Xenoblade Chronicles e Xenoblade Chronicles X, usciti rispettivamente su Wii e su Wii U, hanno rappresentato due dei punti più alti delle ludoteche delle console ospiti, le quali, peraltro, non vantavano giochi di ruolo di grande spessore nella loro libreria.
Oggi, a pochi giorni dal lancio di Xenoblade Chronicles 2, esclusiva tra le più attese per Nintendo Switch, la storia sembra ripetersi: siamo qui a raccontarvi di un RPG mastodontico, che giunge come acqua nel deserto per gli appassionati del genere tra i possessori della console ibrida della grande N.
Dateci la mano ed avventuratevi con noi in questo splendido viaggio.
Il lungo viaggio verso Elysium
Riprendendo il modus operandi che ha caratterizzato per decenni la saga di Final Fantasy (con una mossa che, con il senno di poi, non sembra poi così casuale…), Xenoblade Chronicles 2 non è un seguito diretto del suo predecessore, non a livello meramente narrativo, quantomeno.
Molti elementi della mitologia e del lore ritornano, così come i Titani e un mondo tremendamente somigliante a come sarebbe la Terra se l’uomo non la stesse lentamente prosciugando, ma l’evolversi delle vicende non richiede mai una conoscenza pregressa di uno dei due titoli pubblicati precedentemente con questo nome.
Ciò detto, le somiglianze a livello di gameplay e la maggiore enfasi sulla narrazione avvicinano questo sequel molto più all’episodio visto su Wii rispetto allo spin off apprezzato (non da tutti, purtroppo) su Wii U: l’arco narrativo, stante una pletora di attività e missioni secondarie, recita sempre il ruolo del protagonista, pesando sulle dinamiche di gioco molto di più di quanto non facesse in Xenoblade Chronicles X e in un altro grande gioco di ruolo pubblicato da poco su Switch, ovvero Skyrim.
Alrest, un pianeta tanto splendido quanto morente, è il palcoscenico di vicende raramente banali, che partono da presupposti familiari agli appassionati del genere ma si evolvono, soprattutto nell’ultimo terzo dell’avventura, in qualcosa di inatteso, di fresco, stanti certi cliché ormai calcificati nel modo giapponese di fare (e raccontare) giochi di ruolo: il giocatore veste i panni di Rex, un orfano che si guadagna da vivere recuperando tesori tra il mare di nuvole e l’enorme oceano sottostante.
Definendo Rex come protagonista si farebbe un torto enorme alle personalità, assai ben tratteggiate, di molti altri personaggi, da Pyra a Nia, passando per l’adorabile Azurda, ed è quindi il concetto di gruppo e di squadra che, come in tante altre occasioni, si prende la scena: il messaggio è che, in compagnia delle persone giuste, anche un semplice recuperatore come Rex, minuto e squattrinato, può diventare l’ago della bilancia in eventi molto più grandi di lui, che coinvolgeranno il destino di un intero pianeta.
Le premesse iniziali si rivelano affascinanti, e riteniamo che soffermandoci su esse, senza svelare nulla di ciò che accade in concomitanza del primo colpo di scena, già dopo un paio d’ore di gioco, sia un modo rispettoso (tanto per i nostri lettori quanto per l’opera in sé) di descrivere il mondo di gioco senza inquinare il piacere della scoperta e dell’inatteso: ad Alrest si vive in groppa a mastodontici Titani, esseri millenari che stanno inevitabilmente per incontrare il loro fato, in fondo a vite lunghissime spese al servizio degli umani sopravvissuti.
Ad Alrest, infatti, non si vive che sulle spalle (letteralmente) di questi esseri semidivini, dopo che il creatore ha cacciato l’umanità da Elysium, in una rivisitazione nemmeno troppo velata del racconto biblico: al di là dello spazio concesso dai corpi dei Titani, non c’è che il nulla, un mare di nuvole che si alza e si abbassa come la marea e che costringe ad utilizzare mezzi volanti per spostarsi da un Titano all’altro.
Senza più superficie su cui vivere, alla morte dei Titani l’umanità si estinguerà, a meno che qualcuno non trovi il modo di riportarla ad Elysium, da cui proviene…
Rex si accontenta di vivere in solitudine, in uno spazio ristretto ma sotto l’amorevole ala del titano che lui chiama “nonnetto”: una baracca ed un fornellino gli bastano per condurre una vita frugale, semplice, priva di preoccupazioni ma anche della scintilla dell’avventura e del calore dell’amicizia.
Un giorno, però, si troverà ad accettare il lavoro della vita, un misterioso incarico che gli frutterà più soldi di quelli che potrebbe mai spendere e, come da tradizione, finirà con l’immergersi in un mare di guai, tanto in senso letterale quanto figurato.
Il tono generale, sin dalle battute iniziali e per tutta la prima parte del lungo viaggio che attende il giocatore, sembra essere meno greve e serioso di quello che caratterizzò l’odissea di Shulk, complici dei siparietti spassosissimi e dei momenti di ilare leggerezza, ma a voler ben guardare molti dei temi trattati sono tutt’altro che soft, da quelli religiosi a quelli ambientalisti, passando per l’accettazione del proprio destino e la capacità di sacrificarsi per gli altri.
Non vincerà alcun Oscar, insomma, ma la sceneggiatura dietro Xenoblade Chronicles 2 regala momenti indimenticabili e, soprattutto, personaggi a cui è tanto facile affezionarsi quanto difficile lasciarli andare una volta raggiunta la fine del viaggio.
Il sistema di gioco è familiare se confrontato con quello dei due Xenoblade precedenti, ma non ha perso nulla in termini di freschezza e maestosità, perché il team di sviluppo, nonostante gli ottimi risultati raggiunti in precedenza, non si è seduto sugli allori e ha lavorato sodo per affinare ed ampliare la formula, privilegiando aspetti come la personalizzazione dell’esperienza di gioco ed una migliore classificazione delle quest.
Come nei predecessori, il giocatore conduce un party da tre personaggi in battaglie che somigliano, ad una prima scorsa, a quelle combattute in decine di MMORPG, tra attacchi automatici e tempi di cooldown delle abilità, ma che, nella realtà dei fatti, dimostrano un grado di profondità e di complessità sconosciuto a molti congeneri.
Innanzitutto, non tutta la fauna di Alrest è ostile, e anzi spesso le bestie più gargantuesche si rivelano essere anche quelle più mansuete; nondimeno, la quantità di bestie capaci di decimare il party in pochi secondi è notevole, e questo richiede di affrontare ogni fase del gioco con attenzione: per bilanciare adeguatamente le fasi di esplorazione, fiore all’occhiello della produzione, Monolith ha disseminato la mappa di punti di interesse da scoprire, che fungono anche da checkpoint, così da non punire eccessivamente i giocatori più curiosi, che, persi nello splendore delle mappe, finiranno inevitabilmente con l’imbattersi in mostri al di fuori della loro portata.
Una volta ingaggiato un nemico, il giocatore dovrà occuparsi di portare Rex a tiro cosicché porti automaticamente un attacco base ad esso, riempiendo una barra che servirà per scatenare potenti mosse basate sul tempismo: come per i sistemi di combattimento degli episodi Wii e Wii U, il focus è tutto sul posizionamento del personaggio rispetto ai nemici e sulla capacità di gestire adeguatamente i tempi di ricarica delle abilità e le sinergie elementali (o la mancanza di esse…).
Attaccare dal fianco e, soprattutto, dal retro assicura, in genere, una maggiore quantità di danno inferto, ma molte mosse speciali richiedono di posizionarsi di fronte al nemico o hanno un AOE (area of effect) che può coinvolgere più nemici contemporaneamente: padroneggiare le abilità sbloccate man mano che la storia prosegue, tramite un saggio utilizzo dei Gladius e del diagramma della abilità, può segnare la differenza tra la vittoria e la sconfitta.
Ed eccoci, dunque, all’ago della bilancia della produzione: i Gladius.
Essi sono spiriti guerrieri risvegliati dai cristalli dai Ductor, ovvero umani con l’innato potere di controllarne la forza: nel corso dell’avventura il giocatore incontrerà più Ductor, tanto tra le file degli alleati quanto tra quelle dei nemici, ed è proprio il sistema escogitato per gestire questi affidabili compagni di battaglia che consente a Xenoblade Chronicles 2 di far segnare un consistente passo avanti rispetto ai due prequel.
Invece di fornire il gioco di un canonico sistema di classi, gli sviluppatori hanno impiegato un approccio assai più flessibile, che lascia nelle mani del giocatore la composizione del party e il modus pugnandi: ogni Ductor può legarsi ad innumerevoli Gladius, rinvenibili durante l’esplorazione, acquistabili nei negozi e ottenibili progredendo nella quest principale.
Ne esistono di rari (e costosi) e di comuni, ed ognuno di essi, oltre ad un aspetto differente, porta in dote statistiche uniche, una tipologia di arma specifica e un elemento associato: dal momento che se ne possono equipaggiare fino a tre contemporaneamente in combattimento (eccezion fatta per Rex), ad ogni combinazione di Gladius si otterranno modifiche alle statistiche di base del personaggio e ai suoi valori di attacco e di difesa, tanto fisici quanto elementali.
La varietà di combinazioni è a tratti addirittura soverchiante: nel mondo di Xenoblade Chronicles 2 esistono nemici deboli alle armi contundenti ma resistenti a quella da taglio, suscettibili al tuono ma immuni all’acqua e così via ed è solo con un utilizzo intelligente del proprio arsenale di Gladius che si uscirà vinciotri dagli scontri più duri.
Accaparrarsi non solo i Gladius migliori ma quelli più utili ad una data situazione è vitale per il proseguimento del gioco, e spesso l’esito di un combattimento apparentemente impossibile viene ribaltato in pochi istanti da un sensato cambio di strategia: ne consegue un sistema di progressione e personalizzazione dei personaggi di una profondità ed intuitività incredibili, che renderà molto piacevoli anche alcune delle quest opzionali meno ispirate.
A questo si aggiunge una sorta di piccola sferografia, con un numero di nodi da sbloccare investendo i punti abilità ottenuti alla fine di ogni combattimento e alla risoluzione di determinate missioni: questi sistemi si integrano perfettamente, funzionando come ingranaggi perfettamente oliati che garantiscono che il motore del titolo giri sempre ad alti regimi.
Potenziare i Gladius ottenuti diviene presto un gioco nel gioco, come anche il minigioco connesso allo sviluppo di Poppi, l’unico Gladius artificiale di tutta Alrest, inseparabile compagno d’avventura del nopon Tora: ognuno degli aspetti di Xenoblade Chronicles 2 necessiterebbe di una guida apposita, atta a spiegarne il funzionamento e le infinite possibilità, ma per amor di brevità (e anche, in parte, per non rovinare la sorpresa a vecchi e nuovi giocatori), saremo costretti a sorvolare sulle minuzie per descrivervi il disegno generale, che, fidatevi, è di rara bellezza.
Se non fosse uscito un giochino chiamato Breath of the Wild, con le sue notti stellate e il suo irresistibile disegno, staremmo parlando del prodotto artisticamente più ispirato della già folta libreria di Nintendo Switch: Xenoblade Chronicles 2 è uno spettacolo da vedere, come d’altronde, in barba ai limiti tecnici delle due console ospiti, lo erano anche i precedenti lavori di Monolith.
Posizionare ognuna delle aree esplorabili sulla schiena di un Titano differente ha consentito agli artisti della software house nipponica di scatenare tutto il loro genio, offrendo una varietà di ambientazioni stupefacente, che comprende aree desertiche, foreste tropicali, cascate mozzafiato e zone montuose, giusto per citarne alcune.
Dal regno di Tantal all’arcipelago di Leftherian, dalle lande di Temperantia alla vegetazione lussureggiante che circonda l’arco di Torigoth, la cifra artistica del prodotto rimane sempre di alto livello, a braccetto con un character design che, pur richiamando opere contemporanee in molti modi (a partire dal prequel), riesce a caratterizzarsi e rendersi a suo modo unico, con una commistione peculiare di tratti tipicamente anime e proporzioni e movenze che si addicono maggiormente agli MMO più belli visti negli ultimi anni.
Certo, a voler fare i pignoli si possono trovare una manciata di texture non proprio dettagliatissime, così come sparuti fenomeni di pop up soprattutto mentre si attraversano le distese più grosse, con nemici che compaiono in maniera poco naturale quasi dal nulla.
D’altronde, qualcosa si doveva pagare in termini di performance, con così tanti modelli a schermo contemporaneamente e una mole poligonale di tutto rispetto per un prodotto che, lo ricordiamo, si destreggia anche in modalità portatile, senza grossi compromessi ma con un consumo abnorme della batteria di Switch.
I filmati di intermezzo, nemmeno a dirlo, ondeggiano tra il molto buono e l’eccellente, contribuendo a costruire pathos e a coinvolgere il giocatore sempre più nelle vicende narrate.
E poi…la colonna sonora. Quanti applausi merita la colonna sonora.
L’unica colpa di Yasunori Mitsuda è di aver lavorato alle musiche di alcuni dei giochi di ruolo giapponesi più belli di tutti i tempi (Chrono Trigger su tutti), perché, altrimenti, nella carriera di qualsiasi altro compositore il lavoro svolto con Xenoblade Chronicles 2 finirebbe immediatamente al top: in bilico tra motivi pop ed altri in cui i tratti orchestrali si fanno più urgenti, con un sottofondo jazz che si nasconde tra le pieghe dell’esplorazione ed esplode in prossimità dei combattimenti.
Oltre alla qualità, ci ha stupito la quantità: non abbiamo tenuto il conto delle tracce presenti, che vanno di pari passo con il gran numero di ambientazioni e di situazioni che il gioco sciorina con grande naturalezza.
Chiosa finale per la longevità: siamo in linea con gli (esorbitanti) valori dei due predecessori, con un’avventura che può richiedere da un minimo di una sessantina di ore ad un massimo di oltre cento, tenuto conto del gran numero di quest opzionali e della possibilità di acquistare le licenze di tutti i negozi, per poter finalmente esclamare, all’ingresso in ogni villaggio, “I own the place”.
Narrativa accattivante
Incarna come pochi il continuo piacere della scoperta
Offerta ludica sconfinata
Artisticamente delizioso
Colonna sonora da mandare in loop
Divora la batteria di Switch
Qualche cliché di troppo tra trama e personaggi
Che qualcuno raduni l’intero team di sviluppo dei Monolith, li rinchiuda in un habitat adatto e assicuri loro sostentamento e le migliori condizioni per lavorare: come un animale in via di estinzione, questo talentuoso gruppo di sviluppatori è rimasto l’unico a credere nei giochi di ruolo giapponesi nella loro forma più spettacolare, con valori produttivi degni di nota e mondi da esplorare di rara bellezza.
Giochi come Xenoblade Chronicles 2 non ne fanno più, ahinoi, e per questo l’incredibile viaggio di Rex e Pyra alla ricerca di Elysium va assaporato fino in fondo, senza fretta, immergendosi completamente nelle lande di Alrest e nelle incredibili atmosfere di gioco.
Una degna conclusione per l’incredibile 2017 di Nintendo Switch: dopo Breath of the Wild e Super Mario Odyssey, Xenoblade Chronicles 2 rappresenta un’altra esclusiva di grande peso, nonché un altro ottimo motivo per acquistare la console ibrida della grande N per coloro i quali non l’avessero ancora fatto.