Tomb Raider e la recensione del ritorno di Lara Croft
Advertisement
a cura di Parzival
Tomb Raider torna sul grande schermo e lo fa con una pellicola che riserva ben più sorprese di quante probabilmente non se ne aspetti un videogiocatore che conosce la saga. Come accaduto nel 2013 per il videogioco infatti, si è scelto di far ripartire dalle origini anche questo film che non ha nessun tipo di legame (se non un paio di citazioni stilistiche) con Lara Croft: Tomb Raider e Tomb Raider: La Culla della Vita che hanno visto Angelina Jolie vestire i panni di una Lara fortemente ispirata al personaggio originale dei giochi usciti ai tempi della prima PlayStation.
La figura di Lara Croft è mutata moltissimo nel corso dei decenni, e darne una trasposizione che funzioni bene sul grande schermo non era e non è un’impresa semplice. Questo perché nasceva come un personaggio che aveva il compitor di vestire al femminile archetipi tipicamente maschili come quello dell’archeologo avventuriero alla Indiana Jones. Negli anni ’90 Lara Croft è diventata una vera e propria icona pop che, sebbene il primo gioco fosse arrivato originariamente su Sega Saturn, si è legata fortemente nell’immaginario collettivo al brand PlayStation, contribuendo ad alimentare quel fenomeno di sdoganamento del videogioco che stava diventando qualcosa di più di un giocattolo elettronico riservato solo ai giovanissimi. La potenza del personaggio passava, più che da una qualsivoglia caratterizzazione articolata, dalla sua estetica prorompente e provocante, dai decoltè in bella vista e i pantaloncini davvero, davvero corti. Le pellicole con la Jolie cavalcavano in modo comprensibilmente esagerato e volutamente tamarro questa immagine di Lara, dandole però anche una dimensione umana. E forse senza quei film Crystal Dynamics non sarebbe arrivata a ripensare il personaggio nella sua veste videoludica, consacrata dal reboot del 2013 e dal suo sequel, Rise of the Tomb Raider.
Il processo di umanizzazione di Lara Croft la porta dunque ad avere il volto e le fattezze della bellissima attrice svedese Alicia Vikander, premio Oscar per The Danish Girl, in una trasposizione della trama del reboot videoludico che presenta però alcune importanti differenze, prima fra tutte l’aver lasciato la vicenda su un piano verosimile cui il misticismo e il soprannaturale presenti nel videogioco fanno da contorno senza mai risultare invadenti o grotteschi. Lara ha 21 anni ed è la figlia dell’eccentrico avventuriero Richard Croft, scomparso quando lei era ancora in tenera età. Sin dalla prima scena la troviamo in preda a un turbine emozionale, un misto di rabbia e sfida per scoprire quale sia il proprio scopo, che si concretizza in allenamenti di arti marziali miste e corse in mountain bike per le caotiche strade di East London, dove lavora come corriere riuscendo a malapena a guadagnare i soldi per l’affitto. Pur essendo l’unica ereditiera delle fortune di famiglia infatti, Lara si rifiuta di assumere il comando dell’impero del padre in quanto ciò significherebbe ammettere la sua morte. Le vicende partono quando grazie a un enigma lasciatole dal padre all’interno di un puzzle, Lara scopre che dopo la morte di sua madre, Richard è diventato ossessionato dall’occulto e dal paranormale e le sue ricerche lo hanno portato sulle tracce della principessa Himiko, latrice di morte e rinascita, che secondo le antiche leggende era stata sepolta viva in una tomba nascosta sull’isola di Yamatai, al largo delle coste del Giappone, con lo scopo di confinare il suo tremendo potere.
Richard Croft era scomparso proprio dopo essere partito in una spedizione alla ricerca dell’isola, sette anni prima. Schierandosi esplicitamente contro l’ultimo desiderio del padre che le chiedeva di distruggere tutte le sue ricerche su Himiko per evitare che cadessero in mano all’organizzazione criminale nota col nome di Trinità, Lara decide di partire per un viaggio che la porterà a spingersi oltre i propri limiti. A differenza del videogioco, in cui Lara si imbarca già con un nutrito gruppo di comprimari, qui ad accompagnarla dalle coste di Hong Kong ci sarà solo il giovane Lu Ren, figlio dell’omonimo compagno di viaggio del padre di Lara, scomparso anch’egli sette anni prima. La relazione padre/figlio è centrale nella storia soprattutto per la crescita di Lara, come ha sottolineato anche il regista Roar Uthaug. Lui l’ha abbandonata, ma lei non riesce a fare a meno di lui. Questo ha creato un vuoto in Lara che sta tentando di riempire, e l’enigma finale si rivela la chiave che dà inizio alle sue risposte su quanto veramente accaduto al padre, così da imbarcarsi in un’emozionante ricerca.
Al netto di una prima parte leggermente lenta, che si giustifica nell’ottica di introdurre il personaggio di Lara e il suo background, il film mantiene un ottimo ritmo fino ai titoli di coda e riesce a far empatizzare lo spettatore per l’evoluzione di Lara, che appare dapprima spavalda e anche un po’ spaccona, poi fragile e in balia degli eventi che la porteranno a prendere coscienza delle proprie capacità e rinascere come l’esploratrice forte e brillante che conosciamo. Le scene d’azione funzionano così come il tentativo di rendere il percorso nella tomba con un climax che ricorda i diversi enigmi ambientali del videogioco e a un certo punto verrebbe quasi voglia di prendere in mano il controller per provare a risolvere la situazione apparentemente senza via d’uscita. Anche gli effetti speciali e il montaggio funzionano decisamente bene, così come i costumi e l’estetica estremamente fedeli al prodotto videoludico. Vien da se che se si giudica il film in quanto tale risulta un gradevole film d’azione, ma non possiamo esimerci dal giudicarlo anche in relazione alla sua natura di trasposizione cinematografica di un videogioco, segmento pieno di pessimi tentativi e potenziale sprecato, dove invece finalmente si può dire che sarebbe stato difficile fare di meglio, vista anche la controversa natura del personaggio di cui parlavamo sopra.
– Alicia Vikander è un’ottima Lara Croft
– Adattamento della storia del reboot videoludico ben realizzato e con le dovute variazioni
– Partenza un po’ lenta
8.0
Tomb Raider è dunque un ottimo film d’azione che potrà piacere anche a quei pochi che non hanno mai sentito parlare del videogioco, introducendoli all’attuale caratterizzazione del personaggio di Lara Croft, ma anche il miglior adattamento finora realizzato su pellicola di un videogioco.
Vi invitiamo a vedere la cover story di Tomb Raider, solo su Spaziogames!
Voto Recensione di Tomb Raider e la recensione del ritorno di Lara Croft - Recensione
Advertisement