Quando ero più giovane il wrestling occupava almeno un’oretta buona di ogni mia giornata. C’era qualcosa di davvero appassionante in questo minestrone di atleti incredibilmente allenati, combattimenti coreografici e vicende capaci di rivaleggiare con quelle delle soap opera sudamericane per colpi di scena inaspettati ed eventi al limite dell’incredulità. Una strana magia che pervadeva ogni scontro e veniva costantemente rinforzata da personaggi sempre più roboanti e carismatici, accettabili anche nel loro voler essere a volte stereotipi assurdi o macchiette. Da molti anni, però, non lo seguo più. Mi sono fermato di punto in bianco, forse bloccato dall’assenza patologica di protagonisti all’altezza delle leggende del passato, o dal semplice fatto che la federazione attuale pare un’ombra di ciò che era un tempo. Certo, gli atleti sono sempre incredibili, lo spettacolo ancora esaltante, e ogni tanto saltano fuori eventi che riescono a infiammare le masse di fan della WWE, ma lo spirito del tutto mi sembra sempre più spento, un fuocherello che non ha il coraggio di ravvivarsi come dovrebbe.
Forse è solo il mio solito pessimismo, fatto sta che, almeno dal punto di vista videoludico, un po’ mi ero riavvicinato a questo mondo, spinto anche da buone prove degli Yuke’s e dalla promessa di un nuovo, rivoluzionario titolo della serie WWE 2K con il supporto di Visual Concepts e una grafica nuova di zecca. Mi aspettavo sviluppi completamente opposti a quelli dello show nel più recente gioco ad esso dedicato, un’evoluzione sensibile, attesa e importantissima per il marchio intero, che portasse anche nuovi appassionati al wrestling tutto.
Ecco, dopo aver spolpato WWE 2K15 si dà il caso che l’amore per il ring imbottito non mi sia tornato. Anzi.
No comeback this time
Tocchiamo subito il tema più delicato di questo WWE, e no, contrariamente a quanto possiate pensare non si tratta del comparto tecnico, bensì del sistema di combattimento. Il gameplay dei titoli dedicati al wrestling hanno sempre spaziato tra arcade puro e vicinanza alla disciplina reale, e i WWE in particolare erano sempre riusciti a mantenere un discreto equilibrio tra queste due anime, offrendo un sistema sensato e divertente, ma parzialmente rovinato da alcuni marcati difetti. WWE 2K15 poteva e doveva essere la svolta, la powerbomb che fa esplodere il palazzetto, e invece assomiglia più a un poveraccio che scivola su una pozza di sudore durante una carica a testa bassa. I cambiamenti ci son stati, non lo neghiamo, ma rappresentano in certi casi addirittura un passo indietro. Cominciamo dal più evidente: il cambio di ritmo. La velocità del gioco è sensibilmente diminuita se la si paragona ai predecessori, e ora i combattenti si spostano con calma invidiabile sul ring, al punto da apparire lenti persino durante la corsa. Una barra della stamina permanente che si abbassa ad ogni colpo porta inoltre gli atleti a muoversi gradualmente sempre più piano, fino a divenire quasi degli stanchissimi blocchi di cemento che si reggono a malapena in piedi durante un match andato avanti troppo per le lunghe. L’idea avvicina di molto il gioco alla realtà, ove alcuni dei combattimenti più tirati si riducono a uno scambio estenuante di colpi chiuso dal primo combattente che riesce a piazzare la sua mossa caratteristica, ma nel farlo sacrifica un elemento indispensabile per i giochi di questo tipo, il divertimento.
La spinta verso la simulazione non è un’idea sciocca sulla carta, eppure il wrestling è, per sua natura, intrattenimento e ha pertanto sempre garantito agli sviluppatori una certa libertà nella gestione delle velocità di recupero e dei colpi. In mancanza delle sorprese garantite dalle storyline della WWE in tv, mantenere un ritmo simile nei combattimenti spezza la gioia dell’esperienza e porta ogni battaglia ad essere un patema se non si domina immediatamente il match.
Il rallentamento non è poi nemmeno la caratteristica peggiore del sistema, perché il più grave difetto notato in passato era la gestione delle contromosse nella serie, e non solo è rimasto in questo nuovo capitolo ma è addirittura leggermente peggiorato. Abbiamo criticato il counter in molte delle review dei precedenti WWE, perché la sua finestra di risposta era basata su un numero eccessivo di fattori e spesso fin troppo casuale, eppure è sempre lì, intoccato, con ogni battaglia che ruota ancora attorno ad esso. Colpi e prese sono tutti counterabili, ma con tempistiche diverse e poco chiare che mutano anche in base alle statistiche dei lottatori e pur con molte ore di pratica in saccoccia danno sempre l’impressione di non esser realmente precise. Qui la cosa è ulteriormente accentuata dalla lentezza dei colpi, che facilita le contromosse su pugni, calci e manate, ma confonde ancor di più le idee per quanto riguarda le proiezioni. L’unica introduzione a smuovere un po’ il tutto è un nuovo sistema di prese a catena, che viene usato una manciata di volte nei match e trasforma certi scambi in una sorta di minigioco alla carta-sasso-forbice, ove si richiede al giocatore di trovare un punto caldo con la levetta analogica alla fine di ogni passaggio. L’idea è carina, ma da sola non aggiunge molto, perde di freschezza già dopo una decina di incontri, e non è nemmeno applicabile a certi lottatori (come Big Show, che non lotta usando questo genere di tecniche). Nel caso vi infastidisse, ad ogni modo, è eliminabile dalle opzioni.
Insomma, in generale il ritmo dei combattimenti ci è parso sballato, irregolare, e poco fluido. Un vero peccato, perché gli impatti sono migliorati, molte nuove animazioni nel mix rendono certe mosse molto soddisfacenti, e la gestione delle barre della stamina avrebbe potuto brillare non poco con qualche accorgimento. Si spera in un altro cambio di direzione con il prossimo capitolo, perché al momento gli sviluppatori si sono infilati in un tunnel piuttosto buio, che non finisce in un vicolo cieco solo grazie al gran numero di mosse e al fatto che i match con giocatori umani risultano comunque spesso piacevoli.
Money in the bank, time in the sink
Nonostante le critiche doverose ai cambiamenti legati al gameplay, WWE 2K15 potrebbe ancora conquistarvi se da tempo desiderate un gioco più simulativo. L’elemento che però ha tutte le carte in regola per infastidire seriamente anche il più accanito dei fan sono i contenuti, che hanno subito un taglio non indifferente in questa edizione. Ricordate le rivalità storiche viste nei capitoli precedenti? Bene, qui ne troverete due, quella tra Cena e CM Punk del 2011 e quella tra Shawn Michaels e Triple H dell’era DX. La struttura è simile all’ottimo Attitude Era Mode, con obiettivi da completare e video originali, ma resta poca roba e mantiene alcuni match i cui obiettivi sono più fastidiosi che divertenti da completare. A questo 2K Showcase si aggiungono quasi tutti i tipi di match classici, tra cui Hell in a Cell, Money in the Bank, Ladder e Table Match, orfani però di vari gimmick match quali il Guest Referee e l’Inferno Match, senza contare l’assenza ingiustificata di alcune di queste modalità dagli incontri con quattro atleti.
Persino l’editor è stato colpito dalla mannaia, e quest’anno è stranamente scarno. La personalizzazione di volto e corpo è piuttosto completa, ma gli oggetti scarseggiano e le opzioni “particolari” pure. Scordatevi peraltro la possibilità di creare arene, cinture, mosse finali, o semplicemente wrestler donna. Piccola parentesi tecnica: dopo gran parte delle modifiche vi ritroverete a dover aspettare lunghi secondi di caricamento, completamente ingiustificati e così irritanti a tratti da portare a usare alcune opzioni di default per evitare l’attesa. Il parco mosse, perlomeno, è ancora notevole.
Il WWE Universe invece torna in forma leggermente potenziata, per soddisfare coloro che desiderano smuovere in toto la loro federazione preferita e dar vita a qualche rivalità memorabile. La modalità ha ancora delle mancanze, ma vista la moria di story mode è una graditissima presenza, così come gradito è l’arrivo della vera giganovità di WWE 2K15, ovvero il MyCareer mode.
Persino qui dobbiamo tuttavia tarparvi le ali. Non siamo davanti a nulla di lontanamente paragonabile all’equivalente in NBA 2K. Si parla di una carriera piuttosto semplice e lineare, che vi fa partire dalla NXT ma vi porta a fare il salto di qualità a Smackdown e poi Raw fin troppo rapidamente, presenta pochissime rivalità ed eventi degni di questo nome, avanza la storia del vostro protagonista principalmente con messaggi statici, e non vi permette nemmeno di difendere il titolo una volta divenuti campioni, infarcendo la vostra storia di match inutili per potenziarsi, visto che a metà carriera il proprio lottatore sarà già fin troppo poderoso. Si spera che verrà evoluta e resa più imprevedibile in futuro, perché è un’aggiunta dalle grandi potenzialità.
Comunque se state piangendo per l’assenza di contenuti non disperate, saranno i DLC a salvarvi. E se non notate il tono sarcastico della frase appena vista è solo perché non potete sentire il nostro tono di voce mentre la leggiamo. C’è un bel programmone di aggiunte allo Showcase mode previsto per il futuro, una cosa che non ci infastidirebbe se il titolo fosse pieno zeppo di roba… solo che non lo è, e questo genere di struttura inizia a irritarci seriamente (in generale eh, 2K è ben lontana da essere la peggiore in certe operazioni).
Figure four leg… oddio cosa sta succedendo alla tua gamba?!?
Chiudiamo in bellezza parlando di online, comparto tecnico e fedeltà. L’online del gioco non ci è sembrato particolarmente eccezionale, ma al di fuori di qualche problemuccio di lag sembra per lo più gradevole (la gestione a fondo schermo del matchmaking nelle partite classificate ci lascia qualche dubbio).
Tecnicamente invece il gioco ha fatto enormi passi avanti rispetto all’arretratissimo motore grafico dei predecessori, nonostante anche in questo campo ci siano preoccupanti sintomi di un lavoro affrettato. Esempio più lampante? I volti dei lottatori. Nel caso di quelli scansionati abbiamo un realismo impressionante, ma già CM Punk, modellato da zero, non è all’altezza di Cena e Orton, mentre in certi casi, specialmente per le Divas, abbiamo risultati abbastanza lontani dalla realtà che non mancano di avere espressioni inquietanti durante certe cutscene. Le animazioni peraltro sono migliorate, ma sembrano mescolare alcune mosse rifatte in toto dalla velocità innaturale a vecchi movimenti legnosissimi, per un effetto piuttosto strano che si nota in particolare quando la fisica dimostra di non essere perfetta e i lottatori o gli oggetti si incastrano da qualche parte disintegrando ogni legge naturale. Non particolarmente gravi i bug, anche se abbiamo notato vibrazioni sovrumane degli arti durante certe submission, e qualche altro episodio esilarante.
Per quanto riguarda la fedeltà, ci siamo avvalsi dell’esperienza del buon Jinchamp, che a tutt’oggi segue il wrestling costantemente. Il suo giudizio non è stato positivissimo, anche perché vedere una leggenda come Hulk Hogan fuori catalogo, un mito come Eddie Guerrero sparito nel nulla (e c’è la moglie! Cose senza senso), e una diva importante come Paige disponibile solo come DLC, non è proprio una meraviglia. Il roster in generale poi è scarsino, con pochi lottatori leggendari, una manciata di wrestler NXT, e altri DLC che meritavano di essere introdotti da subito come Edge o André the Giant.
Altri errori sono difficili da notare, ad esempio l’entrata di Ziggler sballata, la presenza dei The Shield sciolti non troppo tempo fa, o Steve Austin che alza i pugni al cielo invece di fare il suo sacrosanto dito medio. Si poteva insomma fare un po’ di meglio anche qui, ma almeno c’è la possibilità di modificare l’abbigliamento delle superstar stavolta, quindi potreste copiarle e aggiornarle con le vostre mani.
Buono infine il sonoro, con una soundtrack decente, anche se con pochi pezzi, e una discreta telecronaca in inglese, a tratti superiore a quella dello show televisivo.
– Finalmente dei miglioramenti tecnici evidenti
– La My Career ha grande potenziale
– L’avvicinamento al wrestling reale potrebbe essere apprezzato da alcuni fan
– Il gameplay è rallentato eccessivamente, e gira sempre attorno ai soliti pessimi counter
– Una mannaia su modalità e roster, che ha colpito persino la creazione del lottatore
– Tecnicamente l’avanzamento è stato meno netto del previsto
C’erano aspettative enormi sul primo WWE “next gen” di 2K, dovute alle eccellenti prove in campo sportivo della casa, ma stavolta non sono state rispettate. WWE 2K15 è un passo avanti a livello tecnico, che però casca malamente quando si vanno ad analizzare i cambiamenti al gameplay e i contenuti. Si sapeva che sarebbe stato un capitolo di transizione, eppure le sue mancanze sono troppe e lo rendono inferiore persino ad alcuni dei suoi più recenti predecessori in molti campi. Un vero peccato, perché qualche base su cui si potrebbe costruire per far avanzare di netto la serie c’è, e il titolo resta comunque divertente per un fan sfegatato del wrestling. Non resta che aspettare ciò che verrà dopo, e sperare che saprà stupire i fan come hanno fatto certi sviluppi recenti della WWE reale.