Una delle caratteristiche andate di pari passo con l'evoluzione dei videogiochi è il loro rapporto con il cinema. Via via che le esperienze videoludiche si facevano più realistiche, che il comparto grafico tridimensionale prendeva il centro del palcoscenico, le opere con cui interagivamo cominciavano a diventare sempre più "cinematografiche", essendo a loro volta caratterizzate da motion picture.
Si tratta di un tema che qualche tempo fa discutemmo in un ricco approfondimento con la dott.ssa Fabrizia Malgieri, che ci raccontò di cinema, videogiochi e contaminazioni cross-mediali tra due mezzi di comunicazione estremamente capillari.
Non è, tuttavia, l'unica via percorsa dai videogiochi e dal loro modo di raccontare delle storie. E, a ben vedere, probabilmente in termini di storytelling non è nemmeno la migliore. Il BAFTA ha ricordato un po' a tutti il perché.
Il BAFTA per la miglior narrativa
Succede che pochi giorni fa, in quel del Regno Unito si tengono le premiazioni per gli ambiti BAFTA 2022, gli "oscar videoludici" del mondo anglosassone, dove i nominati di diverse categorie usciti nel 2021 si contendono le statuette.
Vi abbiamo raccontato del trionfo di Returnal come gioco dell'anno, ma in questo caso vogliamo soffermarci sulla categoria Miglior narrativa. Qui, la giuria ha portato come nominati i seguenti giochi:
- It Takes Two
- Life is Strange: True Colors
- Marvel's Guardians of the Galaxy (già vincitore ai TGA 2021)
- Psychonauts 2
- Returnal
- Unpacking.
Ci sono opere d'autore di grande estro, come It Takes Two e Psychonauts 2, un piccolo grande team in crescita di casa PlayStation – Hosemarque con il suo Returnal –, ci sono avventure dal piglio fortemente narrativo e cinematografico come Life is Strange: True Colors e Guardiani della Galassia.
E c'è Unpacking. Che vince il premio. Senza attori, senza battute, senza dialoghi, senza campi e controcampi. Con le sue scatole, le pagine del calendario che si strappano, i gadget sulle mensole della protagonista che si susseguono e alcuni che rimangono sempre lì, perché anche crescendo in fondo in fondo sei sempre la stessa.
Unpacking (che trovate ancora incluso in Game Pass, a prezzo ridotto su Instant Gaming) è il gioco meno cinematografico di quelli che erano stati nominati e vince facendo il videogioco che si ricorda di quello che solo il videogioco può fare: raccontare attraverso l'interazione.
La narrazione interattiva e i compartimenti stagni
La vittoria di Unpacking apre le porte a interessanti riflessioni sul tema toccato in apertura: ragionando per immagini, proprio come il cinema, il videogioco ne ha ereditato molti dei linguaggi e degli schemi, con una vera e propria "contaminazione" mediale. Dall'uso delle cutscene e la loro regia all'arte della recitazione, ci sono oggi opere videoludiche che sarebbe difficile distinguere dai film – anche perché sono sempre di più gli attori di enorme talento che lavorano nel mondo videoludico.
Se è vero che questo ci ha regalato delle opere di livello maiuscolo, è anche vero che a volte capita che i videogiochi si dimentichino che a renderli unici è l'interazione e si abbia la sensazione di due distinti comparti all'interno dell'opera: quello ludico, con cui interagisci, e quello completamente passivo della cutscene, a cui assisti come se fosse un premio appena sbloccato dalla tua progressione in-game.
Molti giochi hanno difficoltà a raccontare attraverso le loro parti interattive – tanto è vero che sono sempre di più quelli che provano a sovrapporre dialoghi alle sequenze in cui si gioca, per provare a legarli. Unpacking, invece, lo fa benissimo e senza pleonasmi, senza verbosità: lo fa con le sue meccaniche e il suo level design. È solo una delle tante opzioni possibili per il racconto videoludico, ma è una che sposa pienamente la natura dell'opera di videogioco e che è interessante vedere premiata.
Un dato interessante è che anche nei videogiochi dal forte stile cinematografico molti dei momenti migliori sono quelli che si vivono quando la cosa diventa interattiva: pensate a quel corridoio in Metal Gear Solid 4: Guns of the Patriots, il gioco più cinematografico che mi venga in mente.
Ma pensate, per rimanere in tema di Hideo Kojima, che con il cinema va da sempre a braccetto, a quanto fortemente i messaggi di Death Stranding passino mentre vi private delle vostre risorse per aiutare uno sconosciuto, o mentre è il gameplay a chiamarvi a elaborare un lutto improvviso accaduto al protagonista.
I videogiochi possono raccontare benissimo con le sequenze filmate, ma danno tanto di più quando veicolano i loro messaggi attraverso l'interazione. The Last of Us - Parte II non avrebbe colpito allo stesso modo se delle sue specifiche parti fossero state semplicemente passive.
Anche e soprattutto alcune opere lontane dalla scena AAA, dove è più difficile e rarefatto sperimentare a tal proposito, hanno già dato prova negli anni della forza narrativa del gameplay: pensate al vostro viaggio in Journey.
Pensate ad alcune geniali sequenze in What Remains of Edith Finch. Pensate al recente Before Your Eyes (premiato come Miglior gioco al di là del videogioco proprio ai BAFTA), di cui vi parlammo qualche tempo fa dopo una chiacchierata con gli autori e che vi spinge a tenere gli occhi aperti, tracciando le vostre palpebre, per non farvi sfuggire i ricordi.
E pensiamo a Unpacking. Al suo peluche rosa sopra il letto – che ora è singolo, ora è matrimoniale. Un gioco che racconta aspettative, illusioni, disillusioni e il semplice andare avanti, consapevole che anche la vita comune è un grande viaggio dell'eroe e a volte non serve salvare il mondo, giusto prendersi cura di se stessi, per avere qualcosa di bello da raccontare.
Il privilegio dell'interazione
I videogiochi che optano per una contaminazione cinematografica hanno raggiunto risultati straordinari e continueranno a farlo, ma è solo una via per raccontare con i videogiochi, non la via.
Unpacking (votato anche come GOTY del pubblico al BAFTA) ne incarna un'altra, è un racconto possibile solo come videogame, ed è intrigante che a premiare questo approccio, che si allontana dal design a compartimenti stagni di narrativa e interazione, sia stata proprio la British Academy of Film and Television Arts – che storicamente ha lavorato proprio con cinema e TV, aprendosi poi via via al mondo dei videogiochi.
Suona quasi come a dire: puoi raccontare qualcosa di bello senza dover per forza inseguire gli schemi di storytelling imboccati da altri medium. Il videogioco può provare a fare il cinema e a vestirsi da cinema, ma è importante che si ricordi che, per l'unicità data dall'interazione, nessun altro mezzo di comunicazione può invece vestirsi da videogioco.