Dopo mesi di rumor è arrivato l’annuncio di The Last of Us Remake, che ora conosciamo come The Last of Us Part I. Anzi, prima è arrivato il leak di PlayStation, uno di quelli davvero clamorosi con tanto di trailer, boxart e data di uscita, e poi la conferma durante l’evento di apertura della Summer Game Fest 2022.
Di fronte ad un affranto Geoff Keighley, Neil Druckman ha svelato con altrettanta delusione il trailer di The Last of Us Part I, che in realtà tutti avevano già visto.
Se siete passati tra le nostre pagine ieri probabilmente sapete già tutto. In caso contrario, facciamo un riepilogo.
The Last of Us Part I uscirà su PlayStation 5 il 2 settembre 2022, e poi su PC in un futuro prossimo (la versione è ancora in sviluppo). Non viene definito un remake nel nome definitivo, ma stando al post pubblicato del PlayStation Blog viene descritto praticamente in questa maniera.
«Grazie ai progressi tecnologici e in campo di hardware che ci consentono di superare i limiti della fedeltà visiva e dell’interattività, siamo lieti di annunciare un remake completo di The Last of Us», recita uno stralcio del comunicato.
Per quanto riguarda le novità che possiamo aspettarci dal titolo, Naughty Dog non ha solo rinnovato l’estetica del gioco ma, pur in una misura ancora non completamente chiara, anche il gameplay:
«Abbiamo implementato un gameplay modernizzato, perfezionato i controlli ed espanso le opzioni di accessibilità. […] Effetti, esplorazione e combattimento sono tutti stati potenziati.»
Siamo quindi di fronte ad un remake vero e proprio. Di un videogioco che già è stato rimasterizzato. The Last of Us viaggia quindi ufficialmente su tre generazioni di console, con altrettante versioni pensate ad hoc.
A cosa serve, quindi, The Last of Us Part I?
Il nuovo inizio di un franchise
La risposta breve è: a niente.
O meglio, The Last of Us Part I non serve certo a chi ha già vissuto la saga di Naughty Dog.
La versione rimasterizzata uscita su PlayStation 4 (questa qui su Amazon, per intenderci) è un titolo giocabilissimo oggi, che eredità gli unici difetti relativi all’intelligenza artificiale e alcune storture nel sistema di coperture e della gestione oggetti. Cose che oggi risultano forse un po’ datate, ma che non intaccano in alcun modo il valore di questo videogioco inestimabile.
Abbiamo veramente bisogno di un remake di un videogioco già rimasterizzato? Ovviamente no, ma non siamo noi il target di questa operazione.
È evidente, analizzando con attenzione il corposo comunicato del PlayStation Blog, che c’è tutta l’intenzione di trasformare The Last of Us in un franchise più ampio.
C’è la serie TV di HBO, il multigiocatore standalone, ovviamente i videogiochi e il merchandise. In quest’ottica, avere uniformità in quella che potrebbe diventare una trilogia di prodotti principali è molto importante.
The Last of Us Part I uscirà anche su PC e avere una parte uno, parte due, ed eventualmente parte tre esplicitate in maniera chiara rende molto più efficace l’esposizione mediatica del brand. Questo remake andrà tranquillamente a sostituire le vecchie versioni del gioco in ottica comunicativa, e diventerà di fatto il nuovo punto d’inizio.
Un inizio per nuovi giocatori, per quelli PC, e per tutti quegli utenti che hanno comprato una PlayStation 5 e non hanno nuovi videogiochi in arrivo, e che tra qualche mese potranno finalmente provare il tanto vociferato prodotto di Naughty Dog.
L’uscita di settembre potrebbe peraltro essere molto utile per lanciare anche la serie TV. Sappiamo infatti, sempre dalla Summer Game Fest, che le riprese della serie si sono concluse, ed è probabile che lo show di HBO possa essere pubblicato tra la fine del 2022 e l’inizio del 2023.
Tornando alla nostra domanda sul senso dell’esistenza Part I, c’è anche una risposta lunga.
The Last of Us Part I, II, III, ed altro
The Last of Us Part I è un tassello di un progetto più grande, che punta a rilanciare sul lungo periodo il franchise in un’ottica nuova, per un pubblico altrettanto nuovo.
Potremmo, con un salto di paradigma, definire questo remake più un reboot, in un certo senso: ideologico e comunicativo, atto a ricostruire The Last of Us nel complesso.
Basti notare anche la nuova copertina per capire quanto Naughty Dog abbia intenzione di collegare questo progetto con Part II, in una maniera che va oltre il semplice definirlo una “prima parte”: Ellie campeggia in copertina, mentre Joel è relegato in un angolo.
Chi è la protagonista di Part II? Qual è il ruolo di Joel (e cosa succede) in quella storia?
Part I è quindi un gioco del tutto nuovo, dal punto di vista di Sony e Naughty Dog. Questo lo si nota, purtroppo, anche dalla politica dei prezzi adoperata per questo lancio.
La Standard Edition di The Last of Us Part I viene venduta al prezzo di listino di €80,99, come un qualunque videogioco per PlayStation 5. Un prezzo che non passa inosservato, e sul quale non si può fare una riflessione.
Pur essendo un remake, si tratta comunque della terza riedizione di uno stesso videogioco in meno di dieci anni, visto che The Last of Us uscì il 14 giugno 2013.
La situazione si complica osservando anche l’offerta della Digital Deluxe, venduta a €89,99 di listino. Per dieci euro in più, viene offerto:
- Incremento abilità velocità creazione
- Incremento abilità velocità cura
- Potenziamento incremento velocità ricarica 9mm
- Potenziamento incremento capacità caricatore fucile
- Modificatore di gioco Frecce esplosive
- Filtro ditherpunk
- Modalità Speedrun
- Sei skin per armi: Pistola 9mm oro nero, pistola 9mm filigrana argento, fucile a pompa tattico gomma, fucile a pompa quercia scolpita, arco bianco artico, arco nero carbonio
Sostanzialmente, un elenco di vantaggi e contenuti cosmetici. Esattamente quel tipo di offerte che sono tornate ad apparire nei blockbuster degli ultimi anni, da Assassin’s Creed al Call of Duty di sorta.
Anche da queste soluzioni di business si capisce quanto The Last of Us Part I sia pensato per essere un prodotto centrato nel suo tempo storico, tra pregi e difetti.
Dopo il reveal della Summer Game Fest rimangono le perplessità che vi esponevamo giusto un anno fa e che, con il senno di poi, sono inquietantemente profetiche. Aggravate da un pricing, e relative offerte collaterali, che sembrano quel tipo di produzioni predatorie che difficilmente si affiancano a titoli PlayStation. O almeno titoli PlayStation di questa portata mediatica colossale in termini di bacino d’utenza.
Volendo trovare una quadra, The Last of Us Part I serve a rendere il franchise qualcosa di più grande. Spaziare su più titoli ed esperienze possibili, come il multigiocatore standalone che sarà senz’altro solo il primo di una serie di esperimenti con il mondo post-apocalittico di Naughty Dog.
Anche perché è ovvio che Part I non serva ad aggiungere qualcosa al mondo videoludico, perché ci ha già pensato il titolo originale (e soprattutto il suo sequel) ad entrare in quella manciata di videogiochi in grado di definire un “prima” e un “dopo”.
The Last of Us Part I è una buona idea – perché accessibilità e restauro sono cose buone, che vanno di pari passo – realizzata in maniera sensata dal punto di vista commerciale, ma forse non nella maniera migliore dal punto di vista del rispetto della community, che fino a poco fa erano i “4 The Players”.
Detto questo è difficile immaginare che The Last of Us possa diventare, come dire, un Assassin’s Creed con il vestito buono della domenica: un prodotto commerciale con la divisa dell’opera culturalmente più elevata.
Vedendo come Naughty Dog e PlayStation stanno lavorando con il brand, però, non ci sentiamo di affermare che non potrà mai accadere.