Agent, l'esclusiva PS3 di Rockstar Games | Post Mortem #2
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a cura di Paolo Sirio
Nel secondo numero di Post Mortem ci concentriamo su Agent, l’esclusiva PlayStation 3 dalla gestazione lunga e tortuosa che, ahinoi, non ha portato ad un’uscita nei tempi previsti ed è stata abbandonata alla fine di un processo a dir poco elaborato. Se n’è parlato alla fine dello scorso anno in seguito alla rinuncia, da parte di Take-Two Interactive, al rinnovo del marchio e al ritorno, nuovamente stellare com’è ormai prassi, di Rockstar Games con Red Dead Redemption 2. E non nascondiamo che proprio questa vicenda, insieme alla comparsa di Scalebound in un pazzo listino di Amazon Francia, ci ha dato la spinta finale per il lancio di questo appuntamento fisso con le produzioni più interessanti che, sempre sfortunatamente, non hanno visto la luce del giorno.
Andiamo a scoprirla, allora, dalle premesse entusiastiche ed entusiasmanti, alle ben più deludenti concretizzazioni di poche settimane fa.
Cosa sarebbe stato
Partiamo dunque da quelle premesse, che prim’ancora dello strano reveal di ormai un po’ di E3 fa avevano affollato e stuzzicato continuamente le menti di Rockstar Games. Il progetto Agent risale infatti addirittura al 2003, quando il management concesse ad un relativamente piccolo team di Rockstar San Diego la possibilità di lavorare lontano dai riflettori e dai grandi nomi che già cominciavano a dominare l’industria.
Sedici anni fa, una prima versione prevedeva Il Cairo come ambientazione principale ed era lecito aspettarsi che come concept iniziale si fosse pensato ad un open world (almeno per i tempi) avveniristico nella forma e nei contenuti. Il titolo sarebbe stato realistico e foto realistico in ogni suo aspetto, e molto fedele alla location: pensate che quattro artisti erano stati nella capitale egiziana con il solo intento di scattare oltre diecimila foto da utilizzare per il materiale preparatorio e come base per i luoghi da riportare nel gioco. Come per L.A. Noire, che menzioneremo anche più avanti in questa disamina, c’era evidentemente l’intenzione di presentare luoghi storici della città, e ricompensare gli utenti in qualche modo per averli visti e visitati.
Questa versione, in ogni caso, ebbe vita apparentemente breve. In quel frangente, la filiale di San Diego – “aperta” a fine 2002 dopo l’acquisizione da parte di Take-Two Interactive di Angel Studios – lavorava alla sua serie storica Midnight Club e a Red Dead Revolver. Inoltre, si preparava ad avere un team interno che si sarebbe occupato del motore grafico RAGE in seguito alla rinuncia del middleware di Criterion Games acquisita da Electronic Arts e dunque legata contrattualmente. Ne consegue che ci furono delle scelte da compiere, e che Agent, da piccolo progetto non ancora presentato e neppure passato alla produzione vera e propria con una squadra dedicata integralmente alla lavorazione, fu messo in standby per qualche tempo.
Ma Rockstar non ci mise poi tanto a recuperare quel materiale e, intrigata dall’idea di fondo, metterlo a disposizione di un team più grande e con un’influenza mediatica maggiore. Fu così che il progetto passò in mano a Rockstar North, la filiale di Edimburgo, con San Diego adoperata con un ruolo di supporto – un modello che si rivelò vincente per gli anni a venire ma che è stato superato con Red Dead Redemption 2, dove entrambe le realtà lavorano insieme in maniera praticamente paritaria. Il gioco venne annunciato nel 2007, anche se con le modalità inconsuete che vedremo più avanti, e fu tra i primi a trarre pieno vantaggio dalla potenza delle console di nuova generazione che proprio in quei mesi si stavano affacciando al mercato, compresa naturalmente PlayStation 3 cui si rivolgeva in via esclusiva grazie ad una partnership tra Rockstar Games e Sony.
Questa nuova versione del titolo avrebbe messo a frutto questa maggiore potenza proponendo prima di tutto un autentico open world e non un semplice sandbox, dal momento che, da comunicato e da presentazione all’E3 di due anni dopo del presidente di SCEA Jack Tretton, avrebbe “portato il giocatore intorno al globo”, il tutto nella cornice della Guerra Fredda alla fine degli anni ‘70. La parola “world” in questo caso è dunque totalmente appropriata e da non collegare esclusivamente ad un sottogenere. Non sappiamo come le varie location sarebbero state connesse tra di loro, ma chiaramente il pensiero va ad un sistema simile a quello vociferato (e ovviamente non confermato) per GTA VI, ovvero una meccanica che avrebbe permesso di volare da un posto all’altro di questo mondo di gioco per svolgere le proprie missioni di volta in volta ed esplorare in pieno stile Rockstar.
Dagli artwork trapelati, ci si poteva aspettare location centrali nel quadro della Guerra Fredda, come una Russia innevata, ma anche aree meno ‘pubblicizzate’ del tempo, come il Medio Oriente e l’Asia Centrale. In termini di gameplay, sarebbe stato uno “spy game”, com’è stato definito in quei giorni; contrariamente a quanto questa definizione potrebbe far pensare, la parola ‘stealth’ non è mai stata menzionata, per cui non è detto che tale tipologia di gameplay avrebbe avuto una parte dominante, forse tutt’altro. Sam Houser, la mente e la penna di Rockstar Games cui passò la palla nel momento in cui il progetto ebbe la luce verde, lo riteneva “l’action game definitivo”, in cui avremmo avuto “un’azione intensa, atmosfera e storia in un grande setting temporale”.
Pad alla mano, avremmo potuto imbarcarci in un “viaggio paranoico nel mondo della contro-intelligence, dello spionaggio e degli assassinii politici”. È lecito immaginare che avremmo dovuto pedinare ed infiltrarci, con l’intento non solo di sabotare ma anche di coprire e mistificare al fine di manipolare e portare la storia dalla parte della nostra nazione (ragionevolmente gli Stati Uniti e non un’agenzia in stile Hitman). Chissà che, visto il genere, non ci sia stata qualche meccanica d’interrogatorio da portare avanti in stile, l’avete già capito, L.A. Noire e che quel “paranoico” non sia stato usato per anticipare un impatto che questo clima di cospirazione avrebbe avuto sul protagonista e sulla sua vita ad un livello personale, in cui magari cercare di dedurre chi sarebbe stato davvero dalla nostra parte e chi no.
Purtroppo non possiamo dirlo con certezza e il materiale a nostra disposizione è già terminato qui, per quanto riguarda l’aspetto della giocabilità. Sotto il profilo dello sviluppo, invece, c’è abbastanza materiale da scrivere un romanzo; proveremo a sintetizzarlo nella maniera più interessante e completa possibile.
Cos’è stato
Superata la fase del prototipo, di cui abbiamo parlato poche righe fa, facciamo un salto temporale fino al 2007: in questo periodo comincia lo sviluppo del gioco che continuerà in maniera altalenante almeno fino al 2011, se non altro nelle dichiarazioni ufficiali “dell’epoca”. Sony svela di essersi assicurata “i diritti per il prossimo grande franchise dagli studios Rockstar”, senza svelarne il nome né mostrarne qualche immagine o un trailer. È una fase in cui PlayStation 3 è appena arrivata sul mercato e ha avuto un’accoglienza sorprendentemente fredda, sia per il prezzo di lancio, scaglionato peraltro a seconda del territorio, che per alcune scelte di design che l’hanno resa una bestia difficile da domare per gli sviluppatori, che non riescono a trarre il massimo dalla sua millantata potenza.
La casa giapponese ha dunque bisogno di giocarsi ogni carta possibile e immaginabile per far vedere alla sua utenza storica di avere la situazione sotto controllo e dare fiducia ad un mercato che ha di fatto contribuito a creare ma le sta voltando le spalle, e quale carta migliore di una nuova serie dai creatori di Grand Theft Auto (nome che viene non a caso menzionato più volte nell’annuncio, insieme al fatto che Rockstar e Sony costituiscano un binomio dalla tradizione lunga e pressoché inossidabile)? A legare ulteriormente i due marchi il fatto che, spiegano dal platform holder asiatico, questo prodotto ancora senza un titolo sarebbe stato possibile “solo su PS3”, grazie “alla potenza di CELL e al Blu-ray”, qualcosa che a leggerlo oggi può far sorridere ma che al tempo era una vera e propria gimmick di PlayStation 3, similmente (e non necessariamente con le stesse sorti, visto che poi il Blu-ray sarebbe diventato uno standard) alla derisa “potenza del cloud” di Xbox One qualche tempo dopo.
In quei giorni poco importava lo stato appena di bozza del progetto, nulla interessava che esistesse davvero o meno e che fosse compatibile con gli standard tecnologici del tempo: serviva lanciare un segnale e un segnale fu lanciato, con il conto del vaporware appena dietro l’angolo da saldare. L’impressione è che, oltre all’annuncio frettoloso, la questione dell’esclusiva sia passata per una sorta di gentleman agreement, e non per un contratto vero e proprio, presumibilmente legato all’affare L.A. Noire: dal 2004 al 2006 il gioco è stato finanziato interamente da SCEA, salvo poi passare all’etichetta Rockstar Games che lo pubblicò dopo un processo anch’esso ‘maledetto’ o quasi.
Probabile (ma mai confermato) che le parti abbiano stabilito di lavorare insieme ad una nuova IP da lanciare nelle vicinanze del lancio della console al tempo next-gen, dunque, come una sorta di indennizzo per gli investimenti fatti fino ad allora su un prodotto di cui avrebbero poi beneficiato la label dei fratelli Houser e di Take-Two Interactive. È curioso notare come in quegli istanti concitati Ken Kutaragi, padre di PlayStation, compia gli errori che porteranno al triste allontanamento dalla sua creatura: report piuttosto credibili parlavano di una “lentezza” cronica nel dare feedback alle diverse filiali sparse per il mondo da Tokyo, in particolare a quella americana, cui erano stati proposti titoli delle dimensioni di Assassin’s Creed e GTA IV come esclusive (se non totali, perlomeno a tempo) e che avevano visto le trattative raffreddarsi ad un passo dalla conclusione per la mancanza di un sì dal quartier generale giapponese. Non è da escludere che un’indecisione simile possa aver lasciato un segno anche su Agent.
Dopo due anni di lavoro a testa bassa, comunque, ecco l’annuncio formale: Agent viene presentato all’E3 2009, pur rimanendo ancora avvolto nel mistero con solo il logo esibito sul palco della conferenza Sony e un po’ di informazioni generiche, a ben vedere le ultime che abbiamo ricevuto, sulla storyline seguita dal team di Rockstar. Nonostante la scarsità di particolari, l’obiettivo, svelato a denti stretti e genericamente in una Q&A, è non portare la cosa troppo per le lunghe e addirittura lanciare nel 2010, ovvero l’anno seguente. Per dare del contesto ad una dichiarazione simile, in quell’anno fu pubblicato Red Dead Redemption, nel 2012 fu pubblicato Max Payne 3 che nel mentre era in pieno sviluppo e aveva già subito un paio di rinvii dopo alcune esibizioni poco apprezzate (ricorderete la querelle sul Max pelato e brasiliano), e sotto traccia si lavorava a GTA V, che sarebbe poi stato immesso sul mercato nel 2013 su PS3 e Xbox 360.
Col senno di poi, quindi, pensare che Agent uscisse nel 2010 era un’utopia. A giudicare dalla cadenza, il publisher capitanato da Ben Feder sperava presumibilmente in un più fattibile 2011, rendendo di fatto il suo uno sviluppatore capace – grazie al lavoro dei vari team tra Edimburgo e San Diego – di sfornare almeno per un certo lasso di tempo un titolo all’anno; e quest’ipotesi prende ulteriormente piede se consideriamo che l’editore riteneva la proprietà intellettuale dello “stesso valore” di GTA. In ogni caso, com’era prevedibile, il gioco salta la finestra di lancio del 2010 e in una conference call con gli azionisti nel mese di marzo il CEO di Take-Two si limita a dire che “è ancora in sviluppo”. Quell’anno non vengono fatti riferimenti di sorta in pubblico, né all’E3, né fuori dalla cornice di Los Angeles che storicamente non ha mai avuto un grande appeal su Rockstar (e immaginiamo per questo al tempo questo silenzio non destò particolare stupore).
In quest’anno avviene un cambio al vertice: T2 passa nelle mani di Strauss Zelnick, che già possedeva la compagnia dal 2008, con un ruolo operativo da amministratore delegato al posto del summenzionato Feder, e questo è con ogni probabilità un passaggio da tenere bene a mente e con delle serie ripercussioni su Agent. Sotto Zelnick, Rockstar Games abbandona la visione tenuta precedentemente di sviluppatore multi-progetto e si incammina sul percorso odierno che l’ha accompagnata fino ad uno status di eccellenza, un’elite cui appartengono pochi nomi nell’industria (pensiamo ad esempio a Naughty Dog o Blizzard) che dispongono dell’opportunità di lanciare titoli più grandi con intervalli di tempo più lunghi senza sottostare ai cicli di due o tre anni cui siamo abituati – e naturalmente con l’onere di registrare profitti all’altezza dei budget, implementando componenti online monetizzabili sul breve, medio e lungo termine nonché una qualità a dir poco stressante per i suoi dipendenti, come si sarebbe scoperto soltanto in prossimità del day one di Red Dead Redemption 2. Un processo che evidentemente non fa bene ad Agent.
Maggio 2011: Zelnick afferma per l’ultima volta che il gioco è “ancora in sviluppo”, non sappiamo quanto credendoci ma questo è il solo riferimento che abbiamo per poter dire che sì, effettivamente il gioco era ancora in sviluppo e lo è rimasto fino ad otto anni fa. Oltre alle consuete rassicurazioni per gli investitori, però, arrivano dichiarazioni rilevanti da parte di Sony, che ammette di non sapere a quel punto se il titolo sia ancora un’esclusiva PlayStation oppure no, e che la decisione in tal senso – ora che siamo ad un passo dal lancio di PS4 poco importa, sembra pensare il gigante giapponese – spetta soltanto allo sviluppatore. Una posizione ribadita al reveal della console della generazione corrente (febbraio 2013), quando Shuhei Yoshida dei Worldwide Studios disse di essere la “persona sbagliata” cui rivolgere domande circa il destino dell’IP.
Nel 2012, intanto, il primo no comment di Zelnick che è di fatto una prima conferma della cessazione dei lavori, cui hanno fatto seguito solo rinnovi del marchio (2013, 2014 e 2015) e non sappiamo quanto sorprendentemente pochissimi leak, giusto un paio, riguardanti peraltro bozze degli ambienti, di solito le prime a venire realizzati prima di dare il calcio d’inizio alla realizzazione di un videogioco. Insomma, la fine non risale certo a quei giorni dello scorso novembre durante i quali fu scoperto il mancato rinnovo del marchio presso l’USPTO; quella fu, semmai, la conferma di una realtà che nessun appassionato di gaming voleva riconoscere.
In questo secondo appuntamento di Post Mortem abbiamo ripercorso la vicenda di Agent, mai ufficialmente cancellato ma scomparso dai radar dopo una complicata gestazione. Guardando a quanto poco materiale abbiamo a disposizione, e a pensar male, verrebbe da insinuare che questa non sia stata neppure cominciata o comunque non sia andata a regime, e che il suo annuncio sia stato solo un elaborato “stunt” per tranquillizzare l’userbase dell’allora PlayStation 3.
In ogni caso, senza complottismi che lasciano sempre il tempo che trovano, appare chiaro che alla base dell’abbandono dell’IP ci siano cambi di mentalità di Take-Two Interactive e Rockstar Games, un certo immobilismo di una Sony che avrebbe forse potuto spingere di più per avere il titolo sulle proprie piattaforme, e non ultimi l’arrivo di una nuova generazione e di produzioni simili che probabilmente ne hanno saccheggiato idee e tecnologie. Un caso d’altri tempi, soprattutto per le modalità di presentazione, che non ha lasciato comunque segni su una delle software house più quotate in circolazione.
Voto Recensione di Agent, l'esclusiva PS3 di Rockstar Games | Post Mortem #2 - Recensione
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