sua ex compagnia Konami. Non sappiamo a che livello stia avvenendo questo riallacciamento, se tra Kojima e qualche impiegato oppure tra Kojima e il chairman nonché fondatore dell’etichetta nipponica Kagemasa Kozuki, con cui era avvenuta la frattura originale.
Se il riavvicinamento fosse avvenuto davvero tra il creatore di Death Stranding e Kozuki, il limite sarebbe effettivamente il cielo, e Kojima Productions sarebbe libera di accettare una commissione per lo sviluppo di un nuovo Silent Hill. Siamo nell’alveo della speculazione, ma questo spiegherebbe anche l’addio del braccio destro di Kojima Ken Imaizumi per presunti disaccordi sulla strada da prendere dopo la consegna dell’esclusiva PlayStation 4.
Queste ricostruzioni si scontrano però con le voci di un’acquisizione di KojiPro da parte di Sony, che secondo rumor non verificati avrebbe messo gli occhi sulla software house di Shinagawa per rimpolpare la sua line-up di esclusive in vista della generazione di PlayStation 5; si dovessero concretizzare tali voci, complicate di per sé, il ritorno del figliol prodigo sarebbe improbabile.
Inoltre, sebbene di recente abbia parlato di un “grande” gioco già in cantiere insieme ad idee per anime, manga e qualcosa di molto “strambo”, sappiamo che Kojima sta elaborando un tipo di titolo in cui “un creatore crea un gioco, qualcuno ci gioca, e in futuro gli spettatori potrebbero diventare anche creatori” – una descrizione che non collegheremmo immediatamente ad un survival horror.
Quale che sia la conclusione di questa vicenda, il rientro – difficile, difficilissimo – di Kojima Productions nella serie di Silent Hill, meglio ancora da indipendente capace di lanciare un prodotto in poco più di tre anni dalla presentazione (le tempistiche rappresentarono il casus belli su The Phantom Pain, pare), non potrebbe che essere una buona notizia per l’IP, che ha innegabilmente bisogno di una scossa e di un innesto di qualità dopo le recenti debacle. Lo schema dei due titoli con uscite ravvicinate non ha funzionato l’ultima volta, ma chissà che le cose non possano cambiare con gli sviluppatori giusti: con o senza Kojima, la serie e i suoi fan meritano di più.
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